domenica 28 marzo 2010

L'ultima scena capitolo 4 (vm 18)



Capitolo 4


Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione di Squadra speciale Lipsia
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.

La luce filtrò dalle finestre colpendo il viso di Marco. Riaprì gli occhi stiracchiandosi, e fu allora che ricordò di avere qualcuno accanto. Sorrise, non aveva sognato nulla. Strisciò verso Gabriel, era steso sulla pancia con le braccia sotto il cuscino. Scostò il lenzuolo e lo baciò dietro la nuca.
Lui si mosse leggermente, senza svegliarsi, poi scese lungo la schiena posando una scia di piccoli baci.
Lo udì mugugnare. Era un invito a continuare.
Lo accarezzò con la punta della lingua strappandogli un lamento. Adorava il sapore della sua pelle, non si sarebbe mai stancato di gustarlo.
“Marco” gemette Gabriel, la testa era ancora affondata nel cuscino “non ti fermare”
“Ti ho svegliato?” gli domandò senza smettere la sua dolce tortura.
“Secondo te potrei mai dormire con questo trattamento?” si voltò a guardarlo.
Gli occhi neri incontrarono i suoi “A cosa devo tutto questo?” sorrise.
“Deve esserci per forza una ragione?” risalì con le labbra fino al collo “Eri così invitante, non ho resistito”
Mordicchiò il lobo “Questa notte è stata stupenda, Gabri”
“Non ne ricordo una migliore” Gabriel si girò, i loro visi si sfiorarono “Vorrei fosse ancora buio”
“Perché?”
“Per non dovermi alzare da questo letto” circondò la vita con un braccio “non mi va di andare sul set”
“Cazzo!” imprecò Marco “Che ore saranno?”
“Non preoccuparti, è presto” controllò la sveglia, erano solo le otto “Restiamo ancora qui, abbracciati. Lasciamo il mondo fuori”
“Mi ricordi sempre più Miguel Alvarez, Gabri” lo rimproverò.
“Mi pare il minimo, l’ho interpretato per cinque anni” replicò l’altro “ormai me lo sento addosso come una seconda pelle”
“Scansafatiche come lui” ridacchiò il biondo.
“Come osi?” lo spinse contro il materasso. Gli sedette in grembo “Ritira subito quello che hai detto!”
“No, è vero!”
“Brutto…” gli si pressò contro.
“Che vuoi fare, ora?” lo guardò con lussuria.
“Sei un insolente” Gabriel si sporse verso di lui baciandolo con ardore “dovrò punirti”
“Sì” ridacchiò “e come?”
“Vedrai, tesoro” gli bloccò le braccia dietro la testa. Lo baciò ancora catturandogli il labbro carnoso con i denti “ti farò impazzire”
“Gabri” ansimò inarcando la schiena.
“Lasciati andare, amore” scivolò tra le gambe allargandole con le sue “voglio scoparti, ancora e ancora”
“Anche io, ma…”
“Nessun ma” replicò “questi momenti sono preziosi e non voglio sprecarli”
Tornò a baciarlo, ma proprio in quel momento un cellulare squillò da qualche parte nella stanza.
“Dannazione” imprecò Gabriel “chi cazzo è che rompe a quest’ora?”
“Deve essere il mio” Marco allungò una mano per prendere il telefonino dalla tasca dei pantaloni.
“Potevi anche spegnerlo”
“Pronto?” rispose, poi impallidì “Ciao, tesoro”
Gabriel represse un moto di stizza, era sua moglie.
“Sì, mi sei mancata anche tu”
“Stronzo” sibilò il moro a bassa voce, poi ghignò.
Gli avrebbe giocato un bello scherzetto. Lasciò scivolare la mano tra le gambe accarezzando l’interno coscia.
Marco fremette fissandolo sconvolto. Che stava combinando? Gabriel continuò a salire. Sfiorò lo fessura tra le natiche, mettendo a dura prova la pazienza del suo amante.
Era deciso a farlo impazzire di piacere. Disegnò dei cerchi evitando di proposito l’apertura. Nei suoi occhi lesse desiderio e sorrise. Spinse l’anulare all’interno.
Marco gemette, chiudendo gli occhi.
Gabriel mosse il dito dentro e fuori, senza sosta.
“Io? Mi sto preparando per andare sul set”
Gabriel ridacchiò nel sentirgli accampare le scuse più assurde. Continuò la sua tortura, Marco era così invitante in quella posizione, con le gambe aperte e la fessura tra le natiche ad un soffio dal suo viso. Estrasse il dito. Gli alzò leggermente le gambe, avvicinando le labbra. Lo sfiorò con la lingua. Marco inarcò la schiena, poi lo fissò con gli occhi sgranati. Stava davvero superando il segno, quell’insolente.
Leccò, prima lentamente, poi sempre più veloce. Voleva farlo venire con la bocca. Si spinse all’interno, lo sentì irrigidirsi. Sorrise.
Intanto Marco aveva ancora il cellulare appoggiato all’orecchio. Le gote erano arrossate e le palpebre socchiuse per il piacere “Mi ha ospitato Gabriel per la notte, tesoro. Te lo saluto, certo. Sì, glielo dirò”
Gabriel alzò la testa sentendo pronunciare il suo nome, poi ricominciò a premere dentro e fuori la lingua. La mano circondò il membro ormai in erezione. Cominciò a masturbarlo con impegno.
Marco si morse il labbro inferiore “Amore, ora ti lascio. A stasera, ciao” la salutò prima di chiudere la comunicazione.
“Brutto…” sibilò lanciando il cellulare sul letto “Era Katja, sei forse impazzito?”
Gabriel rise “Vuoi dire che non ti piace?”
“Non è questo il punto”
“E qual è il punto?” domandò senza smettere di toccarlo.
“Che stavi per farci scoprire” la voce gli venne meno per un istante “Cazzo, Gabri, non smettere”
Lo accarezzò sempre più velocemente fino a quando non spillò il seme sul suo torace.
Ansimò “Sei un cialtrone”
Gabriel risalì lungo il suo corpo e lo baciò “Nemmeno un grazie?”
“Grazie” non riusciva ad essere arrabbiato con lui.
“Prego” ridacchiò “Cosa voleva la mogliettina?”
“Salutarmi” rispose cercando di riprendersi dall’orgasmo.
“E ha interrotto la nostra…” s’interruppe per un istante “ginnastica solo per salutarti?”
“Sì”
“Sarà, ma secondo me, voleva controllare se avevi l’amante”
“Stupido” gli sferrò un piccolo scappellotto dietro la nuca.
“Ahi, da quando sei così manesco?”
“Gabri, si sta facendo tardi, dobbiamo alzarci” Marco era sempre ligio al dovere.
“Voglio restare qui, con te. Non sono pronto a lasciarti andare via e a tornare alla realtà” gli circondò la vita con un braccio.
Marco sospirò e si lasciò andare “Che bella sensazione. Peccato ci siano solo due giorni per girare insieme prima che te ne vada” mormorò tristemente.
Gabriel non replicò e l’altro proseguì “Presto sarà tutto finito”.
Queste parole provocarono una reazione violenta nell’altro “Che vuoi dire?”
“Che tra pochi giorni tu lascerai Soko e…”
“E cosa?” gli occhi erano sgranati.
“Perché reagisci così?” non comprendeva il motivo per cui si stesse scaldando tanto.
“Come dovrei reagire? Stai dicendo che quando termineranno le riprese tra noi sarà tutto finito”
“Cosa? Stai forse scherzando? Io mi riferivo al lavoro. Davvero pensi di liberarti di me solo perché non gireremo più insieme?”
“Sei un pessimo bugiardo, Marco. Ho capito benissimo come stanno le cose” Gabriel fece per sgusciare via, ma lo fermò.
“Non hai capito niente, invece” voleva spiegargli che c’era stato un malinteso, ma lui non sembrava propenso ad ascoltarlo.
“Vado a fare una doccia” scattò giù dal letto, ma Marco gli bloccò un braccio “No! Dobbiamo parlare!”
“E di cosa?” lo strattonò liberandosi.
“Di noi, di questo” rispose triste “perché reagisci così?”
“E come dovrei reagire? Sorridere, mentre tu ritorni alla tua vita come se niente fosse accaduto?” era arrabbiato, ma allo stesso tempo, deluso.
“Non fare così” lo raggiunse “Hai frainteso, zuccone”
“Non credo proprio. La tua vita andrà avanti anche senza di me e la telefonata con Katja ne è la prova”
“Gabri, io…” non seppe come continuare. Provò una fitta in pieno petto.
Gabriel lo fissò con rabbia, poi lo spinse sul letto con forza.
“Cosa cavolo fai? Sei forse impazzito?” gli occhi azzurri erano sgranati.
In un attimo Gabriel fu su di lui attaccandogli la labbra. Lo baciò brutalmente, ficcandogli la lingua fino in gola.
Marco gemette, rispondendo con ardore. Il cuore gli batteva all’impazzata, non l’aveva mai visto così aggressivo.
Con una mano Gabriel gli allargò le gambe “Voglio scoparti” la bocca lambì il mento leccandolo e succhiandolo.
Marco ansimò, mentre Gabriel affondava il viso nel suo collo mordicchiandolo “Ti voglio da morire”
“Anche io” le braccia si strinsero intorno alle spalle.
Le labbra si incontrarono di nuovo dando il via ad un bacio appassionato. Gabriel lo penetrò con violenza.
Marco si lasciò sfuggire un grido, subito l’amante gli tappò la bocca con la sua.
Si mosse con decisione fino a fargli toccare il paradiso, con ogni affondo. Marco gli afferrò le natiche con entrambe le mani attirandolo maggiormente a sé. Il piacere che provava era immenso, lo sentiva possente dentro di sé. Gabriel era implacabile, il letto cigolò sotto il loro peso.
“Scopami! Più forte!”
L’altro obbedì aumentando la potenza dei colpi. Marco allacciò le gambe alla vita di Gabriel per agevolare la penetrazione. In estasi, ripeté il suo nome senza sosta. Gocce di sudore imperlavano i corpi dei due amanti e le labbra erano socchiuse.
Marco, all’ennesimo affondo, inarcò la schiena. Raggiunse l’orgasmo con un grido soffocato, Gabriel lo seguì subito dopo. Si accasciò senza forze sul suo petto. Il cuore batteva come impazzito. Era stato stupendo e si era un pò pentito di averlo preso con la forza, ma l’esperienza si era rivelata piacevole per entrambi.
Gabriel alzò la testa guardandolo con amore, ma anche con rimorso, forse la rabbia aveva preso il sopravvento “Scusa”
Marco gli sfiorò le labbra disegnandone i contorni “Dovevi essere per forza così violento?”
“Non so cosa mi sia preso”si giustificò “ma ti è piaciuto, non è vero?” lo provocò mordicchiando il dito
“Mi piace tutto quello che mi fai, Gabri” negli occhi una strana luce.
A quelle parole lui lo baciò spingendo la lingua all’interno. Il cervello smise di formulare pensieri coerenti e Marco si lasciò andare a quel bacio così coinvolgente.
Si staccarono per mancanza d’aria, Gabriel divenne improvvisamente serio “Sono un idiota per aver reagito in quel modo prima.”
“Tu sai quanto tengo a te” accarezzò una guancia “l’ultima cosa che voglio è troncare i nostri rapporti”
“Sei sposato” la sua voce fu quasi un sussurro “e io…quasi”
Marco abbassò la testa e il senso di colpa crollò su di lui come un macigno “Hai ragione. Mi sento un verme nei confronti di Katja, ma…” tornò a guardarlo “quello che provo quando sono con te è qualcosa che non riesco a controllare”
“Ti faccio impazzire di piacere, vero?” scherzò per sciogliere la tensione che si era creata.
“Stupido” sferrò uno scappellotto dietro la nuca.
“Dai, ammettilo!” insistette “Con me godi senza sosta” si piegò verso il petto. Posò una scia di piccoli baci.
Marco ansimò “Gabriel”
“Lasciami solo il tempo di recuperare e vedrai…” si morse il labbro inferiore.
“Sei insaziabile”
“Con te, sempre” leccò le gocce di sudore, assaporandone il gusto salato “non mi alzerei mai da questo letto”.
“Mi sento così bene tra le tue braccia” lo abbracciò lasciando scivolare le dita lungo la schiena nuda “non vorrei tornare alla realtà”.
“Marco? Ricordi la scena della morte di Miguel?”
“Come dimenticarla” rabbrividì “è stata la più difficile da girare”
“Le tue lacrime…”
“Erano vere” ammise.
Gabriel lo guardò incredulo, ma non replicò. Marco scosse la testa “Non chiedermi nulla”
Il cellulare squillò di nuovo rompendo quell’atmosfera ovattata e intima.
“Diamine, ma perché non lo spegni questo dannato aggeggio?”
Marco afferrò il telefonino. Rispose “Pronto? Sì, stiamo per arrivare”
“Tipico” mormorò Gabriel, doveva trattarsi della produzione.
“Non abbiamo sentito la sveglia” si giustificò
“Eravamo impegnati a scopare” mimò Gabriel.
“Dieci minuti” dichiarò Marco schiaffeggiandolo leggermente su una natica con la mano libera.
“Venti” lo corresse l’altro.
“Venti” ripeté Marco all’apparecchio, scuotendo la testa.
“Va bene, ciao” e chiuse la comunicazione.
“La prossima volta, spegnilo!” lo rimproverò.
“Dai, dobbiamo alzarci”
Gabriel sbuffò, ma a malincuore uscì dal tepore del letto e del corpo dell’amante e si diresse in bagno. Un attimo dopo la testa fece di nuovo capolino “Forse se facciamo la doccia insieme perderemo meno tempo”
Marco scoppiò a ridere, dopo un istante scattò in piedi e lo raggiunse.

giovedì 25 marzo 2010

Il bisbetico malato

SQUADRA SPECIALE LIPSIA
PAIRING: MIGUEL ALVAREZ-JAN MAYBACH
TIMELINE: SENZA VIA DI SCAMPO 3° STAGIONE
I PERSONAGGI NON MI APPARTENGONO.


Miguel giaceva, ad occhi chiusi, in un letto d’ospedale, un braccio fasciato, mentre nell’altro era inserita una flebo. Jan era seduto su una poltroncina, non lo aveva lasciato fin dal momento in cui lo avevano portato con l’ambulanza dopo aver rischiato di morire dissanguato. Gli avevano sparato in un tunnel abbandonato della metropolitana e poi era rimasto imprigionato insieme ad un complice fino a quando Jan non era riuscito a trovarlo. Se solo ripensava allo stato in cui era: sanguinante e privo di sensi. Aveva davvero pensato fosse morto quando lo aveva visto con gli occhi chiusi. Non poteva neanche concepire una vita senza Miguel, era troppo importante per lui. Non se ne era reso conto fino a quando non aveva rischiato di perderlo per sempre.
Allungò la mano per sfiorare la sua, era fredda. La strinse solleticando le dita, non sopportava di vederlo fermo in quel letto. Lo spagnolo si mosse, Jan sorrise quando gli occhi neri si aprirono e si puntarono su di lui.
“Ehi, mi hai fatto prendere un bello spavento”
“Cosa è successo?” Miguel cercò di tirarsi su, ma sibilò per il dolore.
“Non ti muovere, sei ferito” in un attimo gli fu accanto.
“Mi vuoi dire che ci faccio qui?” si guardò intorno rendendosi conto che si trovava in una stanza d’ospedale.
“Sei svenuto nell’ambulanza”
“Ah, giusto, mi hanno sparato. Come hai fatto a trovarmi?”
“Storia lunga, te la racconterò in un’altra occasione” sedette sul letto, gli sfiorò la fronte sudata e bollente “hai la febbre”
“Non esagerare, sto bene”
“Non è vero. Sei quasi morto dissanguato e ora hai la febbre alta” aggiustò le coperte, poi gli porse un bicchiere d’acqua “hai sete?”
Miguel lo scrutò con attenzione, sembrava davvero preoccupato. non lo aveva mai visto così premuroso e la cosa gli faceva piacere “Quando posso lasciare questo posto? Lo sai che detesto gli ospedali”
“Quando te lo dirà il dottore e non credo sarà molto presto” Jan continuava a toccarlo provocandogli delle vampate di calore lungo tutto il corpo.
“Mi dispiace” sussurrò Miguel.
Jan lo fissò stranito “Ti dispiace?”
“Per non essermi presentato. Ci tenevo a stracciarti a squash” sulle labbra apparve un sorriso furbetto.
“Sono stato un idiota, avrei dovuto capirlo che doveva esserti accaduto qualcosa. Non mi daresti mai buca ad una partita di squash”
“Non vedo l’ora di batterti”
“Sogna, Miguel” rise Jan “l’ultima volta ti ho fatto piangere”
“Cosa? Non inventarti storie”
Improvvisamente Jan divenne serio, gli strinse la mano e se la portò alla guancia “Non sai che paura ho avuto, Miguel”
L’ispanico fremette, Jan continuò “Quando ti ho visto in una pozza di sangue temevo fossi…” si bloccò cercando di trattenere le lacrime.
“Jan”
“Scusami, non so cosa mi sia preso” gli sorrise alzandosi “ora ti lascio riposare”
“No” lo attirò a sé “non andartene”
Jan fu ad un soffio dal suo viso “Non vuoi riposare un po’?”
“Riposerò quando sarò stanco, ho dormito fin troppo”
“Vuoi che resti con te, ancora?” Jan era più che contento di restargli accanto.
“Raccontami qualcosa, lo avete preso il bastardo che mi ha sparato? Ti rendi conto che ha scaricato quel povero ragazzo e lo ha lasciato in quei tunnel a morire?”
“Lo hai salvato, se non era per te forse sarebbe morto o starebbe ancora li” era orgoglioso del suo collega.
Miguel sogghignò “Sono un eroe”
“Ora, non esagerare” gli sferrò un piccolo buffetto sulla gamba,
“Mi ricorda come ero io alla sua età, sbandato e disposto a tutto per campare” si rattristò ricordando quel periodo così difficile del suo passato.
“Riposa”
Fece per allontanarsi, ma Miguel lo richiamò “Jan?”
Il biondo gli fu nuovamente accanto, pronto ad assecondare qualunque sua richiesta.
“Mi porteresti un bel panino, sto morendo di fame”
“Scemo” scosse la testa.
Miguel ridacchiò, addormentandosi subito dopo.
Jan lo guardò dolcemente, poi uscì dalla stanza.

martedì 23 marzo 2010

L'ultima scena capitolo 3 (vm 18)

Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione (più o meno)
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.

Capitolo 3

Marco raggiunse in pochi minuti il palazzo di Gabriel, la sua auto era già lì, ferma accanto al marciapiede e lui era seduto all’interno. Faceva troppo freddo per stare fuori.
Parcheggiò poco distante e scese. Tamburellò contro il vetro con le dita, Gabriel alzò la testa e sorrise riconoscendolo. Aprì la portiera accorciando le distanze che li dividevano, erano alti uguale. I visi potevano quasi sfiorarsi “Ciao”
“Ciao” sussurrò Marco “ho fatto più presto che ho potuto”
“Saliamo” la mano scese a sfiorare la sua, le dita si intrecciarono.
Gli sguardi si incontrarono, il cuore batteva con violenza nel petto. Lo seguì fino al portone. Una volta in ascensore il moro invase lo spazio del collega schiacciandolo contro la parete “Sai, da quanto attendo questo momento, Marco?”
L’altro scosse la testa, sentiva le gambe venirgli meno, il contatto con il suo corpo rischiava di farlo impazzire.
“Dal primo momento ho sentito che c’era qualcosa tra noi, un’attrazione che...” avvicinò il viso al suo “…ho tentato di respingere, ma non c’è stato verso”
Marco gli accarezzò una guancia “Che stupido sono stato a non accorgermene”
“Sì, lo sei stato” ridacchiò prima di posare le labbra sulle sue.
Il biondo socchiuse la bocca lasciando entrare la lingua che incontrò la sua. I loro gemiti erano gli unici suoni che si potevano udire all’interno della cabina. Si staccarono ansimanti, erano arrivati al loro piano. Le porte si aprirono, Marco infilò le dita nei capelli per riordinarli, Gabriel si sistemò la giacca, accorgimenti inutili: il pianerottolo era deserto.
Percorsero, uno accanto all’altro, la distanza che li separava dall’appartamento, le braccia si sfioravano causando scariche elettriche lungo la schiena. Gabriel cacciò le chiavi dalla tasca del giaccone e quando fu davanti la porta, le infilò nella toppa.
“Entra” lo invitò quando ebbe aperto. Accese la luce e Marco varcò la soglia seguito dal suo collega.
“Ti va qualcosa da bere?” gli offrì Gabriel.
“No, grazie” mormorò nervosamente, voleva essere lucido quando avrebbero fatto l’amore “Ti spiace se faccio una telefonata?” si sfilò il cappotto appoggiandolo sul divano
“No, certo. Fai con comodo. Io vado un attimo di là”
Prese il cellulare dalla tasca e chiamò la moglie per avvertirla che avrebbe dormito a Lipsia. Aveva appena chiuso quando Gabriel ritornò “Tutto apposto?”
“Sì, nessun problema” gli rivolse un sorriso “Mi è sempre piaciuta casa tua, sai? Molto accogliente”
“Dici? È un appartamento da scapolo” alzò le spalle “Una volta a Berlino, credo ne comprerò uno più grande così potrò risolvere le cose con…” si morse la lingua, non voleva parlare della sua ragazza. Non davanti a marco. E poi, non era neanche sicuro che sarebbe riuscito ad appianare la situazione. Lo avrebbe fatto solo per i loro figli.
Marco annuì fingendosi indifferente “Sono contento che almeno vivremo nella stessa città”
Si avvicinò a Gabriel “Voglio fare l’amore con te”
“Anche io, Marco” ansimò, avvertiva l’alito caldo sulla pelle “ma non posso fare a meno di pensare che abbiamo entrambi qualcuno nella nostra vita”
“Hai ragione, sono un dannato egoista” il pensiero andò a lei che lo attendeva a casa e si rese conto di quello che stava per fare. Sette anni di matrimonio e nessun tradimento, poi un collega pieno di fascino e dallo sguardo sexy riusciva a fargli perdere il controllo “mi dispiace”
Indietreggiò di un passo “Sarà meglio che me ne vada” aggiunse afferrando il cappotto.
“No, resta” sussurrò Gabriel “non andare via”
Marco lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri “Non posso, non riuscirei a restarti accanto, questa notte, senza fare l’amore con te”
“Mi dispiace di averti incasinato la vita, non avrei dovuto confessarti quello che…”
“Non dirlo, Gabri” sfiorò la guancia del compagno “io provo le stesse cose, è solo che…” s’interruppe.
“Hai una famiglia, lo so, anche io ho una compagna, dei figli” abbassò la testa “avrei dovuto riflettere prima di baciarti confondendoti le idee”
“No, non dirlo. Sono felice tu l’abbia fatto” Marco lo sorprese
“Davvero?”
Per tutta risposta Marco posò le labbra sulle sue baciandolo dolcemente.
“Marco” sussurrò Gabriel ansimando, anche quel solo sfiorarsi aveva scatenato in lui un desiderio inarrestabile. Lo attirò a sé baciandolo di nuovo.
Marco lo schiacciò contro la parete tirandogli fuori la camicia dai pantaloni. Insinuò le mani all’interno aprendo con forza. I bottoni si sparsero sul pavimento “Scusa, te la ricompro”
“Che si fotta” ansimò Gabriel infilando le dita nei capelli biondi “vieni qui”
S’impossessò nuovamente delle sue labbra, il suo sapore era inebriante. Gli sembrava un sogno trovarsi tra le sue braccia.
Marcò lasciò scivolare la camicia sul pavimento. Accarezzò il torace con il palmo delle mano, Gabriel si sentì invadere da un‘ondata di calore.
“Mio dio, Marco”chiuse gli occhi quando le dita sfiorarono il ventre fino all’ombelico. Gli sbottonò i jeans introducendosi all’interno dell’indumento.
Gabriel trattenne il fiato, dio solo sapeva da quanto tempo desiderava tutto questo. Marco s’inginocchiò circondando il suo membro pulsante e bisognoso di cure, era la prima volta che si trovava in quella situazione e il nervosismo rischiava di rovinare quei momenti così preziosi.
“Piccolo, non devi fare nulla che tu non ti senta, non voglio costringerti”
“Ho paura di non essere all’altezza” confessò l’altro timoroso “di deluderti”
“No” gli alzò il viso “non potresti mai deludermi”
“Voglio che sia tutto perfetto” Marco si morse il labbro inferiore, poi sfiorò l’erezione con la punta della lingua.
Gabriel sentì le gambe venire meno, il cuore batteva come impazzito nel petto “Lo è”
Marco sorrise e lo accolse nella sua bocca calda. Voleva dargli il maggior piacere possibile.
Gabriel ripeté senza sosta il suo nome, le dita si strinsero maggiormente attorno ai suoi capelli tirandoli, mentre lui continuava a succhiare e a leccare. In pochi istanti lo portò all’orgasmo.
“Mio dio” ansimò il moro appoggiandosi pesantemente contro la parete “sei certo di non averlo mai fatto?”
L’altro ridacchiò, si rialzò in piedi e lo baciò dolcemente “Sono un talento naturale, tesoro”
“Ti voglio!” esclamò con lussuria “Andiamo in camera”
“Non aspetto altro, Gabri” sorrise malizioso “voglio sentirti dentro di me”
Gabriel lo trascinò nell’altra stanza e lo spinse supino sul letto “Sei tutto mio, ora”
Si tolse i jeans e i boxer e li lanciò lontano. Marcò lasciò vagare lo sguardo lungo il suo corpo maschio, gli occhi brillarono di eccitazione all’idea di averlo dentro di sé.
Gli porse un braccio e Gabriel lo raggiunse stendendosi su di lui e pressandolo contro le lenzuola “Sei troppo vestito”
“Spogliami tu”
Gabriel ridacchiò ed obbedì sfilandogli il maglione. Lo lasciò cadere a terra. Sfiorò la pelle candida, avvicinò il viso e vi posò una scia di baci “Adoro il tuo sapore”
Marco ansimò “Non fermarti”
“Non ne ho alcuna intenzione, dolcezza, questo non è che l’inizio” gli promise sorridendo malizioso.
Le dita scesero lente lungo il corpo accarezzando ogni centimetro di pelle. Marco fremette e inarcò la schiena quando Gabriel lambì l’ombelico. Raggiunse i pantaloni, percorrendo il bordo poi sbottonò un bottone dopo l’altro.
Improvvisamente, si bloccò.
“Che c’è?” protestò Marco.
“Mi sembra così strano essere qui con te” confessò guardandolo con dolcezza “di sfiorarti, baciarti e…” un nodo in gola non gli permise di terminare la frase.
“E cosa? Non dirmi che il grande Gabriel Merz è a corto di parole” lo prese in giro.
“Sfotti, sfotti, ma io parlo sul serio” mise il broncio.
Era così tenero, sembrava quasi un bambino. Marco sentì il desiderio di stringerlo a sé e di coccolarlo “Scusa, continua quello che volevi dire”
Gabriel sospirò pesantemente “Se mi avessi lasciato finire, avrei detto che mi sembra strano essere qui con te sul punto di fare l’amore e che tu mi abbia appena fatto il più grandioso pompino di tutta la mia esistenza”
Marco arrossì “Hai ragione, io devo ancora realizzare che non sia ancora un sogno” lo attirò a sé.
Posò le labbra sulle sue baciandolo affamato, avevano perso fin troppo tempo.
Gabriel gli succhiò la lingua, poi scese verso il mento “Non è un sogno, siamo qui insieme e questa è l’unica cosa che conta davvero”
“Prendimi, Gabri. Voglio essere tuo, completamente” implorò quasi.
“Sei sicuro? Se hai cambiato idea io…”
Per tutta risposta Marco appoggiò un dito sulle labbra del compagno inducendolo a tacere.
“Questa notte è solo per noi e desidero fare l’amore con te”.
La gioia apparve negli occhi di Gabriel. La mano scivolò tra le sue gambe e terminò di sbottonargli i pantaloni. Li calò insieme alla biancheria. Lasciò vagare lo sguardo lungo suo il corpo, leccandosi le labbra. Era così bello il suo Marco.
L’altro lo fissò interrogativo, cosa stava aspettando?
“Sei perfetto” sussurrò “e sei mio” lo baciò ancora fino a farlo restare senza fiato.
Marco calciò via i pantaloni e i boxer e, una volta libero da intralci, allargò le gambe. Gabriel s’insinuò, le dita sfiorarono la fessura vergine tra le natiche.
Ne spinse uno all’interno strappandogli un debole lamento “Ti faccio male?”
“Continua” strinse le labbra, poteva resistere.
Gabriel mosse il dito dentro e fuori, aumentando il ritmo. Marco gemeva senza sosta, incitandolo a continuare. Aggiunse un secondo dito.
”Sì” urlò inarcando la schiena “non resisto più. Scopami, ora!”
Il moro sorrise. Allungò una mano e aprì il primo cassetto del comodino. Prese un preservativo dalla scatola. Strappò l’involucro. Lo indossò velocemente, poi posizionò il membro all’entrata. “Cercherò di fare il più piano possibile, ma non posso prometterti che non farà male. È doloroso.
Gabriel provò a spingersi in lui, ma un lamento lo costrinse a ritrarsi. Riaprì il cassetto ed estrasse un tubo di crema. Spalmò un po’ del contenuto e gli premette un dito tra le natiche.
Marco gemette inarcando la schiena. Gabriel era teso, non voleva fargli del male o peggio che serbasse un terribile ricordo della loro prima volta insieme.
“Sei pronto?” gli sussurrò.
Marco annuì guardandolo con desiderio. Gabriel entrò in lui lentamente. Dopo un attimo cominciò a muoversi strappandogli un altro gemito. Questa volta non si fermò, auspicandosi che presto il dolore si sarebbe tramutato in estasi.
Aumentò il ritmo delle spinte, Marco inarcò la schiena e chiuse gli occhi. Il dolore era insopportabile. Improvvisamente qualcosa cambiò, il pene stimolò un punto particolarmente sensibile provocandogli un’ondata di piacere che si propagò in tutto il corpo. Allacciò le gambe alla vita e gli portò le braccia intorno al collo “Gabri” sussurrò “è…”
“Cosa, piccolo? Troppo doloroso? Vuoi che smetta?”
“Non ti azzardare!” sibilò con occhi colmi di desiderio “È stupendo. Più veloce”
Gabriel sorrise e lo accontentò aumentando il ritmo dei suoi colpi.
“Scopami, Gabri, voglio sentirti fino in fondo”
Si piantò profondamente in lui penetrandolo con forza, Marco conficcò le unghie nella carne fino a farlo sanguinare e strinse maggiormente le gambe attorno alla vita.
“Sai, cosa mi piacerebbe?” Gabriel si sporse in avanti e gli mordicchiò il lobo dell’orecchio.
“Dimmelo!” gli ordinò.
“Che mi chiamassi Alvarez, anzi, meglio, commissario Alvarez. Mi piace da impazzire quando lo dici”
Marco lo fissò sorpreso, poi sulle labbra apparve un sorrisetto “Commissario Alvarez, la prego, mi scopi”
“Ripetilo!” era davvero su di giri.
“Com’è sexy, commissario Alvarez” ansimò “Voglio che mi scopi fino a spaccarmi in due”
“Come mi eccita sentirti parlare così” aumentò il ritmo.
“Sai cosa credo?” le iridi cerulee incontrarono quelle nere del suo amante “Che Jan volesse scoparsi Miguel e viceversa, ma non lo hanno confessato neanche a loro stessi”
A quell’affermazione Gabriel scoppiò a ridere “Lo credo anche io, ma ci pensi se avessero concretizzato i loro desideri?”
Marco ridacchiò “Ci saremmo divertiti molto di più a girare”
“Decisamente” Gabriel lo baciò con ardore, poi si spostò verso l’orecchio “Voltati, cambiamo posizione”
Uscì per un istante da lui, Marco si posizionò a carponi. Attese con impazienza.
Gabriel si portò alle sue spalle e, senza attendere oltre, lo penetrò con un colpo di reni.
Marcò urlò per quell’intrusione, poi, quando cominciò a muoversi, spinse all’indietro per assecondare i suoi affondi “Gabriel, mio dio”
“Ti ho detto di chiamarmi commissario Alvarez”
“No, preferisco il tuo vero nome” replicò “Voglio che tu sappia che sto scopando solo con te”
Il cuore di Gabriel perse i battiti, non poteva essere più felice “Ti desidero così tanto, Marco” lasciò scivolare una mano lungo la colonna vertebrale.
“Anche io, voglio sentirti con forza!” lo incitò “Dimostrami quanto mi vuoi”
Gabriel lo accontentò accrescendo il ritmo dei suoi colpi. Marco buttò la testa all’indietro, era vicino all’orgasmo. Si circondò il membro, ansimando. Gabriel gli schiaffeggiò la mano sostituendola con la sua “Ci penso io, dolcezza”
Il suo tocco delicato, ma, allo stesso tempo deciso, lo mandò in estasi. Ansimò, mentre Gabriel continuava a conficcarsi sempre più profondamente in lui.
“Sta per arrivare, vero, piccolo?” gli sussurrò “Lo sento che stai per toccare il picco”
“Sì, fammi venire, Gabriel” lo supplicò.
L’altro mosse la mano sempre più velocemente fino a quando Marco non spillò il suo seme con un grido soffocato.
Gabriel uscì e poi entrò un’ultima volta, prima di raggiungere l’orgasmo.
Si accasciarono sulle lenzuola, senza forze. Gabriel era ancora sepolto profondamente in lui. I cuori battevano come impazziti, i corpi madidi di sudore e i volti arrossati dal piacere e dallo sforzo.
“Ti amo, Marco” confessò Gabriel circondandolo con entrambe le braccia.
Nell’udire quelle parole Marco s’irrigidì.
“Scusami” Gabriel si rese conto di averlo turbato “dimentica quello che ho detto”
Gabriel uscì da lui, continuando a tenerlo stretto. Marco si voltò a guardarlo “Perché, non è vero?”
“Sì, lo è ma non volevo confessartelo in questo modo”
“Non riesco a credere che…” era talmente stupito che non riuscì a terminare la frase.
“Mi spiace. So che sei sposato, che non potrà mai funzionare tra noi però era giusto che tu lo sapessi” continuò “Per me non è stato solo sesso. Io ti amo e questa notte con te è stata…”
Marco si girò, i loro visi potevano quasi sfiorarsi “Stupenda” concluse al suo posto.
Gabriel sorrise, gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte “Sei arrabbiato?”
“No, sarei arrabbiato se mi avessi usato solo per toglierti un capriccio”
“Non lo farei mai, ci tengo troppo a te” cercò le sue labbra “Ti amo” ripeté con un filo di voce.
Lo sovrastò con il corpo. In un attimo la passione li infiammò, Marco lo attirò a sé afferrandogli le natiche “Ti voglio, Gabri”
“Sei insaziabile” con un colpo fu nuovamente dentro di lui.
Quella notte sarebbe stata indimenticabile.

mercoledì 10 marzo 2010