martedì 26 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 5


*Immagine di Y. Nitta
Capitolo V

Il giorno seguente Alex fece ritorno a Kearny: l’incontro con gli ingegneri era andato nel migliore dei modi. Il giovane aveva illustrato loro i suoi progetti che erano stati apprezzati e ora era pronto a ricominciare il suo lavoro.
Al suo rientro a casa, non trovò Amber ad attenderlo, ma un semplice biglietto nel quale gli annunciava che avrebbe fatto tardi. Sospirò, aveva sperato di parlare con lei del suo progetto, di coinvolgerla, invece, doveva rassegnarsi a restare solo con i suoi pensieri. Si toccò il collo dolorante, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Entrò in camera da letto e si spogliò, meritava un riposino ristoratore. Quando si risvegliò, il sole era già tramontato e lo stomaco reclamò del cibo.
Si alzò, fece una doccia che lo svegliò completamente, poi si diresse in cucina e si preparò un sandwich con tacchino, insalata e maionese, non aveva alcuna voglia di predisporre una vera cena. Sedette sul divano, accese la tv e mangiò il suo panino, ma si sentiva apatico e triste, si guardò intorno, quella casa era così vuota e priva di calore, era sempre solo, Amber lo trascurava, ma si trattava del suo lavoro, non poteva fare nulla per cambiare la situazione.
Gli mancavano i momenti trascorsi insieme. Quando vivevano a New York riuscivano a ritagliare dei attimi per passeggiare per Central park, prendere un cappuccino da Starbuck o anche solo parlare, ma da quando si erano trasferiti in quella cittadina sembrava che Amber non trovasse mai il tempo per stare con lui.
Sospirò tristemente, spense la televisione e appoggiò la testa alla spalliera del divano, ma in quel momento il campanello suonò facendolo scattare, il cuore cominciò a battere con violenza nel petto, inconsciamente sperava fosse William.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva una voglia matta di vederlo, di parlargli. Indugiò un attimo dietro la porta prima di aprire, poi la spalancò, lui era lì, sul vialetto, con le mani immerse nelle tasche dei jeans e le ciocche ribelli che gli ricadevano davanti agli occhi. Alex restò a fissarlo, senza fiato, era davvero un uomo di straordinaria bellezza, con le pozze blu, le labbra imbronciate e l’aria imbarazzata di un ragazzino scoperto a compiere un’azione che non doveva.
“Ciao, sei tornato, allora”
“Sì, all’ora di pranzo”rispose abbozzando un sorriso.
“Ti disturbo? Cenavi, forse?”
“No, non disturbi affatto”e lo lasciò entrare chiudendo la porta ed introducendolo nel salotto.
“Mi dispiace essere piombato così all’improvviso”si giustificò.
“Hai fatto bene, mi sentivo solo”gli indicò il divano “Siedi”
“Grazie”prese posto in un angolo del divano, mentre Alex sedette sul bracciolo, dall’altra parte, cosa che non passò inosservata a William “Amber è in ospedale?”.
“Sì, era già andata via quando sono tornato”sospirò tristemente “Come stai, Will?”
“Bene, sono stato molto impegnato, il lavoro, il libro”rispose prontamente, non voleva sapesse che aveva trascorso parte della giornata a fissare come un automa il telefono cercando di trovare il coraggio di chiamarlo.
“Anche io, questa mattina ho fatto un sopralluogo al sito sul quale sorgerà il centro e ho incontrato gli ingegneri che lavoreranno con me al progetto, ma questa notte non ho dormito per l’agitazione”gli spiegò “infatti, sono crollato”
“Ah, non lavorerai da solo, quindi, meglio, eri così stressato e sotto pressione”corrugò la fronte.
“Sì, il progetto è stato ampliato, era necessario il lavoro di più persone”continuò a raccontare.
“Che ti prende?”gli domandò a bruciapelo William.
“Come?” infilò la mano nei capelli, non capiva cosa intendeva.
“Lo sai, Alex, te ne stai lì, sul bracciolo, come se non volessi starmi vicino, per quale motivo? Credevo avessimo risolto, invece sembra non voglia avere contatti con me” William si alzò e si mosse agitato, sembrava quasi un leone in gabbia “Lascia perdere, è meglio che me ne vada”scosse la testa, quel suo comportamento lo stava facendo impazzire. Si mosse verso l’uscita, ma Alex gli afferrò un bracciò e lo costrinse a voltarsi “No, non andartene, ti prego”
“Dammi una sola ragione per cui non debba prendere quella porta e uscire per sempre dalla tua vita”
“Perché non lo voglio, non lo sopporterei”rispose fissandolo tristemente.
L’espressione di William si addolcì e Alex continuò “Non voglio che te ne vada, non era mia intenzione offenderti. Sono un coglione, scusa”
“Sì, lo sei”ridacchiò “ma ti perdono perché sei troppo tenero”gli sfiorò una guancia senza staccare gli occhi dalle sue labbra carnose, quanto avrebbe voluto sfiorarle.
“Scusami, non ne faccio una giusta”sospirò tristemente il moro, mentre il cuore gli batteva con violenza nel petto.
William gli sorrise, poi distolse lo sguardo “Come ha preso la notizia la tua Amber?”
“Non era molto entusiasta, ieri, quando le ho dato la notizia, ma spero si abitui all’idea, si tratta di un’occasione importante per il decollo della mia carriera”
“Vedrai che accetterà, in fondo, è il tuo lavoro”
“Sì”mormorò.
“Sei felice?”gli domandò il biondo spiazzandolo.
“Cosa?”
“Con Amber, sei felice?”ripeté.
“Certo, perché me lo chiedi?”mentì, distogliendo lo sguardo, sapeva che avrebbe capito che non era del tutto sincero se solo lo avesse guardato negli occhi.
“Per nessun motivo particolare, è che sembri così strano”
“Davvero? A me non sembra”continuò a mentire “Ti va di uscire? Non ne posso più di restare chiuso qui dentro” sgusciò via dal suo tocco.
“Come vuoi”acconsentì, ma continuò a pensare ci fosse qualcosa di diverso in Alex, sembrava così distante, sfuggente.
“Mi cambio, torno subito”e sgattaiolò al piano di sopra salendo le scale due a due.
William approfittò della sua assenza per guardarsi intono, per scoprire un po’ di più della sua vita e soprattutto, del suo rapporto con Amber. Non gli era sembrato sincero, sentiva che c’era qualcosa che non voleva rivelargli. Si avvicinò ad una mensola, c’erano un paio di fotografie, una di lui ed Amber in un parco, su una panchina, stretti in un abbraccio. Ipotizzò si trattasse di una foto che avevano scattato quando si trovavano ancora a New York, sembravano così felici, William provò invidia e gelosia, ma poi scosse la testa, non poteva continuare a pensare a farsi del male.
In un angolo c’era un’altra foto che raffigurava tre persone, una era un Alex più giovane, il giorno del diploma, mentre le altre erano due ragazze molto carine.
Sorrise, era sempre stato bello il suo Alex. Era tanto preso che non lo sentì arrivare fino a quando non gli posò una mano sulla spalla “Loro sono le mie due migliori amiche, Sarah e Jennifer, vivono a New York, è da un mese che non le vedo”
William scattò e si scusò “Non volevo ficcare il naso in giro”
“Non scusarti”sorrise “dai, andiamo”
“Dove mi porti?”gli domandò quasi come se si trattasse di un appuntamento.
“Ti va una passeggiata? Non ho ancora avuto modo di visitare le bellezze di Kearny”
“Bellezze?”alzò un sopracciglio, poi insieme scoppiarono a ridere, non vi era nulla di bello in quella cittadina.
“Dai, qualcosa da vedere troveremo”Alex lo trascinò fuori chiudendosi la porta alle spalle.
Mentre percorrevano il vialetto, William scorse la signora Pattinson che li osservava dalla finestra e le rivolse un saluto con la mano, che lei ricambiò continuando a fissarli con una strana espressione.
Il sole era ormai tramontato da tempo, uno spicchio di luna splendeva nel cielo stellato, il vento aveva spazzato via le ultime nuvole che da quella mattina facevano temere pioggia. William e Alex camminavano, uno accanto all’altro, senza una meta precisa, le loro braccia si sfiorarono accidentalmente e William provò un’ondata di calore in tutto il corpo, imprecò mentalmente, anche solo un suo tocco gli provocava delle sensazioni intense. Senza accorgersene si ritrovarono in un boschetto poco lontano dal centro, si addentrarono attraverso il sentiero, ma tra loro era calato un silenzio imbarazzante, fino a quando Alex non lo spezzò voltandosi verso di lui e domandandogli, con un sorriso divertito sulle labbra “Dimmi, Will, come è stata la tua infanzia?”
William corrugò la fronte e ridacchiò “Ero un bambino noioso, studioso e occhialuto, non c’è molto da dire”
“Dai, racconta, non essere timido”lo prese in giro.
“E va bene”mormorò facendo il broncio.
Si fermò davanti ad un albero e appoggiò una mano sul tronco “Sono cresciuto nel Sussex, mio padre aveva una tenuta, allevava cavalli, ma io non sopportavo quel posto e soprattutto non sopportavo lui, era così rude, mi costringeva a spaccarmi la schiena fin dal mattino all’alba, invece non desideravo altro che trascorrere il tempo a leggere e studiare. Ho vinto una borsa di studio e sono pressoché scappato a Oxford, dove mi sono laureato in lettere”
Alex scoppiò a ridere “Addirittura, scappato? Che esagerato sei”
“Non esagero affatto”protestò.
“Scusa”cercò di ritornare serio “com’è studiare ad Oxford?”
Il biondo fece una smorfia “Un covo di bigotti, ma in fondo, mi ha forgiato il carattere e lì ho conosciuto…”si bloccò mordendosi la lingua, era da tanto che non pensava a lui.
“Chi? Tua moglie?”
“No, Steven, il mio migliore amico”rispose tristemente, non lo vedeva da quasi un anno e nonostante tutto, gli mancava molto.
Un alito di vento gli scompigliò i capelli e una ciocca bionda gli cadde davanti agli occhi e lui la scansò prontamente, con un dito “Eravamo inseparabili”sospirò, gli occhi gli brillavano “poi ho conosciuto sua sorella, Elisabeth, ci siamo innamorati e il resto lo sai”
“L’ami ancora?”gli domandò titubante, non sapeva se fosse ancora un argomento doloroso per lui.
“No, il nostro matrimonio è finito tempo fa”lo fissò “ho saputo che si è rifatta una vita, con un altro, quindi…”
“Mi dispiace, Will”gli appoggiò una mano sulla spalla “immagino sia dura per te”
“No, non lo è, te lo garantisco”abbozzò un sorriso “vedi, non sono stato del tutto sincero sul motivo per cui il nostro matrimonio è naufragato così miseramente” confessò.
“Non è tornata in Inghilterra perché non si trovava bene negli Stati Uniti?”
“No”si morse un labbro “mi ha lasciato perché le sono stato infedele”
Alex restò senza parole, era qualcosa che non si sarebbe mai aspettato “Infedele?”
“Sì, ormai sono due anni che siamo separati, lei non è mai venuta qui negli Stati Uniti con me”
“Perché non mi hai detto la verità?”era deluso, ma in fondo, comprendeva la sua decisione “Scusa, sono un idiota, perché mai, avresti dovuto raccontare i dettagli più scabrosi della tua vita matrimoniale ad un estraneo?”
Scosse la testa “No, non volevo mi giudicassi il solito maschio fedifrago”
“Chi sono io per giudicare, Will? E poi, sono tuo amico”gli assicurò “Puoi dirmi qualunque cosa”
“Visto che siamo in argomento, c’è qualcos’altro che dovrei confessarti, Alex”assunse un’aria seria che lo preoccupò.
“Sei bigamo? Hai un harem di 100 amanti?”ironizzò.
“No, ma sarebbe bello avere un harem a disposizione”sorrise, Alex riusciva sempre a infondergli buon umore.
“Hai ragione, dai, spara”
“Vedi, a quei tempi ero un giovane abbastanza ingenuo, insegnavo in una piccola scuola alla periferia di Londra, ma il mio sogno era un altro, pubblicare le mie poesie, diventare un poeta conosciuto e apprezzato. Un giorno, conobbi un editore, Ian Devenport al quale feci leggere le mie poesie e lui mi promise di pubblicarle presso la sua casa editrice e così fece. Uscì il mio primo libro, ero al settimo cielo, ero grato a Ian per quello che aveva fatto per me, ma c’era qualcosa di più. Al principio non mi resi conto di quello che stesse accadendo in me, mi sentivo affascinato, era un uomo estremamente attraente, occhi neri, capelli scuri, pelle candida, molto inglese”si lasciò scappare una risatina “estremamente elegante e sofisticato, in seguito, scoprii che aveva origini nobili”
“Fu allora che ti accorgesti di preferire gli uomini?”gli domandò interrompendo il suo racconto.
Annuì “Prima di allora, non mi era mai accaduto di sentirmi così attratto da qualcuno del mio stesso sesso, neanche da Steven al quale ero molto legato. Per me era come un fratello, niente di diverso, ma Ian”sospirò “era un dono divino. Un giorno, mi invitò a casa sua e mi sedusse, io avevo ventitre anni, ero inesperto, non pensavo si potesse…”si bloccò “scusami, non ti interessano questi particolari”
“Non importa, dopo cosa accadde?”arrossì leggermente, il buio della notte celava il suo volto.
“Elisabeth si rese conto che qualcosa in me era cambiato, mi affrontò e mi chiese se avevo un’amante ed io confessai, ma non le rivelai chi fosse, temevo la sua reazione, ma soprattutto, la mia più grande paura era di perdere Steven. Era il mio migliore amico, la sua amicizia era tutto per me”.
“Siete ancora in contatto o dopo il divorzio vi siete persi di vista?”
La sua domanda riaprì vecchie ferite che ormai credeva fossero guarite da tempo, strinse le labbra “Con Steven? No”sentì le lacrime premergli per uscire, si detestò, non voleva farsi vedere così vulnerabile da lui “non lo sento da un anno”
Alex si rese conto del suo cambiamento d’umore e si pentì di essere stato così indiscreto “Scusami, non volevo riportarti alla mente brutti ricordi, sono un vero insensibile”si avvicinò maggiormente e gli circondò le spalle con un braccio.
“Non importa, non potevi saperlo”
“Mi dispiace, Will”gli appoggiò una mano sulla spalla e accorciò maggiormente le distanze tra loro.
“Una sera, Elisabeth entrò nel mio studio e mi vide inginocchiato davanti a Ian. Impazzì, mi sbatté fuori di casa, non volle più parlarmi e dopo un mese mi fece avere, tramite il suo avvocato, le carte per il divorzio. Andai a vivere con Ian, era favoloso, non sono mai stato così felice, come con lui, ma tutto è destinato a finire”concluse con tono duro sfiorandosi la vera d’oro che portava al dito e Alex comprese che non risaliva al suo matrimonio, ma al rapporto con questo fantomatico Ian “anche i rapporti che credi durino per sempre”
“Da questo deduco che con Ian è andata male”
“Male è dire poco, Alex”calde lacrime gli bagnarono le guance.
Il moro sospirò e gli asciugò gli occhi umidi con un dito “Non voglio vederti triste, Will”
William lo fissò sconvolto e Alex lo spinse contro l’albero intrappolandogli le labbra in un bacio.
“Alex”gemette circondandogli la vita con le braccia e rispondendo con altrettanta passione allacciando la lingua alla sua.
Ansiti e gemiti riempirono l’aria, William si sentiva in paradiso, il suo Alex lo stava baciando con una passione tale che le gambe gli tremavano. La mancanza d’aria li costrinse a separarsi, William appoggiò la testa sul tronco e boccheggiò “Cazzo, Alex, ma perché mi fai questo effetto? Vieni qui, piccolo, ti faccio vedere io di cosa sono capace”e lo attirò nuovamente a sé, ma Alex lo respinse appoggiandogli le mani sul petto “No”
“Ma che ti prende? Credevo che…”era incredulo.
“Non posso, Will, scusami”
“Dannazione, Alex, ma perché ti comporti in questo modo?”non riusciva davvero a capire cosa gli passasse per la testa.
“Non ne combino una giusta, vero, Will? Cazzo, il fatto è che non so quello che…”infilò una mano tra i capelli. Era confuso, provava qualcosa per William, ma allora, perché non riusciva a lasciarsi andare? Cosa c’era in lui che lo frenava? Indietreggiò ancora e si voltò dandogli le spalle “Torniamo”
“Sì”mormorò frustrato dal suo comportamento così incoerente, perché lo aveva baciato se non intendeva stare con lui? Lo avrebbe volentieri preso a pugni..
Alex lo seguì, ma restò in silenzio e il tragitto fino a casa sembrò eterno, poi, una volta davanti alla casa di William, notò un’auto rossa metallizzata, ferma dall’altra parte della strada. Corrugò la fronte, era certo di non averla mai vista nei paraggi.
Non riusciva a vedere se nell’abitacolo ci fosse qualcuno perché era lontana dal lampione. Si sporse per cercare di vedere meglio, ma inutilmente.
Sospirò e si voltò verso William che lo fissava con un’espressione impassibile “Buonanotte, Alex”
“Will, io…”sospirò, non voleva lasciarlo, ma ormai era inevitabile.
“Tu cosa?”puntò le iridi blu su di lui.
“No, niente
“Allora, notte”aprì la porta ed entrò chiudendosela alle spalle.
“Notte, Will”mormorò, ma ormai era solo sul portico.
William, una volta che fu in casa appoggiò la schiena alla porta e sospirò tristemente, ma in quel momento suonò il telefono.
“Pronto?”
“Will?”una dolce voce femminile lo colse di sorpresa
“Beth? Ciao, tesoro”
“Come stai?”gli domandò con apprensione.
“Potrei stare meglio, ma come mai questa telefonata?”
“Si tratta di Steven”rispose e William fremette nel sentirle pronunciare quel nome.
“Che gli è accaduto? Sta bene, vero?”nel tono c’era ansia e preoccupazione.
“Sta bene, ma è a New York”
“Cosa?”sgranò gli occhi.
“Sì, voleva parlarti ed è partito questa mattina”
“Non posso, non ora”il petto gli doleva, per quella sera era anche troppo quello che aveva dovuto sopportare “Dannazione, mi ha tradito, Beth, con l’uomo che amavo”.
“Lo so, tesoro, ma è disperato, è mio fratello e non sopporto di vederlo in questo stato”la sentì piangere “ti prego, ascolta quello che ha da dire, non è stata colpa sua”
“Sì, certo”ma chi volevano prendere in giro?
“Fallo per me, per quello che c’è stato tra noi”lo supplicò quasi e lui non poté fare a meno di acconsentire “Va bene, ascolterò quello che ha da dirmi, ma non credo che questo cambierà le cose tra noi. Ora, devo lasciarti”
“A presto, Will”
“Ciao, Beth”e riattaccò.
Si appoggiò alla parete, non riusciva a credere che Steven fosse negli Stati Uniti e che desiderava parlargli, ma di cosa? Del motivo per cui era stato a letto con Ian? Strinse i pugni, lo avrebbe affrontato e gli avrebbe estorto la verità, aveva il diritto di sapere.

1 commento:

Jivri'l ha detto...

Come sempre, poichè non ho mai tempo, l'ho letto in classe...ehehe..che bello, però Alex dovrebbe darsi una mossa e decidersi, ma non vede che Amber lo trascura?!Quindi potrebbe benissimo buttarsi su Will.^__^ Voglio leggere il seguitooooooo!!! A presto.