martedì 17 gennaio 2012

Una babysitter particolare




Una babysitter particolare

Soko Leipzig
Spoiler: ultime puntate trasmesse
I personaggi non mi appartengono

La serata era iniziata davvero storta. La rabbia che provava gli impediva di ragionare lucidamente. Non riusciva a credere che Leni fosse uscita di casa sbattendo la porta. Il litigio si era protratto per più di un’ora con urla, recriminazioni e accuse fino a quando lei non  era andata via. Guardando l’orologio ipotizzò si fosse rifugiata da suo padre ed imprecò mentalmente, pensando che l’indomani avrebbe dovuto subire anche una sua ramanzina, visto che oltre ad essere suo suocero era anche il suo capo.
Jan cullò la Charlotte che, in lacrime, strillava ormai da ore senza che riuscisse a calmarla. Non era mai stato bravo con i bambini. Perfino quando Benny era piccolo aveva faticato a farlo dormire o anche a dargli da mangiare. Ma Charlotte sembrava inconsolabile. Forse percepiva l’atmosfera tesa o i suoi nervi tesi  o probabilmente aveva solo una piccola colica. Jan non sapeva davvero cosa inventarsi per farla smettere di piangere. Aveva provato di tutto e in quel momento percorreva il corridoio avanti e indietro con la piccola tra le braccia sussurrandole qualunque cosa gli venisse in mente. Tentò di cantarle una ninna nanna, ma fu inutile, gli strilli aumentarono d’intensità.
“Amore, piccola, ti prego, mi stai mandando al manicomio!” una smorfia gli deformò il viso. La stanchezza cominciò a prendere il sopravvento, ma di dormire proprio non se ne parlava.
Preso dalla disperazione, alzò il telefono e compose un numero che conosceva a memoria.
“Ehi, dormivi? Si dispera. Vieni, ti prego, sei la mia unica speranza!”
Quando ottenne una risposta positiva dall’altra parte della cornetta, i suoi muscoli si rilassarono e le labbra si aprirono in un dolce sorriso. Charlotte lo fissò con i suoi occhi azzurri, stringendo i pugni e strillando con tutto quanto il fiato che aveva in gola.
“Lo so, amore, lo so. Ti manca la mamma!”
Pochi minuti dopo il familiare trillo del campanello lo fece sospirare di sollievo e stringendo il piccolo batuffolo tra le braccia, raggiunse l’ingresso. Il vice commissario Vince Becker sostava sul pianerottolo, mani in tasca e naso rosso per il freddo.
“Hai fatto presto!” lo accolse, gli occhi gli brillavano.
“Ti ho sentito così disperato!” entrò togliendosi il cappotto e la sciarpa. Una volta all’interno dell’appartamento il tepore dei termosifoni lo coccolò ritemprandolo. Guardandosi intorno, si rese conto che non solo Leni non c’era, ma che non sarebbe neanche tornata per la notte.
Evitando di porre domande imbarazzanti, si limitò a salvare Jan dalla neonata urlante. La strinse tra le braccia e le sussurrò qualcosa a bassa voce.
Osservandolo, Jan ricordò la prima volta in cui Vince si era trovato nella stessa stanza con Charlotte. Aveva l’immagine vivida nella mente. Vince davanti alla culla, lo sguardo diffidente e una leggera smorfia sulle labbra, mentre la bambina piangeva disperata. D’istinto, Vince aveva allungato la mano e Charlotte gli aveva afferrato il dito stringendolo con forza. Con sorpresa di Jan, ma anche dello stesso giovane commissario, in quel momento le urla erano cessate. Dopo un paio di versetti, aveva chiuso gli occhi addormentandosi profondamente.
Un miracolo. Vince aveva il potere di calmare Charlotte. Gli venne da ridere pensando alle facce contrariate del collega, quando lui tentava di fargli ascoltare i primi vagiti della figlia, al telefono. Ma in Jan c'era sempre stata la speranza che Vince potesse affezionarsi a lei e così era stato.
Immerso nei suoi pensieri non si rese conto del silenzio che ormai regnava nella stanza. Charlotte si era finalmente placata. La manina della piccola stretta intorno al dito di Vince e gli occhioni azzurri fissi su di lui. Jan si avvicinò, ma l’amico gli fece segno di non parlare fino a quando non si fosse addormentata.
Restò a cullarla per qualche altro minuto, poi la piccola finalmente entrò nel mondo dei sogni. Vince la depose con delicatezza nella sua culla nella cameretta accanto alla stanza di Jan e Leni. Socchiuse la porta e raggiunse l’amico e collega, nel piccolo corridoio.
“Dorme” gli sorrise.
“Sei un angelo, Vince” mormorò indietreggiando fino a trovarsi nella camera matrimoniale.
Vince lo guardò con apprensione, poi gli appoggiò una mano sulla spalla “Allora, mi vuoi dire che è successo? Dov’è Leni?”
L’espressione di Jan divenne seria “Se n’è andata”
“Merda, Jan” lo spinse seduto prendendo posto accanto a lui, le gambe si sfiorarono.
“Mi ha affrontato, lei sa!”
“Come? E come ha fatto a…” Un groppo in gola impedì a Vince di chiedere altro.
“Non so, forse intuito di donna. Ho sempre sospettato che lei sapesse qualcosa, ma…” Jan si alzò in piedi “Speravo di sbagliarmi, ma questa sera è esplosa, sono volate parole pesanti e…” si bloccò per qualche istante, poi continuò. “mi ha accusato di averla sempre presa in giro, di tradirla, poi è uscita per non ritornare”
“Forse gli sguardi, i sorrisi” Vince abbassò la testa, il senso di colpa lo attanagliava. “le telefonate a tarda notte”
Jan tacque e Vince mormorò: “Che pensi di fare?” non aveva il coraggio di incrociare il suo sguardo.
“Non credo riusciremo a far funzionare le cose” continuò, la voce sembrava fredda, quasi come se stesse parlando di qualcun altro.
 “Dovrete farlo per il bene di Charlotte”  
Jan restò in silenzio, poi aggiunse “non so se lo voglio, Vince”
“Non sai se lo vuoi? Jan, avete una figlia!” finalmente l’altro lo guardò, incontrò i suoi occhi chiari colmi di tristezza. “Non può crescere senza un padre!”
“Per lei ci sarò sempre!” Il biondino avanzò verso di lui. 
“Non amo Leni”
“Jan non è giusto!” protestò, il cuore gli batteva con violenza, ma non poteva prendersi la libertà di sperare.
“Vince, piccolo, guardami!” gli alzò il mento con il palmo e Vince fissò affamato le sue labbra, invitanti come una ciambella di primo mattino.
Quando le labbra s’incontrarono, Vince fu percorso da lava incandescente che lo avvolse completamente liquefacendo ogni sua più piccola cellula e facendogli perdere ogni contatto con la realtà. La bocca di Jan si socchiuse accogliendo la lingua morbida e setosa di Vince, il quale gemette di piacere. Jan lo prese come un invito a continuare, mordicchiò il labbro inferiore, per poi tornare a spingersi nelle profondità della sua alcova.
“Jan” si staccò boccheggiante, preda di un improvviso tremito e di un formicolio al basso ventre.
“Io voglio te, nessun altro” gli confessò il suo superiore carezzando il naso con il suo “Leni ha capito che voglio stare con te”
Sorridendo, Vince si stese trascinandolo con sé. I baci ricominciarono, aumentando d’intensità fino a quando la camera non ne fu satura.
“Ti amo, Jan” sussurrò prima di lasciarsi baciare ancora.
Dall’altra stanza il vagito di Charlotte li riportò alla realtà.
“Vado io!” ridacchiò Vince felice. “In fondo, sono la sua babysitter no?” lo allontanò alzandosi.
Geloso dell’attenzione che la bambina attirava su di sé Jan mise il broncio “Anche io ho bisogno di te!”
“A quanto pare i bambini di cui occuparsi sono due!” e dopo aver preso Charlotte in braccio tornò da Jan. Questi lo accolse con un altro bacio, coccolando sia lui che la bambina che riempì la stanza dei suoi gridolini di felicità.
Trascorsero tutta la notte tutti e tre nel lettone fino a quando la stanchezza ebbe la meglio trascinandoli in un sonno ristoratore.





2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellina, peccato che non me l'hai fatta leggere prima, almeno avrei potuto correggere i refusi e altre cosette. Se proprio devo trovare il pelo nell'uovo, oltre agli errori suddetti, mi danno fastidio le frasi di sempre ripetute: accorciando la già poca distanza che li separava oppure Vince si sentì perduto. I suoi occhi erano come laghi nei quali annegare. Ecc ecc. L'ho letta per tirarmi su, ma è inutile. Sto a pezzi e non provo nulla :-( (giusi)

Alex G. ha detto...

Io veramente te ne ho parlato varie volte, forse te l'ho anche mandata ma probabilmente non hai avuto tempo per leggerla o forse non eri in vena. Cmq non importa, correggo i refusi e tolgo le frasi ripetitive. Mi spiace che tu stia a pezzi e che non ti abbia tirato almeno un pò su. :( Se ti va di parlare...