martedì 26 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 5


*Immagine di Y. Nitta
Capitolo V

Il giorno seguente Alex fece ritorno a Kearny: l’incontro con gli ingegneri era andato nel migliore dei modi. Il giovane aveva illustrato loro i suoi progetti che erano stati apprezzati e ora era pronto a ricominciare il suo lavoro.
Al suo rientro a casa, non trovò Amber ad attenderlo, ma un semplice biglietto nel quale gli annunciava che avrebbe fatto tardi. Sospirò, aveva sperato di parlare con lei del suo progetto, di coinvolgerla, invece, doveva rassegnarsi a restare solo con i suoi pensieri. Si toccò il collo dolorante, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Entrò in camera da letto e si spogliò, meritava un riposino ristoratore. Quando si risvegliò, il sole era già tramontato e lo stomaco reclamò del cibo.
Si alzò, fece una doccia che lo svegliò completamente, poi si diresse in cucina e si preparò un sandwich con tacchino, insalata e maionese, non aveva alcuna voglia di predisporre una vera cena. Sedette sul divano, accese la tv e mangiò il suo panino, ma si sentiva apatico e triste, si guardò intorno, quella casa era così vuota e priva di calore, era sempre solo, Amber lo trascurava, ma si trattava del suo lavoro, non poteva fare nulla per cambiare la situazione.
Gli mancavano i momenti trascorsi insieme. Quando vivevano a New York riuscivano a ritagliare dei attimi per passeggiare per Central park, prendere un cappuccino da Starbuck o anche solo parlare, ma da quando si erano trasferiti in quella cittadina sembrava che Amber non trovasse mai il tempo per stare con lui.
Sospirò tristemente, spense la televisione e appoggiò la testa alla spalliera del divano, ma in quel momento il campanello suonò facendolo scattare, il cuore cominciò a battere con violenza nel petto, inconsciamente sperava fosse William.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva una voglia matta di vederlo, di parlargli. Indugiò un attimo dietro la porta prima di aprire, poi la spalancò, lui era lì, sul vialetto, con le mani immerse nelle tasche dei jeans e le ciocche ribelli che gli ricadevano davanti agli occhi. Alex restò a fissarlo, senza fiato, era davvero un uomo di straordinaria bellezza, con le pozze blu, le labbra imbronciate e l’aria imbarazzata di un ragazzino scoperto a compiere un’azione che non doveva.
“Ciao, sei tornato, allora”
“Sì, all’ora di pranzo”rispose abbozzando un sorriso.
“Ti disturbo? Cenavi, forse?”
“No, non disturbi affatto”e lo lasciò entrare chiudendo la porta ed introducendolo nel salotto.
“Mi dispiace essere piombato così all’improvviso”si giustificò.
“Hai fatto bene, mi sentivo solo”gli indicò il divano “Siedi”
“Grazie”prese posto in un angolo del divano, mentre Alex sedette sul bracciolo, dall’altra parte, cosa che non passò inosservata a William “Amber è in ospedale?”.
“Sì, era già andata via quando sono tornato”sospirò tristemente “Come stai, Will?”
“Bene, sono stato molto impegnato, il lavoro, il libro”rispose prontamente, non voleva sapesse che aveva trascorso parte della giornata a fissare come un automa il telefono cercando di trovare il coraggio di chiamarlo.
“Anche io, questa mattina ho fatto un sopralluogo al sito sul quale sorgerà il centro e ho incontrato gli ingegneri che lavoreranno con me al progetto, ma questa notte non ho dormito per l’agitazione”gli spiegò “infatti, sono crollato”
“Ah, non lavorerai da solo, quindi, meglio, eri così stressato e sotto pressione”corrugò la fronte.
“Sì, il progetto è stato ampliato, era necessario il lavoro di più persone”continuò a raccontare.
“Che ti prende?”gli domandò a bruciapelo William.
“Come?” infilò la mano nei capelli, non capiva cosa intendeva.
“Lo sai, Alex, te ne stai lì, sul bracciolo, come se non volessi starmi vicino, per quale motivo? Credevo avessimo risolto, invece sembra non voglia avere contatti con me” William si alzò e si mosse agitato, sembrava quasi un leone in gabbia “Lascia perdere, è meglio che me ne vada”scosse la testa, quel suo comportamento lo stava facendo impazzire. Si mosse verso l’uscita, ma Alex gli afferrò un bracciò e lo costrinse a voltarsi “No, non andartene, ti prego”
“Dammi una sola ragione per cui non debba prendere quella porta e uscire per sempre dalla tua vita”
“Perché non lo voglio, non lo sopporterei”rispose fissandolo tristemente.
L’espressione di William si addolcì e Alex continuò “Non voglio che te ne vada, non era mia intenzione offenderti. Sono un coglione, scusa”
“Sì, lo sei”ridacchiò “ma ti perdono perché sei troppo tenero”gli sfiorò una guancia senza staccare gli occhi dalle sue labbra carnose, quanto avrebbe voluto sfiorarle.
“Scusami, non ne faccio una giusta”sospirò tristemente il moro, mentre il cuore gli batteva con violenza nel petto.
William gli sorrise, poi distolse lo sguardo “Come ha preso la notizia la tua Amber?”
“Non era molto entusiasta, ieri, quando le ho dato la notizia, ma spero si abitui all’idea, si tratta di un’occasione importante per il decollo della mia carriera”
“Vedrai che accetterà, in fondo, è il tuo lavoro”
“Sì”mormorò.
“Sei felice?”gli domandò il biondo spiazzandolo.
“Cosa?”
“Con Amber, sei felice?”ripeté.
“Certo, perché me lo chiedi?”mentì, distogliendo lo sguardo, sapeva che avrebbe capito che non era del tutto sincero se solo lo avesse guardato negli occhi.
“Per nessun motivo particolare, è che sembri così strano”
“Davvero? A me non sembra”continuò a mentire “Ti va di uscire? Non ne posso più di restare chiuso qui dentro” sgusciò via dal suo tocco.
“Come vuoi”acconsentì, ma continuò a pensare ci fosse qualcosa di diverso in Alex, sembrava così distante, sfuggente.
“Mi cambio, torno subito”e sgattaiolò al piano di sopra salendo le scale due a due.
William approfittò della sua assenza per guardarsi intono, per scoprire un po’ di più della sua vita e soprattutto, del suo rapporto con Amber. Non gli era sembrato sincero, sentiva che c’era qualcosa che non voleva rivelargli. Si avvicinò ad una mensola, c’erano un paio di fotografie, una di lui ed Amber in un parco, su una panchina, stretti in un abbraccio. Ipotizzò si trattasse di una foto che avevano scattato quando si trovavano ancora a New York, sembravano così felici, William provò invidia e gelosia, ma poi scosse la testa, non poteva continuare a pensare a farsi del male.
In un angolo c’era un’altra foto che raffigurava tre persone, una era un Alex più giovane, il giorno del diploma, mentre le altre erano due ragazze molto carine.
Sorrise, era sempre stato bello il suo Alex. Era tanto preso che non lo sentì arrivare fino a quando non gli posò una mano sulla spalla “Loro sono le mie due migliori amiche, Sarah e Jennifer, vivono a New York, è da un mese che non le vedo”
William scattò e si scusò “Non volevo ficcare il naso in giro”
“Non scusarti”sorrise “dai, andiamo”
“Dove mi porti?”gli domandò quasi come se si trattasse di un appuntamento.
“Ti va una passeggiata? Non ho ancora avuto modo di visitare le bellezze di Kearny”
“Bellezze?”alzò un sopracciglio, poi insieme scoppiarono a ridere, non vi era nulla di bello in quella cittadina.
“Dai, qualcosa da vedere troveremo”Alex lo trascinò fuori chiudendosi la porta alle spalle.
Mentre percorrevano il vialetto, William scorse la signora Pattinson che li osservava dalla finestra e le rivolse un saluto con la mano, che lei ricambiò continuando a fissarli con una strana espressione.
Il sole era ormai tramontato da tempo, uno spicchio di luna splendeva nel cielo stellato, il vento aveva spazzato via le ultime nuvole che da quella mattina facevano temere pioggia. William e Alex camminavano, uno accanto all’altro, senza una meta precisa, le loro braccia si sfiorarono accidentalmente e William provò un’ondata di calore in tutto il corpo, imprecò mentalmente, anche solo un suo tocco gli provocava delle sensazioni intense. Senza accorgersene si ritrovarono in un boschetto poco lontano dal centro, si addentrarono attraverso il sentiero, ma tra loro era calato un silenzio imbarazzante, fino a quando Alex non lo spezzò voltandosi verso di lui e domandandogli, con un sorriso divertito sulle labbra “Dimmi, Will, come è stata la tua infanzia?”
William corrugò la fronte e ridacchiò “Ero un bambino noioso, studioso e occhialuto, non c’è molto da dire”
“Dai, racconta, non essere timido”lo prese in giro.
“E va bene”mormorò facendo il broncio.
Si fermò davanti ad un albero e appoggiò una mano sul tronco “Sono cresciuto nel Sussex, mio padre aveva una tenuta, allevava cavalli, ma io non sopportavo quel posto e soprattutto non sopportavo lui, era così rude, mi costringeva a spaccarmi la schiena fin dal mattino all’alba, invece non desideravo altro che trascorrere il tempo a leggere e studiare. Ho vinto una borsa di studio e sono pressoché scappato a Oxford, dove mi sono laureato in lettere”
Alex scoppiò a ridere “Addirittura, scappato? Che esagerato sei”
“Non esagero affatto”protestò.
“Scusa”cercò di ritornare serio “com’è studiare ad Oxford?”
Il biondo fece una smorfia “Un covo di bigotti, ma in fondo, mi ha forgiato il carattere e lì ho conosciuto…”si bloccò mordendosi la lingua, era da tanto che non pensava a lui.
“Chi? Tua moglie?”
“No, Steven, il mio migliore amico”rispose tristemente, non lo vedeva da quasi un anno e nonostante tutto, gli mancava molto.
Un alito di vento gli scompigliò i capelli e una ciocca bionda gli cadde davanti agli occhi e lui la scansò prontamente, con un dito “Eravamo inseparabili”sospirò, gli occhi gli brillavano “poi ho conosciuto sua sorella, Elisabeth, ci siamo innamorati e il resto lo sai”
“L’ami ancora?”gli domandò titubante, non sapeva se fosse ancora un argomento doloroso per lui.
“No, il nostro matrimonio è finito tempo fa”lo fissò “ho saputo che si è rifatta una vita, con un altro, quindi…”
“Mi dispiace, Will”gli appoggiò una mano sulla spalla “immagino sia dura per te”
“No, non lo è, te lo garantisco”abbozzò un sorriso “vedi, non sono stato del tutto sincero sul motivo per cui il nostro matrimonio è naufragato così miseramente” confessò.
“Non è tornata in Inghilterra perché non si trovava bene negli Stati Uniti?”
“No”si morse un labbro “mi ha lasciato perché le sono stato infedele”
Alex restò senza parole, era qualcosa che non si sarebbe mai aspettato “Infedele?”
“Sì, ormai sono due anni che siamo separati, lei non è mai venuta qui negli Stati Uniti con me”
“Perché non mi hai detto la verità?”era deluso, ma in fondo, comprendeva la sua decisione “Scusa, sono un idiota, perché mai, avresti dovuto raccontare i dettagli più scabrosi della tua vita matrimoniale ad un estraneo?”
Scosse la testa “No, non volevo mi giudicassi il solito maschio fedifrago”
“Chi sono io per giudicare, Will? E poi, sono tuo amico”gli assicurò “Puoi dirmi qualunque cosa”
“Visto che siamo in argomento, c’è qualcos’altro che dovrei confessarti, Alex”assunse un’aria seria che lo preoccupò.
“Sei bigamo? Hai un harem di 100 amanti?”ironizzò.
“No, ma sarebbe bello avere un harem a disposizione”sorrise, Alex riusciva sempre a infondergli buon umore.
“Hai ragione, dai, spara”
“Vedi, a quei tempi ero un giovane abbastanza ingenuo, insegnavo in una piccola scuola alla periferia di Londra, ma il mio sogno era un altro, pubblicare le mie poesie, diventare un poeta conosciuto e apprezzato. Un giorno, conobbi un editore, Ian Devenport al quale feci leggere le mie poesie e lui mi promise di pubblicarle presso la sua casa editrice e così fece. Uscì il mio primo libro, ero al settimo cielo, ero grato a Ian per quello che aveva fatto per me, ma c’era qualcosa di più. Al principio non mi resi conto di quello che stesse accadendo in me, mi sentivo affascinato, era un uomo estremamente attraente, occhi neri, capelli scuri, pelle candida, molto inglese”si lasciò scappare una risatina “estremamente elegante e sofisticato, in seguito, scoprii che aveva origini nobili”
“Fu allora che ti accorgesti di preferire gli uomini?”gli domandò interrompendo il suo racconto.
Annuì “Prima di allora, non mi era mai accaduto di sentirmi così attratto da qualcuno del mio stesso sesso, neanche da Steven al quale ero molto legato. Per me era come un fratello, niente di diverso, ma Ian”sospirò “era un dono divino. Un giorno, mi invitò a casa sua e mi sedusse, io avevo ventitre anni, ero inesperto, non pensavo si potesse…”si bloccò “scusami, non ti interessano questi particolari”
“Non importa, dopo cosa accadde?”arrossì leggermente, il buio della notte celava il suo volto.
“Elisabeth si rese conto che qualcosa in me era cambiato, mi affrontò e mi chiese se avevo un’amante ed io confessai, ma non le rivelai chi fosse, temevo la sua reazione, ma soprattutto, la mia più grande paura era di perdere Steven. Era il mio migliore amico, la sua amicizia era tutto per me”.
“Siete ancora in contatto o dopo il divorzio vi siete persi di vista?”
La sua domanda riaprì vecchie ferite che ormai credeva fossero guarite da tempo, strinse le labbra “Con Steven? No”sentì le lacrime premergli per uscire, si detestò, non voleva farsi vedere così vulnerabile da lui “non lo sento da un anno”
Alex si rese conto del suo cambiamento d’umore e si pentì di essere stato così indiscreto “Scusami, non volevo riportarti alla mente brutti ricordi, sono un vero insensibile”si avvicinò maggiormente e gli circondò le spalle con un braccio.
“Non importa, non potevi saperlo”
“Mi dispiace, Will”gli appoggiò una mano sulla spalla e accorciò maggiormente le distanze tra loro.
“Una sera, Elisabeth entrò nel mio studio e mi vide inginocchiato davanti a Ian. Impazzì, mi sbatté fuori di casa, non volle più parlarmi e dopo un mese mi fece avere, tramite il suo avvocato, le carte per il divorzio. Andai a vivere con Ian, era favoloso, non sono mai stato così felice, come con lui, ma tutto è destinato a finire”concluse con tono duro sfiorandosi la vera d’oro che portava al dito e Alex comprese che non risaliva al suo matrimonio, ma al rapporto con questo fantomatico Ian “anche i rapporti che credi durino per sempre”
“Da questo deduco che con Ian è andata male”
“Male è dire poco, Alex”calde lacrime gli bagnarono le guance.
Il moro sospirò e gli asciugò gli occhi umidi con un dito “Non voglio vederti triste, Will”
William lo fissò sconvolto e Alex lo spinse contro l’albero intrappolandogli le labbra in un bacio.
“Alex”gemette circondandogli la vita con le braccia e rispondendo con altrettanta passione allacciando la lingua alla sua.
Ansiti e gemiti riempirono l’aria, William si sentiva in paradiso, il suo Alex lo stava baciando con una passione tale che le gambe gli tremavano. La mancanza d’aria li costrinse a separarsi, William appoggiò la testa sul tronco e boccheggiò “Cazzo, Alex, ma perché mi fai questo effetto? Vieni qui, piccolo, ti faccio vedere io di cosa sono capace”e lo attirò nuovamente a sé, ma Alex lo respinse appoggiandogli le mani sul petto “No”
“Ma che ti prende? Credevo che…”era incredulo.
“Non posso, Will, scusami”
“Dannazione, Alex, ma perché ti comporti in questo modo?”non riusciva davvero a capire cosa gli passasse per la testa.
“Non ne combino una giusta, vero, Will? Cazzo, il fatto è che non so quello che…”infilò una mano tra i capelli. Era confuso, provava qualcosa per William, ma allora, perché non riusciva a lasciarsi andare? Cosa c’era in lui che lo frenava? Indietreggiò ancora e si voltò dandogli le spalle “Torniamo”
“Sì”mormorò frustrato dal suo comportamento così incoerente, perché lo aveva baciato se non intendeva stare con lui? Lo avrebbe volentieri preso a pugni..
Alex lo seguì, ma restò in silenzio e il tragitto fino a casa sembrò eterno, poi, una volta davanti alla casa di William, notò un’auto rossa metallizzata, ferma dall’altra parte della strada. Corrugò la fronte, era certo di non averla mai vista nei paraggi.
Non riusciva a vedere se nell’abitacolo ci fosse qualcuno perché era lontana dal lampione. Si sporse per cercare di vedere meglio, ma inutilmente.
Sospirò e si voltò verso William che lo fissava con un’espressione impassibile “Buonanotte, Alex”
“Will, io…”sospirò, non voleva lasciarlo, ma ormai era inevitabile.
“Tu cosa?”puntò le iridi blu su di lui.
“No, niente
“Allora, notte”aprì la porta ed entrò chiudendosela alle spalle.
“Notte, Will”mormorò, ma ormai era solo sul portico.
William, una volta che fu in casa appoggiò la schiena alla porta e sospirò tristemente, ma in quel momento suonò il telefono.
“Pronto?”
“Will?”una dolce voce femminile lo colse di sorpresa
“Beth? Ciao, tesoro”
“Come stai?”gli domandò con apprensione.
“Potrei stare meglio, ma come mai questa telefonata?”
“Si tratta di Steven”rispose e William fremette nel sentirle pronunciare quel nome.
“Che gli è accaduto? Sta bene, vero?”nel tono c’era ansia e preoccupazione.
“Sta bene, ma è a New York”
“Cosa?”sgranò gli occhi.
“Sì, voleva parlarti ed è partito questa mattina”
“Non posso, non ora”il petto gli doleva, per quella sera era anche troppo quello che aveva dovuto sopportare “Dannazione, mi ha tradito, Beth, con l’uomo che amavo”.
“Lo so, tesoro, ma è disperato, è mio fratello e non sopporto di vederlo in questo stato”la sentì piangere “ti prego, ascolta quello che ha da dire, non è stata colpa sua”
“Sì, certo”ma chi volevano prendere in giro?
“Fallo per me, per quello che c’è stato tra noi”lo supplicò quasi e lui non poté fare a meno di acconsentire “Va bene, ascolterò quello che ha da dirmi, ma non credo che questo cambierà le cose tra noi. Ora, devo lasciarti”
“A presto, Will”
“Ciao, Beth”e riattaccò.
Si appoggiò alla parete, non riusciva a credere che Steven fosse negli Stati Uniti e che desiderava parlargli, ma di cosa? Del motivo per cui era stato a letto con Ian? Strinse i pugni, lo avrebbe affrontato e gli avrebbe estorto la verità, aveva il diritto di sapere.

lunedì 18 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo IV




*Immagine di Y. Nitta


Capitolo IV

Il pomeriggio seguente, William era a casa a lavorare, ma ogni volta che tentava di concentrarsi, ripensava alle parole di Alex e al dolore che aveva provato nel sentirgli dire che ciò che era accaduto tra loro era stato solo un errore. Era deluso, ma sperava che leggere quella poesia così piena d’amore lo avrebbe portato a cambiare idea Si alzò dalla sedia e sbirciò dalla finestra, l’auto di Amber non era nel vialetto, doveva essere a lavoro.
Scosse la testa, lavorava troppo, se fosse stato al posto di Alex non avrebbe sopportato quelle continue assenze e le notti lontana da casa.
Chissà se quella ragazza si rendeva conto della fortuna che aveva ad avere Alex accanto, che l’amava e che le era così fedele. Sospirò tristemente, ma perché continuava a farsi del male? Glielo aveva detto chiaro e tondo che tra loro non ci sarebbe mai potuto essere un futuro e doveva guardare in faccia la realtà. Si sentiva un vero idiota per la scenata che gli aveva fatto la sera precedente, ma aveva esagerato con la birra.
Decise di chiedergli scusa, avrebbe attribuito il suo comportamento all’alcool e tutto sarebbe finito con una pacca sulla spalla e una fetta della sua favolosa torta. Afferrò la giacca e aprì la porta, attraversando il vialetto con passo deciso, arrivò davanti alla sua porta, bussò, ma non ottenne alcuna risposta. Sembrava non esserci nessuno in casa, sbuffò seccato, aveva sperato di parlargli.
Fece per attraversare la strada quando notò un particolare che lo stupì: il garage era chiuso con un catenaccio. Corrugò la fronte, dovevano essere partiti. Era stato forse il suo atteggiamento a costringerlo ad andarsene? No, non avrebbero potuto lasciare la casa in quel modo, doveva esserci una spiegazione valida a tutto questo.
Improvvisamente una voce stridula pronunciò il suo nome “Signor Bradford?”
William si voltò e vide la signora Pattinson affacciata alla finestra che cercava di attirare la sua attenzione sbracciandosi. Sospirò, stupito, cosa voleva da lui?
“Salve Mrs Pattinson, cosa posso fare per lei?” la raggiunse e le rivolse un sorriso di circostanza “Come sta?”
“Bene, grazie, figliolo, cerca il signor James?”sulle labbra un sorrisetto.
Si finse indifferente, ma dentro di sé maledisse quella vecchia impicciona “Avevo un favore da domandare, ma non importa, attenderò che ritorni”
“Non c’è nessuno in casa”lo informò “la signorina Amber è tornata dal lavoro questa mattina presto, ma dopo pranzo è riuscita, mentre il signor Alex è uscito un’ora fa con un borsone e qualcosa sulle spalle, un tubo, credo”
“Come?”la notizia lo sconvolse “Capisco”si morse leggermente il labbro inferiore e si domandò dove potesse essere andato.
“Vuole prendere un the con me?”gli propose poi la donna“Sono le cinque ed io sono solita bere un the, ma anche lei, immagino, è inglese vero?”
“Sì, sono inglese”rispose “ma non posso unirmi a lei, ho un lavoro da terminare”
“Peccato, mi sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere”sospirò la donna puntando su di lui i suoi occhietti sospettosi.
“Sarà per un’altra volta, ho dei compiti da correggere e una lezione da preparare per domani”le sorrise, ma dentro di sé si sentiva morire, desiderava parlare con Alex.
“Certo, buona giornata, signor Bradford”
“Buona giornata, Mrs Pattinson”e si allontanò verso casa, continuando a sentire il suo sguardo bruciante.
Entrò e colpì la porta con un pugno, dove poteva essere andato? La sera precedente non aveva menzionato alcun viaggio. La mente cercò di pensare a qualche motivo plausibile, poi ricordò le parole della donna, Alex aveva portato con sé un tubo.
Sulle labbra gli apparve un sorriso, doveva essersi recato nella cittadina in cui doveva realizzare quel lavoro. Doveva essere così. Sospirò di sollievo, ma in quel momento una vibrazione nella tasca dei pantaloni lo fece sussultare “Pronto?”
“Will?”
Fremette, quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille “Ian?”sussurrò appoggiandosi alla parete, il cuore gli batteva con violenza nel petto e le gambe sembravano non voler reggere più il suo peso.
“Ciao, Will”
“Cosa vuoi?”gli domandò riprendendosi dalla sorpresa “Ti ho già detto di non chiamarmi più”
“Mi manchi, Will”disse semplicemente “voglio vederti”
“No”alzò la voce “quante volte devo dirtelo? Non abbiamo più niente da dirci e non voglio vederti”
“Non attaccare, ti prego, ascoltami”
“Lascia perdere, Ian, non c’è nulla che possa farmi cambiare idea”e chiuse la comunicazione “dannazione, proprio ora? Come potrei anche solo pensare di tornare con lui dopo il modo in cui mi ha trattato? Tradirmi con il mio migliore amico, scopare con lui nel nostro letto”
Scosse la testa, calde lacrime gli scesero dalle guance, si lasciò scivolare sul pavimento e pianse.


Alex giunse nella cittadina di Newark pocodopo il tramonto. Quel mattino stesso, aveva ricevuto una telefonata da parte della segretaria del sindaco che gli chiedeva di recarsi in città per aggiornare lui e i finanziatori dei progressi che stava compiendo con il progetto per il nuovo centro sportivo. Durante il viaggio aveva ripensato agli avvenimenti della sera precedente, William gli aveva scritto una poesia, mentre lui lo aveva trattato malissimo e solo ora se ne rendeva conto, ma aveva voluto essere sincero e schietto. Quel foglio giaceva in una tasca del cappotto, quasi come non se ne volesse separare mai. Lo sfiorò con una mano e sospirò tristemente, temeva che William lo odiasse per averlo illuso e poi respinto. Che avrebbe fatto se avesse perso anche la sua amicizia? Come avrebbe potuto continuare a vivere nella casa di fronte senza poterlo vedere. Si diresse verso l’ufficio del sindaco seguendo le indicazioni che gli erano state fornite, poi una volta davanti all’edificio, che era un semplice palazzetto a due piani, parcheggiò l’auto.
Prese il tubo con i suoi disegni dal sedile posteriore e scese, lasciando il borsone nel portabagagli. Indossava un completo color crema, voleva essere elegante per quell’incontro di lavoro, entrò e si avvicinò al desk d’informazioni dietro il quale sedeva un giovane sui venticinque anni, dai corti capelli rossi e una moltitudine di lentiggini sul viso, intento a parlare in un microfono.“In cosa posso esserle utile?”gli domandò smettendo di parlare e puntando su di lui i suoi grandi occhi verdi.“Ho un appuntamento con il sindaco Forrest”rispose mostrando il rotolo che stringeva in mano.“Lei è?”aprì un’agenda per vedere se il suo nome fosse nella lista degli appuntamenti del sindaco.“Alexander James”“Sì, si può accomodare, seconda porta a destra”e gli rivolse un sorriso di circostanza.“Grazie”e percorse il corridoio fino alla porta che gli era stata indicata dal giovane receptionist. Fece un profondo respiro e bussò “Avanti”Alex aprì la porta ed entrò, il sindaco era dietro la scrivania, era un uomo sulla quarantina, capelli neri, occhi scuri, fisico asciutto e longilineo.
Si alzò e gli andò incontro stringendogli la mano “Buongiorno, signor James, è un piacere rivederla”gli rivolse un sorriso sincero “La prego, si accomodi”“La ringrazio, signor sindaco, molto gentile”e sedette su una poltroncina di pelle, mentre lui prendeva posto dietro la scrivania “Come sta?”“Bene, lei? Spero di non averla messa in agitazione con la mia telefonata, ma desideravo parlarle di persona”“No, nessun problema”scosse la testa “Si tratta del mio lavoro, sono sempre pronto a partire quando c’è bisogno”“Mi compiaccio, signor James”si sporse leggermente in avanti appoggiando i gomiti sulla scrivania “Ora, veniamo al motivo per cui le ho chiesto di venire”“Ho portato anche il progetto se in seguito vorrà dargli un’occhiata”si appoggiò il rotolo sulle gambe.“Con molto piacere, ma ora vorrei domandarle di apporre delle modifiche”“Modifiche? Di che genere?”domandò il giovane in ansia “Il progetto iniziale era di creare un palazzetto dello sport, ora, però, mi sono reso conto che la città avrebbe bisogno di una struttura più grande e attrezzata, un centro con piscine, campi da pallavolo, da tennis, da basket”Alex sgranò gli occhi, era un progetto estremamente ambizioso ed impegnativo, ne sarebbe stato all’altezza?“Signore, perdoni questa mia domanda, ma come mai non avete predisposto un progetto del genere fin dall’inizio?”
“La città non poteva permettersi di affrontare una simile impresa”rispose vago
“Ha trovato il denaro?”dentro di sé era combattuto, da una parte esultava perché avrebbe potuto domandare un compenso maggiore, ma dall’altra tremava al pensiero di non portare al termine un simile incarico.
“Sì, abbiamo trovato altri finanziatori”gli comunicò “So che lei è molto impegnato, che questo comporterà un maggior lavoro da parte sua, ma naturalmente la mia amministrazione si impegna a pagarle il doppio e a concederle qualche mese di proroga. Devo rassicurarla, non dovrà lavorare da solo a questo progetto, ho assunto un architetto e due altri ingegneri”Alex sospirò di sollievo e decise si sarebbe imbarcato in questa avventura “Conti su di me, ma desidererei vedere il sito per accertarmi che sia possibile realizzare una struttura più imponente”“Ho organizzato un incontro per domani, con gli altri ingegneri così potrete conoscervi. La zona è completamente sgombra, vi è tutto lo spazio che sarà necessario a costruire questo centro, signor James”
“Bene”
“Può fermarsi per questa notte, vero? Non vorrei costringerla a fare avanti e indietro da casa”“Certo, per precauzione avevo prenotato una camera" si alzò dalla poltrona.“Ah, bene, allora, a domani” lo accompagnò alla porta “Mi faccia sapere se ha bisogno di qualcosa. Se vuole, potrei farla accompagnare dal mio assistente fino al suo albergo o se preferisce, farle consigliare un buon ristorante”“La ringrazio, ma non c’è bisogno, è stato fin troppo gentile”rifiutò.
“È stato un piacere parlare con lei, signor James”gli strinse la mano prima di salutarlo “Se ha bisogno di chiarimenti, non esiti a chiamarmi, a domani, alle nove”“Ci sarò, arrivederci, signor Forrest ”e si avviò lungo il corridoio, turbato da come si era evoluto quell'incontro.Salutò il giovane che era alla reception, il cui nome era Dave e gli domandò come raggiungere l’albergo e tornò in auto. Raggiunse il Motel facilmente, grazie alle indicazioni di Dave e una volta in camera si stese sul letto. Era talmente stanco che si addormentò immediatamente, ancora vestito.Il trillo del cellulare lo svegliò, scattò sul letto e si guardò intorno disorientato, la stanza era immersa nell’oscurità e, per un attimo, non ricordò, dove fosse, poi realizzò di essere in una camera d’albergo.
Accese la lampada che si trovava sul comodino, prese il cellulare dalla tasca della giacca e rispose, si trattava di Amber.“Ciao, tesoro, che facevi? Perché hai tardato a rispondere?”la sua voce sospettosa lo infastidì, si trovava lì per lavoro, non per divertirsi.“Mi ero addormentato, Amber, come stai?”“Mi manchi, quando torni?”gli domandò.“Domani, dovrò fare un sopralluogo al sito e poi tornerò”“Com’è andata?”non sembrava molto interessata, ma Alex fece finta che lo fosse.“Bene, mi ha dato un aumento e una proroga”rispose mordendosi il labbro, sapeva che si sarebbe arrabbiata quando avesse saputo cosa comportava tutto questo.“Davvero? Così potrò comprare quel divano che tanto mi piaceva”squittì felice.“Sì, ma io dovrò trascorrere i prossimi tre mesi a lavorare giorno e notte questo progetto per fortuna che mi ha accostato ad altri due ingegneri, altrimenti non credo che avrei potuto accettare”sospirò tristemente.“Cosa? Tre mesi?”urlò e Alex allontanò il telefono dall’orecchio dolorante “Non posso pensare di vederti chino su quei disegni per tutto questo tempo”“Si tratta del mio lavoro, tesoro, ma non sei contenta che tutto stia andando per il meglio? Guadagniamo bene entrambi e…”“Sì, è vero, ma questo lavoro prende tutto te stesso, mi sento trascurata”
“Me ne rendo conto”sospirò, non aggiunse che era lei a non esserci mai quando era lui ad avere bisogno della sua presenza accanto per spronarlo o consolarlo nei momenti difficili.
“Sai, William è stato qui”annunciò improvvisamente cogliendolo di sorpresa, nel sentire pronunciare il suo nome provò una strana fitta nello stomaco.“William? Davvero?”la sua voce era estremamente ansiosa.“Mi ha chiesto di te, voleva parlarti di una cosa, ma non mi ha voluto dire di cosa si trattasse. È accaduto qualcosa tra voi?”“Cosa? No” mentì mordendosi il labbro “Perché me lo chiedi? Che ti ha detto?”“Niente di preciso, ma mi è sembrato triste, abbattuto”gli raccontò preoccupata per il loro amico “gli ho riferito che eri partito per lavoro e che se voleva poteva chiamarti al cellulare”gli riferì.Alex gemette, gli aveva dato il suo numero, cosa gli avrebbe detto se avesse chiamato? “Non avresti dovuto, sto lavorando, non ho tempo per parlare con William”la rimproverò risentito.“Credevo ti avrebbe fatto piacere”replicò lei alzando la voce “ma a quanto pare non sei dell’umore adatto, che ti prende, questa sera, Alex? Sembra che ti dia fastidio perfino parlare con me”“Sono stanco”sbottò pentendosi immediatamente del tono che aveva usato “scusa”
“Lasciamo perdere, ora ti saluto, ciao, a domani”
“A domani, amore”sospirò, ma lei aveva già staccato la comunicazione.
Sospirò e si frugò nella tasca destra dei pantaloni, cacciò un foglio piegato in quattro e l’aprì “Will, perché mi hai donato queste parole così belle? Rendi tutto più difficile”
Strinse le labbra e ripose il foglio, poi si alzò, andò in bagno per fare una doccia e poi si preparò per andare a cena, era affamato e sperava di trovare qualche ristorante aperto nelle vicinanze.Era per strada quando gli vibrò la tasca, si portò il cellulare all’orecchio “Pronto?”“Alex?”era William.
Il giovane si bloccò come impietrito nel risentire la sua voce dal marcato accento inglese, sembrava trascorsa un’eternità da quando l’aveva udita l’ultima volta.“Will? Ciao, come stai?”era alquanto imbarazzato, ma cercò di sembrare il più normale possibile.“Insomma, senti, ti disturbo? Stai lavorando?”sembrava impacciato.
Alex lo trovò terribilmente tenero “No, stavo andando a cena”“Sai, Alex, desideravo parlarti”mormorò.“Amber ha riferito che mi cercavi”si fermò e si appoggiò ad un muretto.“Desideravo chiederti scusa per ieri, non avrei dovuto provarci in modo così spudorato, avevo bevuto e io non sono abituato ad eccedere”balbettò “Scusami, okay?”
“Non hai niente di cui scusarti, Will, in fondo, è anche colpa mia, non avrei dovuto illuderti baciandoti, a casa tua”
Dall’altra parte della linea calò il silenzio, Alex temette di aver detto nuovamente qualcosa di sbagliato, ma quando stava per disperare, William ricominciò a parlare “Non voglio perdere quello che c’è tra noi, Alex”la sua voce fu quasi un sussurro, non sembrava più l’uomo sicuro di sé che conosceva.
Il moro fremette e provò una buffa sensazione nello stomaco “Neanche io, Will e ti ringrazio per la poesia, era bellissima”
“Non era nulla, descrive semplicemente quello che provo”la sua voce era estremamente dolce.
“Mi è piaciuta davvero molto, ma non avresti dovuto”sussurrò con il cuore che gli batteva impazzito.
“Scusami per essermene andato via in quel modo, ma ero…”non riuscì a continuare.
“Non pensiamoci più, va bene?”non voleva più parlarne.
“Sì, non vedo l’ora di dimenticare questo brutto episodio, ma tu, piuttosto, dove ti trovi?”gli domandò leggermente ansioso.
“In un paesino, Newark, per lavoro, sarò di ritorno domani”gli comunicò sorridendo, parlare con William lo faceva stare bene “Sai, Will, mi devi un filetto”ridacchiò rammentandogli la sua promessa di prepararglielo.“E tu, una crostata ai mirtilli”replicò William.“Contaci”sospirò
“Temevo non avremmo avuto l’occasione di chiarire le cose”sospirò il biondo.“Domani tornerò e potremo parlare”gli garantì.“Sì, a domani e buona notte”lo salutò William.“Buona notte, Will”riattaccò e ricominciò a camminare e senza rendersene conto raggiunse il ristorante, il cuore sembrava esplodergli nel petto e sulle labbra aveva un sorriso, non avrebbe mai pensato si sarebbe sentito così bene dopo aver parlato con lui.

domenica 17 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo III


*Immagine di Youka Nitta
Capitolo III

Ore dopo, Alex sedeva dietro al suo tavolo da lavoro, ma la sua mente era altrove, tra le braccia di William, sul divano del suo soggiorno. Lo aveva baciato e gli era piaciuto, ma era tutto così strano, se gli avessero detto, pochi giorni prima, che avrebbe provato una simile attrazione per un altro uomo, non vi avrebbe creduto e ora fantasticava sul suo vicino. Poteva risentire sulle labbra il sapore dei suoi baci, le mani che gli sfioravano ogni lembo di pelle scoperto e il suo respiro caldo sul collo. I jeans gli divennero improvvisamente troppo stretti e si mosse a disagio sulla sedia. Doveva far sparire quello che provava per William. Sospirò tristemente, non poteva tradire Amber, certo, la loro relazione non era perfetta, anche loro avevano dei problemi, ma questo non giustificava il suo comportamento così sconsiderato e imprevedibile. Si prese la testa tra le mani e sospirò tristemente, perché aveva deciso di complicarsi l’esistenza?
“Alex, tesoro?”Amber gli fu alle spalle e gli appoggiò una mano sulla spalla facendolo scattare come una molla.
“Amber, non farlo più”la rimproverò poggiandosi una mano sul cuore “Stavo per morire d’infarto”
“Ti eri addormentato? Avevi la testa appoggiata sul tavolo”
“No, riflettevo”rispose “Che c’è?”
“Hai intenzione di restare qui dentro per sempre?”lo rimproverò.
“Ho molto lavoro, piccola”si voltò nuovamente verso il suo progetto, non riusciva a guardarla negli occhi.
“Non puoi fare una pausa?”gli domandò facendo il broncio “Sei sempre rintanato qui”
“Questo progetto mi sta facendo impazzire”sospirò posando la matita sul tavolo e massaggiandosi il collo.
“Povero piccolo”gli appoggiò le mani calde sulla nuda pelle provocandogli un leggero brivido “vediamo come posso farti stare meglio”si sporse in avanti e gli posò un bacio su una guancia.
Alex si voltò e l’attirò seduta sulle sue gambe “Ti va di farlo qui? Mi eccita l’idea”
“Alex?”protestò.
“Non ti va di farlo tra i progetti?”
“Non posso”si rialzò “devo andare a lavoro”
“Dai, piccola”protestò.
“No, Alex, non insistere, sai che non ho tempo, tra un’ora sono di turno”
Lui sbuffò leggermente, ma Amber gli sorrise “Non fare i capricci, piccolo”
“Sì, mamma”la prese in giro.
“Sciocco, piuttosto, perché non vai a trovare il nostro vicino? Sembravate così in sintonia”
“William? Non so, sono già stato da lui, questo pomeriggio” distolse lo sguardo.
“Potresti invitarlo fuori, io questa sera ho il turno di notte”
“Non vorrei imporgli la mia presenza, in fondo, ci siamo appena conosciuti”la realtà era un’altra, aveva paura di quello che avrebbe provato nel rivederlo.
“Mi è sembrato molto aperto verso di noi, soprattutto verso di te, siete rimasti tanto tempo qui sotto, l’ultima volta”
“Era interessato ai miei disegni”le raccontò imbarazzato “ma non so se…”era tentato, ma dopo il modo in cui era scappato, si vergognava di ritornare da lui.
“Io ti consiglio di conoscerlo meglio, ora, devo andare, ci vediamo domani”gli posò un fugace bacio sulle labbra poi salì al piano superiore.
Alex decise di prendersi la sua meritata pausa e salì a sua volta aggirandosi per la casa ormai vuota. Si avvicinò alla finestra e sbirciò all’esterno. William era nel suo giardino con la pompa in mano, intento ad innaffiare le piante, indossava i pantaloni di una tuta e una canottiera blu. A quella vista sentì il cuore aumentare i battiti, ma perché anche il solo vederlo gli suscitava quel genere di emozioni?
“Will”mormorò con un soffio di voce, come se si vergognasse anche solo di pronunciare il suo nome ad alta voce.
Il biondo volse lo sguardo verso la finestra, quasi come se lo avesse udito e vedendolo, sorrise con dolcezza, ma dopo un attimo il suo sguardo fu attirato da qualcos’altro e il sorriso sparì, si voltò e rientrò in casa. Alex sospirò e si allontanò dalla finestra.
William, tornò in casa, a malincuore, ma non resisteva in giardino, non con quell’arpia che lo fissava, che controllava ogni suo movimento.
La vedova Rose Pattinson, abitava nella villetta accanto a quella di Alex e trascorreva gran parte della sua giornata a spiare i vicini e la cosa lo mandava fuori di testa, detestava chi si intrometteva nella vita degli altri.
Una volta in casa, spiò dalla finestra e la vide, quell’anziana signora, con i capelli stranamente ancora neri tenuti su con una quantità industriale di lacca e i buffi occhiali sul naso, sedeva ad un tavolino dietro la veranda con una tazza di the in mano. William strinse i pugni e tornò nel suo studio, aveva del lavoro da terminare, dei compiti da correggere, non poteva perdere tempo. Provò a concentrarsi, ma la mente continuava a vagare rendendoglielo impossibile, chiuse gli occhi, immagini dei minuti trascorsi insieme ad Alex si susseguirono una dopo l’altra facendolo sospirare. Giacevano sul divano, l’asciugamano di William era sul pavimento, Alex era steso su di lui, lo baciava con passione, mentre le mani lo sfioravano senza sosta, poi si era bloccato ed era scappato via balbettando qualcosa d’incomprensibile. Si sentì uno stupido, aveva forzato troppo le cose spaventando Alex. Strinse i pugni per la frustrazione e andò in cucina, aveva proprio bisogno di un the, poi, mentre lo sorseggiava pensò che gli sarebbe piaciuto riassaporare la torta al cioccolato preparata da lui. Incredibile, come ogni cosa gli ricordasse quel giovane ingegnere dagli occhi scuri e le labbra carnose e bisognose di essere accarezzate ed assaporate. Ritornò al suo lavoro, ma faticò a concentrarsi, così prese un foglio e scarabocchiò qualche frase. All’ora di cena decise che non resisteva oltre in quella casa così afferrò la giacca, le chiavi dell’auto e uscì diretto verso il centro, fermandosi davanti al primo pub che incontrò sulla sua strada.
L’atmosfera era accogliente, luci soffuse, musica soft, una leggera nuvola di fumo proveniva da un paio di uomini che fumavano seduti a un tavolo, altri tre uomini ridevano rumorosamente al bancone. William si diresse verso un tavolo in un angolo, non era molto in vena di fare conversazione.
Una cameriera carina, dai lunghi capelli castani e grandi occhi verdi, si avvicinò per prendere la sua ordinazione e lo fissò in attesa, sulle labbra un leggero sorriso “Cosa posso portarti?”
“Una birra chiara”mormorò puntando su di lei i suoi stupendi occhi blu “Grazie, dolcezza”
Lei ridacchiò e si allontanò verso il bancone lasciandolo solo con i suoi pensieri, ma tornò dopo qualche istante con una birra e delle noccioline.
“Ecco, se desideri altro…”e gli rivolse un sorriso ammiccante.
“Grazie”le strizzò un occhio e si portò la bottiglia alle labbra lanciando ogni tanto uno sguardo verso la porta d’ingresso, quasi come se si aspettasse di vedere entrare chi tanto bramava di rivedere, ma si sentì ridicolo anche solo per averlo pensato.
Era alla sua terza birra quando decise di averne avuto abbastanza, pagò e si alzò per andarsene, ma non ebbe fatto pochi passe che si scontrò con qualcuno che stava entrando “Mi scusi”mormorò alzando la testa e restò impietrito, davanti a lui c’era Alex che lo fissava sorpreso.
“Will?”
“Alex”la voce fu quasi un sussurro, non avrebbe mai sperato di incontrarlo in quel luogo.
“Stavi andando via?”gli domandò tristemente, gli sarebbe piaciuto trascorrere del tempo con lui.
“Veramente…”balbettò William, non sapendo cosa dire “io…”
“Non ti trattengo”si rese conto del suo nervosismo, ma William replicò “No, vieni”gli prese il braccio e lo trascinò verso il tavolo all’angolo. Alex gli sedette di fronte, ma era nervoso e tra loro sembrava si fosse eretto un muro inespugnabile.
William si sporse in avanti e fissandolo con i suoi grandi occhi blu gli domandò “Cosa bevi?”
“Una birra”gli rivolse un sorriso imbarazzato, era di una bellezza disarmante.
“Bene”William si alzò per andare al bancone e ordinare, le gambe erano come di gelatina, temeva quasi di cadere durante i pochi metri che lo separavano dalla sua meta.
Si appoggiò al bancone e si sporse verso la ragazza il cui nome, a giudicare dal cartellino che aveva appuntato sulla camicetta, era Daisy.
“Ciao, senti, mi daresti due birre chiare, Daisy?”le ordinò con la sua voce calda e dall’accento inglese.
“Tutto quello che vuoi, dolcezza”ridacchiò “come ti chiami?”
“William”
“Piacere di conoscerti, William, se dopo ti va di andare da qualche parte…”gli propose sbattendo le lunghe ciglia “io tra mezz’ora stacco”
“Mi piacerebbe, ma non posso”
“Ah, capisco”sbirciò oltre la sua spalla e notò Alex che li osservava con grande interesse “sei con quel moro? Ragazzo fortunato”
“Come? Non è come pensi”si affrettò a rispondere.
“Io non penso nulla, tesoro”replicò ammiccante “ma, se non stai con lui, potremmo divertirci”gli strizzò un occhio.
“Sarà per la prossima volta, piccola”le prese una mano e la baciò con galanteria.
Alex provò una fitta di gelosia quando lo vide flirtare con la ragazza al bancone, ma cercò di controllare i suoi sentimenti, non aveva alcun diritto su di lui.
William tornò con i due boccali e li appoggiò sul tavolo “Allora…cosa ti porta al Daisy’s?”gli domandò senza staccare gli occhi dal suo viso.
Alex alzò lo sguardo e si perse in quei laghi blu che lo avevano così affascinato, tanto che per qualche istante non riuscì a pronunciare neanche una sillaba, poi riprese il controllo del suo cervello e rispose “Ero solo, non resistevo più in quella casa, ho preso la macchina e…”si bloccò “mi sono ritrovato davanti a questo bar”
“Che fortuna”ridacchiò il biondo portandosi la birra alle labbra, adorava quella sua aria da cucciolo smarrito, dovette usare tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso davanti a tutti.
“Già, una vera fortuna, tu, invece?”
William alzò le spalle “Ne avevo abbastanza di correggere compiti pieni di errori, mi andava di bere e questo era il più vicino”
“Povero Will, sepolto da compiti di ragazzini senza talento”scoppiò a ridere.
Il biondo mise il broncio “Ehi, non prendermi in giro, non sai quello a cui devo assistere ogni giorno, se non l’amassi tanto io…”
“Lo so, scusa”cercò di ritornare serio, ma la sua espressione imbronciata era esilarante, sembrava quasi un bambino “Ti ammiro molto, immagino che il mestiere dell’insegnante sia complicato e pieno di responsabilità”
Nel prendere la sua birra gli sfiorò la mano con le dita e sentì una scossa attraversargli la schiena, lo fissò e vide che nei suoi occhi c’era una strana luce “Sai, Alex, speravo di avere del tempo per parlarti da solo”gli sussurrò accarezzandogli le dita con le sue.
“Will, finiscila”lo rimproverò a bassa voce, ritirando prontamente il braccio.
“Non posso, sei una vera tentazione”lo prese in giro.
Alex si portò la bottiglia alle labbra e bevve un lungo sorso “Siamo in un luogo pubblico, Will”
“Perché sei così nervoso? Guarda che non ho intenzione di saltarti addosso, non ora, almeno”ridacchiò leccandosi poi le labbra “magari, dopo, quando saremo al sicuro, nella mia camera da letto”aggiunse con un filo di voce.
“Smettila di scherzare”sentiva su di sé tutti gli sguardi delle persone presenti nel locale.
L’altro scoppiò a ridere “Sei così tenero quando sei imbarazzato, ti sto prendendo in giro, non sono un maniaco, Alex”
“Sei un vero cialtrone, Will”poi divenne terribilmente serio “dobbiamo parlare”
“Prima voglio darti una cosa”gli disse il biondo.
“Di cosa si tratta?”gli domandò stupito.
William cacciò un foglio piegato in quattro e glielo porse “Una poesia”
“Per me?”era esterrefatto “Grazie, ma non dovevi”
Lo prese, ma quando stava per aprirlo lo bloccò “No! Aspetta a leggerla, magari quando sarai da solo”.
“Va bene”e lo infilò nella tasca posteriore dei jeans.
“Allora, che volevi dirmi?” appoggiò la testa alla spalliera e attese.
“Will, riguardo a quello che è accaduto questo pomeriggio, voglio che tu sappia che è stato…”si bloccò incerto sulle parole da usare.
William alzò un sopracciglio, temeva avrebbe detto che si era trattato di un errore madornale.
“Stupendo”terminò la frase, gli pesava dover andare avanti.
“Sì, è stato stupendo”sorrise leggermente, poi restò in attesa della parte brutta, sentiva che quella frase serviva solo ad indorargli la pillola “scommetto che c’è un ma, vero?”
Annuì “Non dovrà più accadere”concluse con un tono che non ammetteva repliche “È stato un errore”
“Non è vero!”replicò a bassa voce “C’è una tale alchimia tra noi, non riesci a sentirla?”gli prese la mano e intrecciò le dita tra le sue “Non puoi rinunciare a quello che potrebbe esserci tra noi, sono sicuro che funzionerebbe se solo…”
“Se solo, cosa?”sciolse la mano dalla sua “Will, quello che è accaduto è stato dettato da un attimo di debolezza e non dovrà mai più succedere”continuò cercando di convincere soprattutto sé stesso della veridicità di quello che stesse asserendo “Capito?”
“Debolezza? È questo ciò che è stato per te?”il cuore di William si frantumò in mille pezzi, nonostante avesse temuto quelle parole “No, non ti credo”
“Mi dispiace, Will, ma è così, non posso darti quello che desideri”
“Tu non sai neanche lontanamente quello che…”sibilò cercando di mantenere la calma, di non lasciarsi andare, non poteva permettersi di esternare quello che provava, in quel locale.
“Will, io…”
“Lascia perdere, tu sei stato fin troppo corretto”replicò il biondo scuotendo la testa, ma dentro si sentiva morire “Non ne parliamo più”
“Vorrei che fossimo amici”sussurrò Alex dispiaciuto, forse l’avrebbe perso per sempre, ma non si pentiva di avere messo le cose in chiaro.
William distolse lo sguardo, si alzò in piedi, i pugni chiusi e gli occhi lucidi “Meglio che vada, domani ho lezione, buonanotte Alex, salutami la tua graziosa e…fortunata fidanzata”
Si mosse per allontanarsi, ma inciampò nella gamba del tavolo rischiando di cadere al suolo, ma Alex, prontamente, lo afferrò tra le braccia “Stai bene? Hai bevuto troppo, non puoi guidare”
“Lasciami”lo spinse via “andrò a piedi, ho bisogno d’aria”e senza aggiungere altro si allontanò barcollando.
“Will, non andartene”lo chiamò, ma lui uscì senza neanche voltarsi.
“Dannazione”imprecò sedendo nuovamente e finendo con un solo sorso la birra.
“Cosa è accaduto? Il tuo amico è scappato come una furia, aveva una fretta del diavolo a quanto pare”
“Lascia perdere”mormorò alzando lo sguardo “senti, me ne porteresti un’altra?”
La ragazza annuì e si allontanò scuotendo la testa.
Alex appoggiò la fronte sulla superficie del tavolo, maledicendosi mentalmente, lo aveva ferito, glielo aveva letto negli occhi e ora stava male per la freddezza con cui lo aveva trattato.
Daisy tornò con la sua birra e lui se la portò alle labbra bevendo un lungo sorso, aveva tutta la notte, nessuno lo attendeva a casa e l’ultima cosa che voleva era tornare in quella casa vuota.
In quel momento ricordò il foglietto che gli aveva passato William, lo cacciò e lo aprì leggendo

Quando ti chiedi cos'è l'amore
immagina due mani ardenti che si incontrano,

due sguardi perduti l'uno nell'altro,

due cuori che tremano

di fronte all'immensità di un sentimento,

e poche parole

per rendere eterno un istante *

Alex restò a fissare attonito quelle parole, erano bellissime e rispecchiavano perfettamente quello che era accaduto tra loro. Il cuore gli batteva come impazzito, ma perché quell’uomo gli faceva provare quel genere di sensazione? Perché non riusciva a dimenticarlo e ad andare avanti con la sua vita? Si sentì terribilmente in colpa per averlo lasciato andare via, William doveva essere chissà dove, ubriaco e senza nessuno che potesse restargli vicino.
Fu tentato di seguirlo e chiedergli scusa, ma le gambe non si decisero a muoversi e restò seduto fino alla chiusura del bar rileggendo mille volte quelle parole dettate dal cuore e che tanto lo avevano colpito.


*Poesia di (Alain Douar)

sabato 16 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 2




Capitolo II

La sera seguente, William si presentò a casa della coppia in perfetto orario e da gentiluomo quale era, portò una pianta di ciclamini rosa per la ragazza che restò molto impressionata da quel gesto così gentile e galante. William indossava un paio di jeans scuri e una polo rossa, mentre i padroni di casa avevano optato per un semplice abito lilla lei e una camicia bianca e jeans lui.
“Ciao Will, benvenuto”Alex gli sorrise.
“Grazie per l’invito, abito in questo quartiere da un anno, ma nessuno mai mi ha invitato a cena”
“Davvero?”lo condusse in salotto.
“Sì, ma non importa, non c’era nessuno con cui valesse la pena fare amicizia”replicò “almeno, fino a ora”aggiunse con un sorriso.
Alex ricambiò il sorriso, poi distolse lo sguardo e gli propose “Ti va di vedere il mio studio?”
“Certo”gli occhi del biondo si illuminarono.
“Amber, porto William a vedere il mio studio”le annunciò entrando in cucina seguito dal giovane
Aprì una porta e accese una luce “Si trova nello scantinato”
“Ah, ok”mormorò l’altro scendendo le scale.
William si guardò intorno meravigliato nel vedere decine di rotoli ammassati e ogni genere di progetti e modellini.
“Questo è il mio studio, se così si può definire, ma è un vero caos, per questo Amber non scende quasi mai”commentò “per fortuna, dovrei aggiungere perché ha la mania dell’ordine, non troverei più nulla se dovesse mettere mano a qualcosa”ridacchiò seguito da William.
“Sono impressionato, sembrano stupefacenti”si avvicinò ad un tavolo sul quale era aperto un progetto che occupava quasi tutta la superficie “e questo?”
“L’ultimo progetto che mi è stato assegnato, un palazzetto dello sport, in una cittadina qui vicino”si portò alle sue spalle
“Per questo, vi siete trasferiti?”
Alex annuì e aggiunse “Dovrei terminarlo tra qualche mese, ma, come ben vedi, sono indietro con il lavoro”
“Sono certo ce la farai”mormorò voltandosi di scatto e guardandolo con una strana luce negli occhi.
“Lo spero”aggiunse rendendosi conto della loro vicinanza, i loro visi potevano quasi sfiorarsi.
“Sarà meglio tornare di sopra”indietreggiò di un passo, ma inciampò in un rotolo che era scivolato al suolo.
William si accorse che stava per perdere l’equilibrio e gli circondò la vita con un braccio, ma non riuscì a fermarlo e fu trascinato al suolo ritrovandosi steso su di lui tra un mare di scartoffie.
“Ti sei fatto male?”gli domandò il biondo fissandolo con apprensione, gli tastò leggermente la nuca con la mano.
“No, ho la testa dura, ma non potrei dire lo stesso della mia schiena”ridacchiò, ma quel contatto lo turbò “e tu? Stai bene? Mi spiace di averti trascinato con me”
“A me no”replicò senza staccare gli occhi dai suoi “sto bene su di te”
“Come?”balbettò incredulo.
“Niente”scosse la testa, si alzò e gli porse una mano per aiutarlo “meglio tornare prima che la tua metà torni a reclamarti”
Il giovane annuì arrossendo e non riuscì a togliersi dalla testa quello che era appena accaduto. Ritornarono in cucina e quando Amber gli chiese il motivo del suo strano rossore, raccontò quello che era accaduto arricchendolo di particolari esilaranti per divertirla.
La cena si svolse tra un racconto e l’altro, Amber parlò del suo lavoro, di come lei e Alex si fossero conosciuti, in fila al botteghino del cinema, una sera in cui lui era stato bidonato dal suo appuntamento al buio e di come lei, un paio di passi dietro, incuriosita da quel ragazzo goffo che ogni tanto controllava l’orario al suo orologio, gli aveva rivolto la parola ed erano finiti per sedersi vicini continuando a chiacchierare.
Alla fine del film erano andati a prendere una cioccolata e si erano scambiati i numeri. Amber aggiunse che non aveva neanche voltato l’angolo che lui l’aveva richiamata.
“Eri così tenero, amore”si strinse a lui “se non lo avessi fatto ti avrei chiamato io, Alex”
Il giovane sorrise “Come potevo lasciarmi scappare la ragazza più carina di New York?”replicò.
“Che bella storia”dichiarò William “siete molto innamorati”
“Sì, lo siamo”Amber intrecciò le dita a quelle del suo fidanzato, poi si morse le labbra, era terribilmente curiosa di sapere qualcosa di più sul suo nuovo vicino, ma Alex le aveva fatto promettere che non avrebbe domandato nulla sulla sua vita sentimentale.
Resistette alla tentazione e gli domandò “Hai scritto qualche nuova poesia ultimamente, William?”
“Sì, una proprio ieri”rispose posando le iridi su Alex “spero di pubblicare presto una seconda raccolta”
“Hai pubblicato qualcosa, quindi”intervenne il moro.
“Sì, due anni fa”
“Alex mi ha detto che insegni al liceo della città”continuò il suo interrogatorio.
“Sì, inglese, anche se mi piacerebbe poter vivere con la mia poesia”confessò candidamente.
“Un mestiere difficile”aggiunse Alex rapito dalle sue parole.
“Se ti va, uno di questi giorni, potrei farti leggere qualcosa”gli propose William con entusiasmo.
“Sì, certo”replicò con un sorriso, non era un grande estimatore della poesia, ma era certo che quelle scritte da lui gli sarebbero piaciute.
“Sempre se a te non dispiace che prenda in prestito il tuo fidanzato”si rivolse ad Amber.
“Io sono sempre in ospedale, mi fa piacere se non resterà solo con quei dannati progetti che lo fanno diventare isterico”replicò lei alzando le spalle.
“Non sono dannati e non mi fanno diventare isterico”protestò seccato alzando la voce “si tratta del mio lavoro e si dia il caso che a me piaccia, Amber”gli dava fastidio che parlasse male del suo lavoro, soprattutto davanti ad un estraneo.
“Ragazzi, non litigate”William cercò di calmare le acque e i due cercarono di abbozzare per non fare una scenata davanti a lui.
Alex borbottò qualcosa di incomprensibile e la ragazza distogliendo lo sguardo dal fidanzato mormorò “Ne riparliamo dopo”si alzò per tornare in cucina a prendere il dolce.
“Scusa”arrossì Alex.
“Non importa, non è stato nulla”abbozzò un sorriso “sembrate molto uniti e un semplice battibecco non causerà danni, almeno spero”appoggiò la mano calda su quella di Alex.
“Will”si perse in quelle pozze blu, socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma il ritorno di Amber lo costrinse a tacere e a ritirare prontamente la mano.
La ragazza tagliò tre fettine della torta al cioccolato e la prima la porse all’ospite.
Gli occhi di William s’illuminarono e, quando portò alle labbra la forchetta, gemette, era semplicemente sublime “Deliziosa, l’hai fatta tu?”domandò alla ragazza.
“No, Alex”sfiorò la guancia del fidanzato “è un genio, vero? Io sono negata ai fornelli, mentre lui cucina pressoché tutto”
Il biondo ne fu impressionato “Sei davvero bravo, sai? Non ho mai mangiato niente di così buono, avresti potuto aprire una pasticceria”si leccò le labbra senza staccare gli occhi dal viso del suo interlocutore.
“Dai, non esagerare, Will”la sua vicinanza era una tortura, ogni suo gesto era terribilmente erotico e tentatore. Imprecò mentalmente, ma Amber lo richiamò “Alex? A che pensavi? Sembravi lontano anni luce. Non hai sentito quello che ti ha chiesto William?”
“Scusa, era sovrappensiero, cosa hai detto?”
“Volevo sapere quale è il dolce che ti riesce meglio, ma, a giudicare da quello che provano le mie papille, credo sia questa al cioccolato”commentò William portando alle labbra la forchetta.
“Non so, la mia preferita è la crostata di mirtilli, ma non saprei dirti se è quella che mi viene più buona”
“Adoro i mirtilli, ma il cioccolato resta uno dei miei peccati”commentò con voce calda e ammiccante.
“Sì, il cioccolato è…”tossì “peccaminoso”concluse con un filo di voce.
Amber si alzò per sparecchiare e William fece per seguirla, ma lei lo bloccò “No, sei un ospite, resta qui con Alex”
“Non vuoi una mano?” si offrì il fidanzato, ma la ragazza era già sgattaiolata via con i piatti sporchi.
“Sai, non credevo che un ingegnere edile potesse essere così bravo a cucinare dei dolci”lo adulò.
Il bruno sogghignò “Sono un uomo pieno di sorprese”
“Non stento a crederlo”mormorò languido “hai altre qualità nascoste?”
“Forse”
“Magari, un giorno mi dirai quali sono”si sporse in avanti appoggiando il mento su una mano.
“Vedremo, tu, invece? Hai qualche qualità nascosta?”
“Parecchie”rispose senza modestia.
Alex scoppiò a ridere seguito da lui che aggiunse “Devi farmi provare un altro dei tuoi capolavori, anche se, dovrei stare attento alla linea, non ho ancora trovato una palestra decente in questo buco di città”
“Io non ho ancora avuto modo di cercarla, siamo qui da poco, ma ho intenzione di tenermi in forma, sto prendendo qualche chilo”si toccò il ventre.
“Io trovo tu stia bene, proporzionato e un paio di chili cosa vuoi che siano?”lasciò vagare lo sguardo lungo il corpo del ragazzo.
Il giovane arrossì e troncò quell’argomento “Potrei farti la crostata di mirtilli, allora, visto che piacciono anche a te”
“Sarebbe perfetto, sembra abbiamo molte cose in comune”si alzò “ora, dovrei andare, vi ho annoiato con la mia presenza fin troppo”
“No, ma che dici? Sei tutt’altro che noioso, Will”
“Ti ringrazio, Alex”si avviò verso la cucina per salutare Amber “Siete stati molto gentili, ma è ora di andare”
“Ti accompagno”Alex gli appoggiò una mano sulla spalla e lo accompagnò fino alla porta d’ingresso.
Una volta all’esterno calò un silenzio imbarazzante tra i due, poi ad un tratto parlarono entrambi “Allora…io”e scoppiarono a ridere.
“Prima tu”gli disse William fissandolo con i suoi grandi occhi blu.
“Sono contento tu sia venuto”
“Anche io ne sono stato felice”mormorò “e la tua cucina è davvero squisita, Alex”
“Grazie”arrossì, non era abituato a così tanti complimenti da parte di un altro uomo “è una cosa che mi piace”
“Vedo, ma anche io non me la cavo male tra i fornelli, sai?”
“Davvero? Spero che allora, un giorno, ricambierai il favore”si autoinvitò a casa sua.
“Con piacere, ti farò il filetto in salsa al vino rosso, vedrai, ti leccherai le labbra”posò sullo sguardo sulla sua bocca socchiusa, quasi come se non sapesse come agire, poi alzò lo sguardo, due pozze scure lo scrutavano come se volessero leggergli dentro l’anima.
“Ora vado”balbettò e si avviò con passo veloce lungo il vialetto. Alex lo osservò rientrare, poi sospirò e chiuse la porta, tornando da Amber, l’osservò pulire i piatti e si sentì in colpa. Le arrivò alle spalle circondandole la vita con un braccio “Mi dispiace per aver alzato la voce, tesoro”si scusò lui.
“Dispiace anche a me, non volevo sminuire il tuo lavoro davanti a William”mormorò voltandosi e baciandolo.
“Lascia stare, non importa”le sfiorò le labbra con un dito, poi la trascinò verso la camera da letto, aveva voglia di fare l’amore con lei.
I giorni trascorsero veloci, senza che i due giovani avessero più modo di rivedersi, William restava chiuso in casa a scrivere, mentre Alex era immerso nel lavoro tanto da non avere tempo per passare dal giovane come gli aveva promesso. Giunse il week end e il giovane Alex decise di recarsi da William per fargli una visita, visto che era solo in casa e si annoiava. Afferrò la giacca e attraversò la strada, le luci erano accese, sbirciò da una finestra, ma di lui non c’era traccia. Fece per allontanarsi dalla finestra quando lo vide, stava scendendo le scale di corsa, con un semplice asciugamano legato alla vita. Sgranò gli occhi davanti alla sua bellezza mozzafiato, lasciò vagare lo sguardo lungo il suo corpo muscoloso, fino agli addominali scolpiti e si ritrovò eccitato. William si avvicinò al tavolino nell’ingresso, sul quale si trovava il cellulare che stava squillando come impazzito. Rispose e cominciò a gesticolare nervosamente, ma da fuori, Alex non riuscì a sentire cosa stesse dicendo, poi improvvisamente lo udì urlare “Vai al diavolo”.
William riattaccò sbattendo con forza il telefonino sul legno, Alex scattò come una molla indietreggiando per non farsi vedere, ma inciampò in un vaso e perse l’equilibrio cadendo all’indietro. Si sentì un rumore e lui imprecò, il vaso era in pezzi.
“Cazzo”imprecò “William mi ucciderà”
Si alzò e cominciò a raccogliere i cocci, sperava di portarli via per impedirgli di accorgersene, ma finestra si aprì e la sua testa bionda fece capolino.
“Alex?” era davvero stupito di vederlo in quella posa così inusuale.
Il bruno arrossì imbarazzato, William era ancora a torso nudo, cercò di abbassare lo sguardo, ma non ci riuscì e balbettò qualche scusa “Vedi…io…”
“Che fai lì?”gli domandò con gli occhi che brillavano come zaffiri.
“Sono inciampato”rispose solo “scusa, ti ho rotto il vaso” con occhi tristi gli mostrò un coccio, ma le labbra del padrone di casa si aprirono in un sorriso “Non importa, è solo un vaso, ne ho tanti, dai, entra”e la sua testa sparì dalla finestra.
La porta d’ingresso si aprì e William apparve, tenendosi l’asciugamano con una mano “Scusami, ma ero sotto la doccia quando è squillato il telefono”
“Se vuoi, torno in un momento più appropriato”
“No, non importa, entra, è tanto che non ci vediamo”lo lasciò entrare e gli si avvicinò maggiormente “mi sei mancato, Alex”
“Anche tu”balbettò, aveva sentito immensamente la sua mancanza.
“Davvero?”chiuse la porta e lo spinse contro il legno pressandosi su di lui.
“Will? Cosa…?” sentì l’erezione del giovane premergli contro la coscia e ansimò chiudendo gli occhi “non farlo”
“Mio dio, Alex”gemette muovendosi contro di lui “non sai cosa mi fai”.
Il moro riaprì gli occhi “Cosa mi sta accadendo, Will?”
“È la stessa cosa che sta accadendo a me”replicò inumidendosi le labbra “si chiama desiderio”
“Non posso provarlo, è sbagliato”obiettò.
“So che ami Amber, ma questo non cambia quello che provi per me”insistette sfiorandogli le labbra con le sue “non lo senti?”
“Sì”sussurrò percependo la sua erezione attraverso la stoffa dell’asciugamano, poi inclinò la testa da un lato e lasciò che lo baciasse.
La bocca di William si posò ferma su quelle di Alex, poi con la lingua domandò accesso e finalmente il moro aprì le labbra per accogliere quel bacio che aveva atteso fin dal primo momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lui.
Il cuore di Alex fece un balzo nel petto, le gambe gli divennero come gelatina e il cervello smise di formulare pensieri coerenti.
William approfondì quel bacio allacciando la lingua alla sua, mentre le mani gli s’insinuarono sotto la camicia sfiorandogli il torace.
Alex riuscì a ritrovare un barlume di lucidità e lo allontanò “Will, non possiamo”
“Perché?”
“Io…”non riuscì a trovare una scusa valida.
“Lasciati andare”gli sussurrò in un orecchio.
Alex lo fissò per qualche istante e poi prese la sua decisione.

venerdì 15 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 1


*Immagine di Youka Nitta

Come promesso posto nuovamente questa bellissima storia d'amore che mi ha procurato emozioni e batticuori. Spero che vi piaccia questa nuova versione anche se i cambiamenti si noteranno più avanti.
Buona lettura!!!!!!!

IL POETA DELLA PORTA ACCANTO

Capitolo I

Era il crepuscolo di una giornata autunnale, una macchina color grigio metallizzato parcheggiò nell’ampio parcheggio del market, la portiera si aprì e ne fuoriuscì un ragazzo sui venticinque anni, con capelli castani e grandi occhi scuri.
Chiuse la portiera con un tonfo e si avviò verso il Market, doveva comprare lo yoghurt per la sua fidanzata e ne avrebbe approfittato per prendere del gelato per sé. Lo aveva chiamato per ricordarglielo e doveva sbrigarsi se non voleva sorbirsi le sue lamentele per tutta la sera. Si erano trasferiti a Kearny solo una settimana prima e ne aveva già abbastanza di quella cittadina di provincia essendo abituato ad una metropoli come New York. Attraversò le porte automatiche e senza guardarsi intorno si diresse verso i frigoriferi, il locale era semideserto, guardò l’orologio che portava al polso, erano quasi le 7 e voleva essere a casa al ritorno di Amber per farle dimenticare il lungo turno di lavoro in ospedale. Sorrise eccitandosi al solo pensiero, Amber era sempre pronta per del sano sesso post lavoro e lui non poteva chiedere di meglio. Si avvicinò e sospirò afflitto, vi erano molte varietà di yoghurt, ma per lui una valeva l’altra, così ne prese due confezioni alla fragola e ciondolò fino ai freezer, meritava una vaschetta di gelato, si posizionò davanti ai frigoriferi e osservò con attenzione i vari gusti, c’era da perdere la testa dalla varietà, sembravano tutti appetitosi e non aveva la minima idea di quale scegliere. Dalle labbra gli uscì un gemito e appoggiò la fronte contro il vetro del freezer, ma in quel momento sentì una presenza alle sue spalle e s’irrigidì tornando a fissare i contenitori e a cercare di decidere quale prendere, forse cioccolato, sì, quello era il migliore, oppure fragola.
“Hai intenzione di restare lì tutta la sera?”gli domandò una voce maschile, dal marcato accento.
Il giovane si voltò di scatto e trattenne il fiato per qualche istante, davanti a lui c’era l’uomo più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita. Abbastanza alto, sui trent’anni, occhi di un blu profondo da poterci annegare, capelli ricci del colore del miele, zigomi pronunciati e labbra carnose. Lasciò vagare lo sguardo lungo il fisico dello sconosciuto, era magro, ma ben fatto, stretto in una maglia rossa che lasciava intravedere dei pettorali sodi e dei jeans chiari, strappati sulle ginocchia, giacca di pelle nera lunga fino alla vita e completava il quadro un paio di anfibi. Riportò lo sguardo sul suo viso perfetto e sentì le guance in fiamme, che gli stava accadendo? Perché continuava a fissarlo in quel modo? Lui era etero, aveva una ragazza, ma, per qualche arcano motivo, non riusciva a staccare gli occhi da quel giovane.
Il biondo sorrise per qualche istante ricambiando lo sguardo, poi puntò i suoi occhi blu in quelli scuri del giovane “Allora? Ti serve del gelato o t’interessa solo rinfrescarti un po’?”
La sua voce lo costrinse a ritornare con i piedi per terra e a fissarlo con gli occhi sgranati “Cosa? No, mi scusi”spalancò lo sportello e afferrò una vaschetta a caso, scappando verso la cassa.
Pagò la sua spesa e uscì dal negozio, ma era turbato, quasi eccitato.
Imprecò a bassa voce “Sei un idiota, hai Amber, non puoi pensare ad uno sconosciuto”si rimproverò mentalmente per la figura d’idiota che doveva aver fatto davanti a quel tipo.
Cercò le chiavi in tasca, ma la testa era altrove, stava per infilare la chiave nella toppa quando da lontano udì quella stessa voce che lo aveva tanto turbato “Senti, scusa?”
Voltò la testa e lo vide avvicinarsi di corsa, il cuore del giovane cominciò ad accelerare i battiti e le mani a sudare. Lo fissò in attesa, infilando una mano nei capelli scuri.
“Ciao”si fermò davanti all’auto e abbozzò un sorriso.
“Posso fare qualcosa per lei?”domandò Alex cercando di mantenere una parvenza di freddezza.
“In realtà, sono io che posso fare qualcosa per te”cacciò la lingua tra i denti “ti sono cadute queste”e gli mostrò un mazzo di chiavi con un portachiavi a forma di pipistrello.
Alex spalancò gli occhi, erano le sue chiavi di casa “Cavoli, grazie, devono essermi scivolate dalla tasca nel prendere il portafoglio”balbettò leggermente cercando di non guardare quelle pozze cristalline che lo mettevano a disagio.
“Per fortuna le ho trovate io”mormorò con voce calda porgendogli il mazzo.
“Già, una vera fortuna” gli sorrise allungando la mano, le loro dita si sfiorarono e il bruno la ritirò come scottato “Grazie”
“Scusa, non mi sono presentato, William Bradford”gli porse la mano.
“Alexander James, ma i miei amici mi chiamano Alex”gliela strinse non senza imbarazzo.
“Sei nuovo in città, Alex?”utilizzò il diminutivo quasi come se si sentisse ormai suo amico e la cosa provocò un serio turbamento nel giovane “Non mi sembra di averti mai visto”
“Come? Sì, ci siamo trasferiti da una settimana”si sentiva un vero idiota, balbettare in quel modo come un adolescente, ma che gli prendeva?
“Siamo?”aggrottò la fronte “Tu e tua moglie?”
“No, non sono sposato, convivo con la mia ragazza”arrossì imbarazzato, non era abituato a parlare di cose private con qualcuno appena conosciuto.
“Capisco, benvenuti in città, allora”gli rivolse un ennesimo sorriso.
“Grazie”
“Ci rivedremo, di certo”e, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata, si voltò per allontanarsi.
Alex entrò nell’auto e ansimò, quell’uomo gli faceva battere il cuore come se fosse un adolescente alla prima cotta. Scosse la testa e mise in moto, dallo specchietto retrovisore vide la testa bionda di William sparire all’interno di una jeep nera e restò lì a fissarla fino a quando non partì. Strinse le mani sul volante e partì a sua volta, a casa lo attendeva la sua adorata e favolosa fidanzata, niente altro doveva contare per lui.
Quando giunse alla villetta che avevano preso in affitto, parcheggiò l’auto di fronte al vialetto ed entrò senza guardarsi intorno, la strada sembrava deserta, ormai tutti i suoi vicini dovevano essere in casa per la cena.
Amber era con la testa immersa in uno scatolone, non lo udì neanche entrare intenta com’era a cercare qualcosa che sembrava introvabile.
“Ma dove sei? Vieni fuori”mormorò lei.
“Amber?”la chiamò facendo capolino dalla porta e vedendola accovacciata sul pavimento e la testa nella scatola “Tesoro?”
La ragazza alzò la testa e una massa di capelli ricci e biondi apparve ad incorniciare un viso delicato e candido. I suoi occhi blu come il cielo si puntarono su di lui stupiti, poi un sorriso le apparve sulle labbra carnose e rosse. Si alzò sistemando la minigonna che lasciava scoperte le lunghe gambe e lo raggiunse accogliendolo con un tenero bacio “Ciao tesoro”
“Cosa cercavi, piccola?”le domandò stringendo a sé quel corpicino formoso che tanto amava.
“Il cavatappi”
“A che ti serve?”le domandò sorpreso.
“Ad aprire una bottiglia di vino”
“Ottimo, l’hai comprata tu?”le chiese, sapeva che non ce n’erano in casa.
“No, me l’ha portata uno dei nostri vicini, è stato gentile, vero?”le raccontò entusiasta, la vita di provincia non era poi così brutta come aveva immaginato.
“Davvero? Sì, molto gentile, devo ammetterlo, qui, sembrano tutti così cordiali”rammentò l’uomo che aveva incontrato pochi minuti prima.
Prese in braccio lo scatolone nel quale la ragazza stava rovistando e l’appoggiò sul tavolo, vi infilò il braccio e in un attimo trovò il cavatappi.
“Grazie, amore”lo baciò dolcemente e si diresse verso la cucina seguita da lui “Come farei senza di te?”
“Perché non vai a ringraziare?”gli propose.
“Certo”annuì “mi sembra il minimo, è stato gentile, ma dove abita?”
“La villetta di fronte alla nostra, ha il vialetto con delle piante di rose e dei gelsomini rampicanti sulla facciata. Sai, amore, ci sanno davvero fare con il giardino, dovremmo chiedergli il nome del loro giardiniere, magari potranno fare un miracolo con il nostro, nessuno di noi due ha, di certo, il pollice verde"
“Che tipi sono?”domandò Alex sbirciando dalla finestra.
“Io ho visto solo lui, ma immagino sia sposato, ha un anello al dito. È molto bello, inglese a giudicare dall'accento. Fa lo scrittore, credo o qualcosa del genere”
“Forte, magari, è famoso”ridacchiò il ragazzo “Senti, forse dovremmo sdebitarci”
“Invitali a cena domani”gli propose Amber alzando le spalle “Lui sembra molto simpatico”
“A cena?”domandò non molto convinto.
“Non saranno certo dei serial killer, Alex, dai, sono stati gentili a portarci il vino”insistette la ragazza spingendolo quasi fuori la porta.
“Va bene, vado, ma se finiamo sbudellati io te l’avevo detto”e sgattaiolò fuori, ma la risata cristallina di Amber lo raggiunse costringendolo a scuotere la testa.
Una volta sul pianerottolo si guardò intorno per individuare la casa e la vide, era proprio di fronte alla loro, attraversò la strada e percorse il pianerottolo. Il giardino era bellissimo, piante di rose, margherite e altri tipi di fiori che lui non conosceva ornavano ogni lembo di prato e la facciata della casa era completamente ricoperta di gelsomini bianchi. Alzò la testa per vedere se ci fosse qualcuno alle finestre del piano superiore, ma non vide nessuno. Prese coraggio e bussò al campanello, attese, ma non udì alcun rumore all’interno. Quando stava per rinunciare, la porta si aprì e Alex sgranò gli occhi, davanti a lui c’era l’uomo che aveva incontrato al market. I ricci biondi gli incorniciavano il viso e sul naso indossava un paio di occhiali dalla montatura leggera.
Gli occhi blu erano sgranati, doveva essere anche lui sorpreso di vederlo lì davanti alla sua porta, ma poi le labbra si aprirono in un sorriso.
Alex sentì le gambe diventare come gelatina e il cuore accelerare i suoi battiti, non riusciva a muoversi o a proferire parola, ma fu William a toglierlo dall’imbarazzo parlando per primo.
“Salve, non pensavo ci saremmo rivisti così presto, Alex”sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi e perfetti “Come sapevi che abitavo qui?”
“In realtà, io…”balbettò imbarazzato, non credeva ricordasse il suo nome, ma suonava così bello pronunciato da lui.
Si sentì un completo idiota e la sua reazione non contribuì a migliorare la situazione, William scoppiò a ridere “Prendi fiato, Alex, non mordo mica”lo prese in giro.
“Io abito qui di fronte”indicò la villa alle sue spalle.
“Davvero? Siamo vicini?”il tono era interessato.
“Pare di sì”mormorò avvicinandosi di qualche passo “Volevo ringraziarla del vino e…”ma fu bloccato dall’altro che gli appoggiò una mano sul braccio e gli ordinò quasi “Dammi del tu, ti prego, credo abbiamo quasi la stessa età”
“Certo, scusa”arrossì imbarazzato, non era da lui essere così imbranato “Ti ringrazio per il vino, è stato molto gentile da parte tua e di tua moglie. Amber e io vorremmo invitarvi a cena, domani sera”rispose.
William lo fissò stranito, poi lo invitò ad entrare “Accomodati, mi farebbe piacere”
“Veramente, dovrei tornare”mormorò, senza molta convinzione.
“Solo un attimo”insistette aprendo maggiormente la porta per lasciarlo passare.
“Okay” Alex varcò l’uscio e William lo introdusse in una stanza che lui ipotizzò essere il suo studio, era arredata in stile antico, una libreria occupava un’intera parete, mentre una scrivania era in un angolo, sulla quale vi era un computer acceso e una catasta di libri di ogni dimensione.
“Io qui creo”parlò attirando la sua attenzione.
“Amber mi ha detto che sei uno scrittore”
“Veramente, non è esatto”lo corresse “Scrivo poesie, ma in realtà, è solo un hobby per me”
“Rendono molto?”
“No, purtroppo, per questo insegno, le poesie non pagano le bollette. Tu cosa fai?”gli domandò scrutandolo con interesse.
“L’ingegnere edile”
“Interessante, ti va qualcosa da bere?”gli offrì avvicinandosi ad un mobile
“No, grazie, senti, ora devo andare, ma per la cena?”
“Ci sarò”acconsentì rivolgendogli un sorriso dolcissimo, gli occhi blu brillavano come due zaffiri.
“E tua moglie?”domandò lasciando vagare lo sguardo lungo il corpo fino alla mano sinistra, portava un cerchietto d’oro.
“Lei non…”puntò gli occhi blu nei suoi nocciola e terminò la frase “non abita qui, siamo separati da tempo, ormai”
“Oh, mi spiace, io…”si sentì in imbarazzo “scusa non sapevo, ho visto l’anello e ho concluso che…”continuò a blaterare scuse, ma William non sembrò arrabbiato, anzi gli rivolse un sorriso “Non potevi saperlo”con un dito sfiorò la veretta d’oro “dimentico quasi di portarla, l’abitudine”alzò le spalle.
“Capisco, deve essere stata molto dura, ma presto starai meglio”si sentì vicino a lui, avrebbe tanto voluto farlo sentire meglio, ma la sua educazione gli impediva di intromettersi nella sua vita “Scusami, non sono affari miei, ora devo andare”e fece per allontanarsi, ma William lo bloccò per un braccio “No, non preoccuparti”
“Sei troppo cortese per dirmi di farmi in fatti miei”abbassò lo sguardo intimidito.
“No, te lo direi se lo pensassi, Alex, ma non è così”
Il giovane annuì e si guardò intorno, ovunque tranne che lui, il cuore gli batteva come impazzito, doveva uscire da quella casa, ritornare nel suo nido rassicurante e tra le braccia della sua adorata Amber prima che fosse tardi che cominciasse a convincersi di qualcosa che in realtà non esisteva “Molto bella la tua casa, Will”
“Grazie, anche la tua, per quel poco che ho visto e anche la tua ragazza è molto bella, state insieme da molto?”
“No, non è neanche un anno”
“Elisabeth vive a Londra”
“Anche tu sei inglese, vero?”aveva un accento che non passava inosservato
“Sì, mi sono trasferito in America un anno fa, ma a lei non piaceva e così, è tornata nel suo paese natale”continuò il suo racconto con tristezza nella voce, ma Alex ebbe il sentore che ci fosse molto di più.
“Mi spiace molto”mormorò solo, in fondo, non erano affari suoi.
Le distanze tra loro si erano accorciate, William aveva ancora la sua mano sul suo braccio, che ormai bruciava sotto il suo tocco. Stava per parlare quando, improvvisamente, sentì una vibrazione nella tasca dei pantaloni, era il suo cellulare. Scattò, facendo un passo indietro e liberandosi dal suo tocco “Ciao, tesoro, sì, sto venendo, hai ragione, scusa”
Alzò lo sguardo verso l’uomo biondo che gli era accanto e notò che lo fissava con uno strano sguardo, poi si allontanò di qualche passo per lasciargli un po’ di privacy.
“Devo andare”gli annunciò una volta che ebbe chiuso la comunicazione, si avviò, seguito da Willam, verso l’ingresso e lo salutò “A domani, allora”
“Sì, verso che ora?”
“Alle sette”gli rivolse un sorriso amichevole e si avviò lungo il vialetto.
Si voltò e lo salutò con un cenno della mano fino a quando non attraversò la strada e non entrò nella sua villetta.

lunedì 11 maggio 2009

Nuova versione de "Il poeta della porta accanto"

Dopo una pausa dovuta al mio viaggio a Londra ho deciso di riprendere Il poeta della porta accanto e di stravolgerlo, ma soprattutto di modificare il finale. Spero che vi piaccia anche questa versione perchè sto cercando di renderlo più bello e più coinvolgente mettendoci tutta me stessa e spero di non deludere coloro che hanno tanto amato la storia di Alex e William.
Presto lo terminerò e comincerò a postarlo di nuovo.
Vi attendo numerosi.

giovedì 7 maggio 2009

Spike's pet capitolo 3 NC17



Era ancora immerso nel sonno più profondo quando qualcosa di gelido gli sfiorò il collo facendolo rabbrividire. Mormorò qualcosa, continuando a tenere gli occhi chiusi, ma quando qualcosa gli si pressò contro la schiena sorrise, continuando a restare immobile.
Dita gelide s’insinuarono sotto la maglia accarezzandogli la pelle calda, poi due labbra gli si posarono sul collo deponendo una serie di piccoli baci.
Xander gemette e si voltò aprendo finalmente gli occhi e trovandosi due pozze blu che lo fissavano bramose, il suo Spike era tornato.
“Ciao, cucciolo, ti ho per caso svegliato?”il vampiro sorrise malizioso.
“Sì, ma è stato un dolce risveglio”gli portò un braccio dietro la nuca e lo attirò a sé per baciarlo con passione.
Spike si spinse all’interno degustando il suo sapore e godendo del suo calore umano. Gli alzò la maglia insinuando la mano e scendendo lungo il ventre fino al bordo dei jeans.
“Dove sei stato, cucciolo? Hai rivisto i luoghi della tua infanzia?”gli domandò tra un bacio e l’altro “hai rincontrato i tuoi amichetti?”
Xander s’irrigidì, non sapeva se rivelargli di aver rivisto Angel o meno, non voleva ferirlo, ma neanche nascondergli qualcosa di così importante “Ho rivisto Will, non credevo si trovasse ancora a Sunnydale”
Spike si rese conto che aveva qualcosa di strano, puntò su di lui i suoi penetranti occhi azzurri e gli domandò “Che hai? Sento che non mi stai dicendo tutto, sai che non puoi mentirmi”
Xander distolse lo sguardo e si morse il labbro inferiore.
“Cucciolo? Non farmi perdere la pazienza, sai che non ti conviene. Hai rivisto tuo padre? Ti ha fatto qualcosa?”c’era ansia rabbia nella sua voce per quello che temeva potesse essere accaduto.
“No”scosse la testa prontamente “io… vedi…cazzo, non volevo che…”
“Xander?”
“Ho incontrato Angel, Spike”gli confessò finalmente.
Il sorriso morì dalle labbra del vampiro e si scostò leggermente “Come? Angel? È morto, cucciolo, non può…”
Il giovane incontrò nuovamente i suoi occhi e Spike capì che era tutto vero. Strinse i pugni e gli occhi gli divennero come due fessure “Come è possibile? Angelus è morto”
Scattò in piedi e cominciò a camminare su e giù per la stanza come un leone in gabbia.
“Spike?”sedette in mezzo al letto, ma il vampiro non gli prestò attenzione “Spike, parlami, ti prego”
“Era morto, la cacciatrice lo ha mandato all’inferno, non può essere vivo”mormorò continuando a camminare “dannazione”
“Non lo so come è tornato, ma è a Sunnydale e…”
“E cosa?”finalmente si voltò verso di lui.
“Ha riacquistato l’anima, non è più Angelus”gli spiegò.
“Sì, certo, questo è quello che ha voluto farti credere, ma la verità e che lui è un vero bastardo manipolatore”
“No”scosse la testa “l’ho visto, era diverso, nei suoi occhi non c’era la crudeltà di un tempo e poi, tremava, non si nutre da tempo, ho dovuto costringerlo a nutrirsi”
Udì un ringhio e Spike fu su di lui pressandolo con forza contro il materasso “Tu hai fatto cosa?”
“Io…”balbettò spaventato dalla sua reazione “l’ho costretto a nutrirsi”
“Gli hai dato il tuo sangue?”controllò se aveva segni di morsi.
“No”sgranò gli occhi “ho comprato del sangue dal macellaio”
“Non sento il suo odore su di te, non ti ha assaggiato”lo lasciò “ma hai rischiato, poteva ucciderti”
“No, non è più il mostro che ti ha fatto del male e mi ha chiesto di te”
“Davvero?”gli occhi si illuminarono per un istante “Che…”si morse il labbro.
“Voleva sapere come stai e dove vivevamo, ma io non ho voluto dirgli nulla”c’era rancore nella voce.
“Cucciolo”le labbra si aprirono in un sorriso “non devi essere geloso”lo baciò dolcemente.
“Non lo sono, è che dopo il male che ti ha fatto non merita di rivederti”mise il broncio.
Spike sorrise “Non preoccuparti, non sono più debole, non potrebbe farmi più del male, tesoro”
“Questo significa che…vuoi incontrarlo?”lo fissò con i suoi occhi da cerbiatto “Io non penso che…”
“Non preoccuparti” avvicinò il viso al suo e gli intrappolò il labbro inferiore tra i denti.
“Ma io…”
“Shhh”lo baciò “è quasi l’alba, cosa vogliamo fare per trascorrere queste ore?”
“Non dovresti riposare, Spike? Per voi vampiri è ora di dormire”
“No”gli si schiacciò contro di luifacendogli percepire la sua eccitazione “ho voglia di giocare”
“Spike”ansimò leggermente allargando le gambe.
“Spogliati”gli ordinò il vampiro con voce profonda “voglio vederti nudo e poi scoparti fino a quando non potrai camminare per ore”
Queste frasi gli provocarono un formicolio alla base del ventre “Sembra un piano fattibile, voglio sentirti in me, possente e duro”
“Non preoccuparti, vedrai come ti piacerà, cucciolo”gli alzò la maglia e gliela sfilò dalla testa.
La lanciò attraverso la stanza, poi gli slacciò i jeans e glieli sfilò velocemente “Sei così bello e appetitoso, cucciolo”
“Perché non mi assaggi?”
“Quanta fretta, ho intenzione di prendermi tutto il tempo per godere del tuo corpo”percorse la clavicola con la lingua scendendo lungo il torace.
Xander gemette, chiuse gli occhi e si lasciò andare tra le braccia del suo amante “Spike”
“Dimmi, cosa desideri?”
“Te, Spike, voglio te”lo supplicò quasi cercando di spogliarlo, ma il vampiro lo bloccò “Il mio cucciolo è troppo impaziente, credo che dovrò punirlo”
“Vuoi punirmi?”si morse le labbra immaginando cosa poteva avere in mente.
“Sì, lo meriti”gli morse un capezzolo, poi scese a mordicchiargli la pelle del torace, le cicatrici gli ricordavano ogni volta gli abusi subiti e risvegliavano in lui desideri di vendetta, ma solo l’amore che provava per lui lo fermava da compiere azioni violente contro il genitore.
Si alzò dal letto e si diresse verso un borsone, cacciò un paio di manette e tornò da lui che lo attendeva ansioso.
“Spike?”lo richiamò “Ti voglio, dai, non farmi aspettare”mise il broncio.
Ritornò sul letto e si stese su di lui, poi prese le braccia e gliele portò dietro la testa mettendogli le manette ai polsi e legandoli alla testiera del letto.
“Ecco, così imparerai la lezione”ridacchiò maligno.
“Liberami, dai, Spike”piagnucolò agitandosi “voglio toccarti”
“No, no, amore”gli posò un leggero bacio sulle labbra “non ti libero, hai bisogno di imparare la lezione”gli sfilò i boxer e il giovane fu nudo davanti a lui.
“Ma io…”si lamentò, ma sapeva che il vampiro non si sarebbe lasciato convincere, così rinunciò.
“Ecco, fai il bravo, altrimenti, ti lascio così tutto il giorno”
“Spike, ti prego, scopami”allargò le gambe ormai allo stremo.
“Cosa ti ho detto?”lo rimproverò “Devi avere pazienza, cucciolo”gli posò una scia di baci sul petto fino al ventre, soffermandosi nella zona dell’ombelico “mmm, Xander, non mi stancherai mai del tuo sapore”
Il ragazzo inarcò la schiena, quel vampiro riusciva sempre a farlo impazzire di piacere.
“Vuoi che continui o devo fermarmi?”
“Continua, Spike”ansimò agitandosi.
Continuò a scendere, fino all’interno coscia baciandola, l’odore del sangue era insopportabile, avrebbe desiderato godere di quel dolce nettare, ma non era ancora il momento.
“Spike, non torturarmi, ti prego”
Il vampiro ridacchiò, ma non accennò ad accontentarlo, voleva torturarlo ancora prima di prenderlo.
“Cucciolo, sei così appetitoso”gli morse la coscia fino a farla sanguinare, poi la leccò chiudendo la ferita.
Xander emise un leggero gridolino, inarcando la schiena e Spike
“Sei pronto per me?”gli domandò baciandolo con le labbra sporche di sangue.
“Spike”fece una smorfia, non si era ancora abituato a quel sapore metallico “no”
“Scusa, piccolo, non lo faccio più”ma entrambi sapevano che era una bugia.
“Spogliati!”gli ordinò Xander “Non resisto”
“Va bene”decise di accontentarlo, si spogliò velocemente, poi lo liberò dalle manette.
“Finalmente”si massaggiò i polsi doloranti mettendo il broncio “mi resteranno i lividi”
“Dovresti essere abituato ai marchi e ai lividi che ti lascio, amore”gli sfiorò una guancia, poi lo baciò con passione insinuandosi tra le gambe.
“Sei troppo vestito, padrone”ridacchiò il ragazzo.
“Hai ragione”si tolse la maglia e la lanciò attraverso la stanza, poi si sbottonò i jeans lasciandoli scivolare lungo le gambe.
Non indossava la biancheria, Xander si leccò le labbra, poi quando lo sentì penetrarlo chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito.
“Tutto bene, piccolo?”gli domandò vedendo la sua smorfia di dolore.
“Sì”riaprì gli occhi e si perse in quelle pozze che tanto adorava “continua, non ti fermare”
Spike cominciò a muoversi in lui conficcandosi completamente, si sentiva in paradiso, il suo cucciolo era così ricettivo, non si sarebbe mai stancato di amarlo, di possederlo e di fare l’amore con lui. Xander gli allacciò le gambe ai fianchi e lo incitò ad aumentare il ritmo, i capelli ormai lunghi gli si erano attaccati sulla guancia e sulla fronte.
Il vampiro continuò a muoversi implacabile fino a quando il giovane non decise di prendere il controllo e di guidare lui, con uno scatto di reni riuscì a capovolgere le posizioni e a trovarsi seduto a cavalcioni sul biondo.
“Cosa fai, cucciolo?”ghignò malizioso.
“Conduco io”ridacchiò appoggiandogli le mani sul petto glabro e gelido come il marmo e cominciando a muoversi avanti e indietro prendendolo sempre più in profondità “Cazzo, Spike”
“Più forte”ansimò il vampiro “Muoviti più forte”gli appoggiò le mani sui fianchi per indurlo ad aumentare il ritmo.
Xander allacciò gli occhi a quelli del vampiro, l’amore che provava per lui lo bruciava dentro e il terrore di perderlo gli impediva anche di respirare.
“Vieni con me, cucciolo”lo incitò circondandogli il membro con la mano e portandolo al culmine.
Il giovane si mosse con decisione e venne con un urlo inondando Spike con il suo seme, mentre il vampiro raggiungeva l’orgasmo in lui ringhiando.
Xander si accasciò senza forze sul petto del suo amante e sospirò felice “Spike, non poteva essere più perfetto”
“Se tu fossi come me sarebbe stellare, cucciolo”lo corresse “ma mi sono troppo assuefatto al tuo calore per trasformarti”
“Mi domando che razza di vampiro sarei”
“Sexy, ma anche terribilmente crudele”gli accarezzò la nuca provocandogli un brivido lungo la schiena.
“Sì”mormorò chiudendo gli occhi e sprofondando immediatamente in un sonno profondo.
Spike sorrise, non avrebbe mai creduto di affezionarsi tanto a quell’umano, ma la sola idea di separarsi da lui gli era inconcepibile. Lo osservò dormire per qualche minuto, poi prese una decisione.

mercoledì 6 maggio 2009

Spike's pet capitolo 3 (prima parte)




Pairing: Spike-Xander; Spike-Angel-Xander
Rating: NC17
Timeline: 2° stagione dopo Bewitched, Bothered and Bewildered
I personaggi non mi appartengono ma sono proprietà di Joss Whedon


Un anno dopo

Xander entrò al Bronze, si guardò intorno avanzando tra la folla con eleganza. Quel luogo non gli era mancato, ragazzini che si dimenavano al ritmo di musica strusciandosi l’uno con l’altro e fanciulle troppo vanitose per lasciarsi avvicinare. Fece una smorfia e raggiunse il bar appoggiando i gomiti. Indossava una maglia rossa aderente, dei jeans neri e un giacchetto di pelle, regalo del suo…padrone, se così poteva chiamarlo, ma in realtà, era molto di più. Si sentiva irresistibile anche se non si trovava in quel locale per conquistare, aveva già chi lo soddisfaceva e non aveva alcuna intenzione di sostituirlo.
Si guardò intorno con aria annoiata, intorno a lui poteva vedere solo visi estranei, non c’era traccia di chi conosceva. I due anni che aveva trascorso lontano da Sunnydale li aveva trascorsi viaggiando ovunque desiderasse in compagnia di Spike. Sorrise ripensando a quei giorni e non comprendeva per quale motivo il vampiro avesse voluto ritornare in quella squallida città che per lui aveva solo ricordi negativi.
Willow doveva essere partita di certo per il college, Buffy era ormai via da due anni e Cordelia… di lei non gli importava più nulla, ormai.
Ordinò una coca, non avendo ancora raggiunto l’età per bere alcolici, ma, in fondo, Spike non gliene faceva mai mancare. Si ubriacava lasciandosi andare a lui e a tutto quello che aveva in mente di fargli.
Divenne duro al solo pensiero, si alzò di scatto, non resisteva più lontano da lui, si sfiorò il segno che aveva sul collo con la punta delle dita. Era il marchio che gli aveva lasciato Spike e ora un legame indissolubile li legava.
Improvvisamente un braccio gli si posò sulla spalla, s’irrigidì leggermente e si voltò per vedere chi fosse. Sgranò gli occhi riconoscendo la sua amica Willow che lo fissava come se avesse visto un fantasma.
“Xander? Mio dio, sei davvero tu?”lo attirò in un caloroso abbraccio.
“Wil, ma che ci fai qui?”era stupito che si trovasse in città.
“Ci vivo, tu, piuttosto, sei sparito senza dire nulla”la ragazza aveva gli occhi lucidi “Dove sei stato tutto questo tempo?”
Xander si morse la lingua, nel biglietto aveva scritto che voleva viaggiare, ma non aveva specificato che con lui ci sarebbe stato William il sanguinario e ora, che l’aveva davanti, non sapeva come confessarglielo “In giro”mormorò distogliendo lo sguardo.
“Cavolo, Xan, non hai neanche terminato il liceo, ma perché hai deciso di andartene?”
“Tanto non avrei combinato nulla di buono a scuola”fece una smorfia “ho preferito girare un po’ l’America, sono stato in Florida, sai? E anche, a Las Vegas”
“Caspita, Xan, ma come hai fatto a permetterti…?”c’era qualcosa di strano in tutto quello che le stava raccontando.
“Ho lavorato, ma piuttosto, tu, come mai qui a Sunnydale? Credevo fossi ad Harvard o Yale”cambiò discorso, non voleva tradirsi e rivelarle qualcosa di troppo.
“Ho deciso di frequentare l’Università della California”dichiarò “sai, per restare con Oz”
“Oz, come sta il vecchio lupo?”sorrise nel ricordare il ragazzo, erano diventati quasi amici, anche se Oz era un tipo di poche parole.
“Bene”arrossì “è da qualche parte, sarà felice di vederti”
“E gli altri? Come stanno tutti?”si sentì quasi imbarazzato, era come se non facesse più parte di quel mondo.
“Non c’è molto da dire, Cordelia è a Los Angeles, Buffy…lei, lo sai”si rattristò “e Giles, è tornato nel vecchio continente”
“Nessuna notizia da Buffy?”gli mancava la sua dolce amica che era stato anche il suo primo amore.
La rossa scosse la testa e sospirò “Spero solo che stia bene”
“Senti, ora devo andare”aveva fretta di tornare da lui, non voleva rischiare che potesse andarlo a cercare, avrebbe messo in pericolo Willow.
“Non vuoi rivedere Oz?”gli domandò leggermente sorpresa dal suo strano comportamento.
“Devo davvero scappare, ho qualcosa da fare”
“Sei tornato dai tuoi?”gli domandò speranzosa.
“No, senti, Wil, io vado”e sgattaiolò via senza darle il tempo di replicare.
Willow sospirò e ritornò da Oz che la stava aspettando sotto il palco, mentre qualcuno si muoveva nell’ombra osservando ogni mossa del giovane che si era appena allontanato.
Lo seguì fuori dal Bronze, nella notte scura e senza luna, Xander camminava lentamente, con le mani affondate nelle tasche, diretto verso un albergo nel quale Spike aveva preso una camera. Udì dei passi dietro di lui e si raddrizzò restando vigile, forse si trattava di un vampiro.
Si fermò, dal giubbino cacciò un paletto appuntito e attese “Esci fuori!”gli ordinò mettendosi sulla difensiva “Fatti vedere!”
“Xander”mormorò una voce maschile
Il ragazzo impallidì, l’avrebbe riconosciuta tra mille, ma non poteva essere, era morto. “No”indietreggiò di qualche passo, mentre le gambe cominciavano a tremare leggermente.
Lo sconosciuto uscì dall’oscurità palesando la sua presenza.
“Non può essere”balbettò con il cuore impazzito ritrovandosi, dopo tutto quel tempo, davanti il flagello d’Europa.
Angelus era a pochi passi da lui e lo fissava con una strana espressione, le mani affondate nelle tasche della giacca di pelle.
“Angelus, ma…sei morto…Buffy ti ha ucciso”era incredulo, indietreggiò di qualche passo.
“Xander”avanzò “Non sono Angelus”
“Sì, Buffy ti ha trafitto, ma ora ti finirò io, non ho dimenticato quello che mi hai fatto”strinse maggiormente il paletto e alzò il braccio pronto a colpire.
“Ascoltami, Xander”alzò le braccia.
“Perché dovrei? Dammi una buona ragione per cui non debba conficcarti questo nel cuore”.
“Sono cambiato, non sono più Angelus”
Xander alzò un sopracciglio, ma di che stava blaterando?
“Davvero pensi che ti creda?”gli sfuggì una risatina nervosa “Dannato succhia sangue”
“Non so come ho fatto a tornare dall’inferno, ma prima che Buffy mi trafiggesse sono tornato me stesso”gli occhi erano diversi da come li ricordasse, non c’era traccia della crudeltà di Angelus.
“Non ti credo”poi vedendo la sua espressione comprese che non gli stava mentendo e gemette “non posso pensare come si sia sentita a dover sacrificare l’uomo che amava per salvare il mondo”
Il vampiro abbassò la testa “Ha compiuto il suo dovere”mormorò con un filo di voce “non le porto rancore”
“Come hai fatto a tornare?”
“Non lo so”avanzò di qualche passo, distolse lo sguardo dal ragazzo, poi improvvisamente alzò la testa di scattò e dalla gola gli fuoriuscì un ringhio soffocato, c’era qualcosa di diverso in Xander .
“Che cazzo…?”il giovane scattò all’indietro brandendo il paletto di legno “Che ti prende? Sapevo non avrei dovuto fidarmi di te, dannato”
“Perché sento l’odore di Spike su di te, Xander?”ringhiò “È a Sunnydale, con te? Rispondimi!”
“Scordatelo! Non hai alcun diritto di chiedermi di lui, Angel! Non dopo quello che gli hai fatto, lo hai violentato, umiliato, picchiato, deriso e volevi fare lo stesso con me” era furioso.
“Lo so”si prese la testa tra le mani “è un anno che mi danno per quello che ho fatto, per le vite che ho preso e per tutto il male che ho fatto alle persone che amo, a Buffy, a Dru e a…Spike”
“Persone che ami?”il giovane scoppiò a ridere “Tu non sei capace di amare, sei un dannato succhia sangue e ringrazio Dio per avermi dato una seconda possibilità. Mi disperavo per non essermi potuto vendicare, ma ora che ti ho qui non avrò alcuna pietà”abbozzò un sorriso maligno.
“Vuoi uccidermi? Fallo”si aprì la giacca e mostrò il petto fasciato in una camicia di seta nera “Dai, fallo, ma sappi che non sono più il mostro che ha compiuto tutti quei massacri e che ha fatto del male a Spike, Angelus è morto da tempo. Non avrai la tua vendetta, uccidendomi, ma fallo perché non sopporto più di vivere con questo rimorso. L’ultima volta mi ci sono voluti quasi 90 anni per riprendermi, ma non ho più la forza di ricominciare”gli occhi erano colmi di lacrime, lo sguardo basso “preferisco farla finita”
Xander abbassò la sua arma, aveva ragione, ucciderlo non avrebbe cancellato quello che era accaduto e di certo, non l’avrebbe fatto sentire meglio. Si voltò per andarsene, ma il vampiro lo bloccò “Che c’è, Xander? Cosa aspetti? Non volevi uccidermi? Vendicarti?”
“Non servirebbe a cancellare quello che hai fatto”scosse la testa “e poi, sai che ti dico? Non ne vale neanche la pena”
“Puoi dirmi dov’è William? Vorrei…”ma il giovane si voltò di scatto nel sentirgli pronunciare quel nome “Davvero pensi te lo dirò?”
“No”gli sfuggì una risatina nervosa, poi aggiunse “puoi dirgli che…”si bloccò, sembrava nervoso “lascia perdere”scosse la testa
“Angel, ma cosa ti prende? Non ti ho mai visto in questo stato”gli si avvicinò, senza però abbassare la guardia, non si era mai troppo prudenti.
“Niente”distolse lo sguardo, ma il suo corpo era mosso da un leggero tremito, la carnagione era più chiara di quanto la ricordasse e gli occhi erano cerchiati da macchie scure.
“Da quanto non ti nutri?”
Il vampiro non rispose e Xander capì che doveva essere digiuno da vari giorni “Vieni, devi nutrirti altrimenti diventerai sempre più debole e non riuscirai a difenderti in caso di attacco”
“No e poi, a te cosa importa?”
“Come? Che significa no?”e in un attimo comprese, si stava lasciando morire di fame “Cosa stai cercando di fare, Angel? Vuoi morire, vero?”
“Dovrebbe renderti felice sapere che voglio porre fine alla mia esistenza, non è questo che vuoi? Che volete tutti?”gli occhi erano velati di lacrime.
“Sei un vero idiota, Angel!”esclamò “Se ci fosse Buffy, qui al mio posto, ti prenderebbe a pugni”
“Lasciami perdere, non sono affari tuoi”
“Vieni con me, devi nutrirti”gli portò un braccio intorno alle spalle.
“Cosa t’importa?”
“A me niente, ma…lascia perdere”lo spinse verso il centro, gli avrebbe comprato del sangue, non poteva lasciarlo morire, anche se il desiderio di liberarsi di lui una volta per tutte, era forte.
Si fermarono dal macellaio dove Angel si recava anni prima e Xander comprò diverse confezioni di sangue, poi accompagnò il vampiro alla magione in Crawford street nella quale viveva.
“Devo imboccarti?”gli domandò dopo che Angel si fu seduto su un divano accanto al camino.
Il vampiro gli lanciò un’occhiataccia, poi afferrò il primo barattolo e lo portò alle labbra per bere,
“Bravo bambino”
“Spiritoso”mormorò Angel con una smorfia “ora, perché non te ne vai? Torna dal tuo padrone”continuò, nella sua voce si avvertiva una traccia di gelosia.
L’espressione di Xander s’indurì “Cosa cazzo ne sai?”
“Ho visto il marchio, ti ha morso e ora sei il suo cucciolo, non è vero? Da te non me lo sarei mai aspettato, tu che disprezzavi la nostra razza”
“Taci!”sibilò “Tu non sai un cazzo di me”gli puntò un dito contro.
“Sei diventato il suo amante, posso sentire il suo odore su di te, lo ricordo molto bene”inspirò a pieni polmoni l’odore del suo William.
“Non sono cazzi tuoi”sibilò.
“Anche tu ti sei lasciato incantare dal suo fascino e dai suoi grandi occhi blu o è stato qualcos’altro a sedurti?”ridacchiò.
“Non meriti una risposta”replicò il ragazzo.
“Il mio William, nessuno può resistergli”
“Non è tuo”replicò furioso “Non hai fatto altro che ferirlo, violentarlo, trattarlo come una merda, quando in realtà…”si bloccò per un istante, poi concluse “tu sei una merda”
Si precipitò fuori, non sopportava più di restare nella stessa stanza con quel mostro. Temeva che Angel lo avrebbe fermato, ma non lo fece. Attraversò il giardino e si spinse all’esterno dell’edificio.
In pochi minuti raggiunse il motel nel quale era alloggiato con Spike e aprì la porta della loro camera, ma la trovò vuota.
Xander sospirò, doveva essere andato a caccia, chiuse la porta e si stese sul letto matrimoniale sfiorando le lenzuola con la punta delle dita.
“Spike”mormorò raggomitolandosi, poi chiuse gli occhi addormentandosi.