sabato 11 giugno 2011

Bienvenido a Miami cap 5



Vietato ai minori di 18 anni per scene di sesso esplicite.

5


Vince allungò il braccio per permettere ad uno degli agenti della squadra di allacciargli al polso l’orologio provvisto di microchip. Jan si trovava dall’altra parte dell’ufficio, la schiena appoggiata alla parete e le braccia incrociate al petto. Era in ansia, Vince rischiava la vita per la voglia di dimostrare di essere all’altezza del compito affidatogli e per la leggerezza con la quale affrontava il tutto. In realtà, era anche altro che preoccupava il commissario: Estefan Santiago. Rivedere quel volto così familiare lo aveva spiazzato. Credeva di aver superato la perdita di Miguel, ma sbagliava. Era bastato scorgere una somiglianza per mandarlo nel panico e far riaffiorare ricordi della sua vita passata e soprattutto della loro storia a cui non pensava ormai da tanto, soprattutto da quando si era nuovamente innamorato.
“Siamo pronti!” la voce del tenente Sanchez lo riportò alla realtà.
Jan si mosse verso Vince osservandolo con attenzione, sembrava proprio entrato nella parte. Indossava una canottiera bianca dalla quale fuoriusciva un ciuffetto di peli, pantaloni blu fino al ginocchio e camicia a fiori. Ai piedi un paio di Converse azzurre e al polso un orologio pacchiano d’oro che celava il microfono. Fece una smorfia, sebbene il look fosse lontano anni luce dai suoi gusti, trovava il suo ragazzo ugualmente irresistibile.
Vince gli sorrise, poi tornò serio cercando di non lasciar trapelare l’inquietudine che lo attanagliava “Come sto?”
Jan storse il naso e l’altro scoppiò a ridere “Sono perfetto, allora”
“Per i bassifondi, forse”
“Esagerato. Sto davvero tanto male?” domandò ai presenti.
“Passabile” disse un agente “speriamo che la bevano altrimenti…”
“La berranno” Vince aggiustò i capelli.
“Ricorda cosa dire?” intervenne il tenente Sanchez.
“Certo, ho tutto qui!” si toccò una tempia.
“Bene, noi saremo in ascolto, ma non potremo comunicare. Se Santiago dovesse capire che qualcosa non va, la prego di uscire immediatamente dal locale. Quell’uomo è pericoloso”
“Non mi farò uccidere, tenente”
Lei annuì, poi aggiunse “Commissario Maybach, potrebbe seguire da vicino l’operazione per intervenire in caso di necessità. Che ne pensa?”
“La trovo un’ottima idea, tenente Sanchez” sorrise rassicurato.
“Tutti pronti? Bene, si va in scena”
Uscirono dall’ufficio, ma Jan trattenne il compagno “Sii prudente, Vince”
“Lo sarò” gli appoggiò una mano sul petto “non preoccuparti” e si allontanò.


Un’ora dopo Vince era seduto al bar del “Choza” in attesa di Santiago, davanti a sé un cocktail a base di tequila. Lo sguardo vagò annoiato da una parte all’altra del locale. Individuò Jan in un angolo, intento a chiacchierare con una ragazza dai lunghi capelli neri stretta in un mini abito rosso fuoco. Gli venne da ridere, il suo Jan sembrava a disagio. Di certo, lei stava cercando di portarselo a letto. E come darle torto… Jan era talmente bello e sensuale che nemmeno una cieca avrebbe resistito.
Improvvisamente Vince avvertì una presenza alle sue spalle. Prima che potesse voltarsi, una mano gli afferrò il braccio. Si trovò davanti lo stesso energumeno della sera precedente.
“Il mio capo vuole vederti!” esclamò Josè aumentando la stretta “Seguimi!”
“Non è per questo che sono qui? Dov’è?”
Sentendosi tirare senza ricevere alcuna replica, Vince lo strattonò “Lasciami! Dove mi porti?”
“Se vuoi parlare con el senior Santiago verrai con me!”
Fu condotto verso la porta sul retro, per essere sbattuto addosso a un fuoristrada nero dai vetri oscurati.
Colpì la schiena contro la portiera “Cazzo, fai piano, bestione”
L’altro lo guardò torvo e lo spinse dentro dalla testa.
Sul sedile accanto a lui tre uomini, presumibilmente portoricani, lo fissarono truci intimandogli di restare fermo.
Uno si sporse verso di lui “Dammi le mani”
Obbedì e un attimo dopo si ritrovò i polsi legati tra loro. Sugli occhi gli fu stretta una benda.
Vince rabbrividì dandosi dell’idiota. Perché ho insistito? Ora sto rischiando la vita, senza neanche la possibilità di salutare Jan per l’ultima volta!
“Dove mi portate?”
Nessuno rispose e Vince, ormai rassegnatosi al suo triste destino, si appoggiò alla spalliera.
Quando l’auto si fermò, qualcuno aprì la portiera che scricchiolò e lui fu trascinato fuori in malo modo.
“Eccoci, siamo arrivati, ragazzino!” Josè lo sbendò e poi gli liberò le braccia.
“Era proprio necessario?” protestò Vince massaggiando i polsi doloranti.
“Seguimi senza fiatare”
Vince annuì, lo sguardo si posò sulla pistola che usciva dai suoi pantaloni e deglutì, era sempre più certo di essersi cacciato in un vero guaio.
Guardandosi intorno si rese conto che si trovava in un’enorme villa circondata da un giardino grande almeno il triplo del suo appartamento a Lipsia. Il prato era abbellito da alcune statue di nudi e una fontana di marmo.
Attraversarono il viale, la villa era preceduta da un portico con colonne. Giunti all’interno del salone si trovarono davanti ad una scalinata che portava al piano superiore. Al soffitto scendeva un lampadario stracarico di cristalli e alle pareti quadri che rappresentavano varie figure femminili, alcune accovacciate, alcune vestite, altre in pose lascive. Vince spalancò la bocca per la sorpresa, non credeva si sarebbe trovato davanti a tanto lusso, ma in fondo non doveva meravigliarsi. Quella era l’abitazione di un narcotrafficante.
“Dove stiamo andando?”
“Muovi il culo, el senior Santiago ti aspetta in piscina”
Quando furono in prossimità della porta a vetri che portava all’esterno, l’energumeno lo bloccò “Se tenti qualche scherzetto, ti faccio fuori!”
Vince represse un sorriso, si riferiva a quello che gli aveva combinato la sera precedente.
“Hai capito?”
“Tutto chiaro! Sono qui per affari!”
“Bene!” Josè aprì la porta-finestra e uscì seguito dall’infiltrato.
Vince non era pronto allo spettacolo che gli si presentò agli occhi: la piscina dalla forma oblunga occupava quasi tutto lo spazio disponibile, decine di ragazze scherzavano lanciandosi palloncini pieni d’acqua o sedevano su poltroncine gonfiabili sorseggiando drink multicolori. Su di un lettino gonfiabile un uomo estremamente attraente sorseggiava un martini on the rock. Lo copriva solamente uno slip bianco troppo piccolo per contenere l’erezione che sembrava sentisse un estremo bisogno di fuoriuscire da un angolo.
Due ragazze gli erano stese accanto, una di colore, con un bikini giallo, lo baciava sul collo, mentre l’altra, una rossa mozzafiato, gli accarezzava il torace bagnato. Sebbene le fanciulle fossero veramente belle, Vince non riuscì più a staccare lo sguardo dall’uomo. Ma questi sembrava non essersi ancora accorto della sua presenza.
Il suo scagnozzo si avvicinò a bordo piscina “Senior. L’uomo che attendeva!”
Questi puntò le iridi scure sul nuovo arrivato. In quell’attimo, Vince avvertì uno strano formicolio alle parti basse. Provò a spostare l’attenzione su una delle ragazze, ma quel viso lo attraeva come un magnete. Gli ritornarono alla mente le foto in casa di Jan, collocate nei vari portaritratti, persino sul comò di fronte al letto dove pressappoco ogni notte facevano l’amore, troneggiava un’immagine sua con il compagno scomparso!
Vince decretò che la somiglianza tra loro fosse davvero incredibile.
Se qui ci fosse Jan non so come reagirebbe nel rivedere il sosia, ‘la perfetta copia’ del suo compagno scomparso.
Santiago continuò a fissarlo con interesse. Sulle labbra carnose apparve un sorrisetto malizioso.
Vince sentì la gola seccarsi, l’atmosfera si stava davvero riscaldando. La canottiera aderì al punto da diventare una seconda pelle.
Improvvisamente immagini di Miguel e Jan insieme si affollarono nella mente tormentandolo. Si sentì quasi un testimone involontario del loro amore.


In una visione li vide in ufficio a Lipsia, all’esterno il sole era già tramontato, ma i due sedevano ancora alle loro scrivanie, occupati a sbrigare delle vecchie pratiche.
Miguel rosicchiava il tappo della penna sbuffando, era un uomo d’azione e detestava dover sbrigare del lavoro di cancelleria. Jan alzò il capo dal documento che stava leggendo e ridacchiò.
“Che hai da ridere? Potremmo essere già in un pub davanti ad una birra e invece siamo bloccati qui!”
“Non vedi il lato positivo di tutto questo” Jan lo raggiunse e sedette sulla sua scrivania accavallando le gambe. Negli occhi una strana luce.
Miguel appoggiò la schiena alla spalliera “Dimmi quale sarebbe il lato positivo nel trascorrere il venerdì sera tra le scartoffie”
Con un piede Jan attirò verso di sé la poltroncina sulla quale era seduto il compagno “Siamo soli e soprattutto liberi di fare ciò che vogliamo” si sporse verso di lui.
“Sei diabolico, Jan” Miguel appoggiò le mani sulle cosce del collega.
Le labbra si unirono. Fu un bacio delicato, ma bastò a infiammarli. Miguel gli conficcò le dita nella stoffa dei pantaloni.
Incontrando la lingua con la sua, Jan approfondì il contatto “Chiudo la porta” si staccò.
Miguel lo trattenne “No! Rischiamo!” gli slacciò la cinta.
“Ti piace il pericolo, vero?” sbottonò la camicia di Miguel e vi insinuò le dita.
“Sempre! Siediti su di me, Jan”
“Vuoi che ti cavalchi, amore mio?” accarezzò il torace.
Gli occhi dello spagnolo s’illuminarono “Mi fa impazzire quando mi dici amore mio”
Jan si spogliò lentamente sotto il suo sguardo attento, poi gli sedette in grembo “Ti desidero come un pazzo, lo sai, vero?”
Miguel tornò a reclamare le labbra. Sbottonò i jeans ansioso di essere dentro di lui.
Lasciata scivolare la camicia sul pavimento, Jan spostò le labbra sul collo, lo leccò con la punta della lingua “Adoro il tuo sapore”
“E io adoro te” Miguel lo penetrò fino in fondo.
Jan ansimò muovendosi sinuoso “Scopami!”
Miguel lo accontentò e alzato il bacino pose le mani sui fianchi per assecondare i suoi assalti “Cavalcami! Scopati su di me!”
“Ti prego, non ti fermare.” Lo supplicò Jan in preda all’estasi.

“Hermosos ojos, mi vuole dire a cosa devo il piacere della sua presenza nella mia casa?”
Vince tornò alla realtà. Non era né il momento né il luogo per lasciarsi invadere dalla gelosia, nemmeno chiedersi il perché di quella fantasia sciocca. Jan non avrebbe mai fatto sesso con Miguel in ufficio né con chiunque altro! Vince alzò la testa e si rese conto che il trafficante non era più in acqua, ma ad un passo da lui e lo guardava con estremo interesse. Era sempre nudo, ma un asciugamano, con il quale si tamponava, celava una parte del torace.
“Vede, io...” balbettò. Cosa diavolo mi sta succedendo?
Santiago sorrise “Sai che non sei niente male? Qual è il tuo nome, dolcezza?”
“Vince” mormorò distogliendo lo sguardo dal corpo bagnato ed eccitato che gli era davanti e lo posò sul viso.
“Di dove sei? Il tuo accento mi è familiare, sei tedesco?” corrugò la fronte.
“Sì, di Berlino. È mai stato in Germania?”
“No” scosse la testa “Cosa ti porta a Miami, Vince?” avanzò di un passo.
“Affari, signor Santiago e sono qui per proporgliene uno”
“Chiamami Estefan, dolcezza” gli lisciò il colletto della camicia “tutto a tempo debito. Siamo ad una festa e io non discuto mai d’affari davanti a delle belle donne, preferisco fare altro” fece l’occhiolino, poi si voltò verso una biondina “Porta da bere al nostro ospite”
“Veramente, non…” Vince tentò di rifiutare.
“Non farti pregare, mi piaci. Sembri un tipo in gamba” avvicinò il viso al suo.
Vince poté avvertire il suo alito, un misto di tequila e tabacco, combinazione che non fece altro che accentuare l’attrazione che provava “Signor Santiago, Estefan... la ringrazio, ma…”
“Non dirmi che sei astemio!” scoppiò a ridere.
“No!” si affrettò a negare “Anzi, accetto volentieri” l’ultima cosa che voleva, era contrariarlo.
Estefan sorrise “Non hai caldo con tutta quella roba addosso?”
“Sto bene” mentì.
In quel momento un palloncino pieno d’acqua lo colpì infradiciandolo da capo a piedi “Merda” imprecò il poliziotto nella sua lingua madre.
L’ispanico scoppiò a ridere, mentre Vince non lo trovò affatto divertente. Stizzito, si tolse la camicia e la strizzò “Se non altro, mi sono rinfrescato” blaterò per sciogliere la tensione.
“Sei proprio tenero” Estefan lasciò vagare lo sguardo sul torace del giovane “un cucciolo da accarezzare!” aggiunse con voce profonda.
Vince fremette, quell’uomo aveva deciso di farlo impazzire! Considerò che avrebbe fatto meglio ad andare via prima fosse troppo tardi “Non avrebbe qualcosa con cui possa asciugarmi?”
Estefan fece un cenno e la fanciulla dai lunghi capelli biondi ritornò con i drink e un asciugamano. Appoggiato il tutto sul tavolo, si strinse al padrone di casa il quale le sferrò una pacca sul sedere. Lei fece un gridolino, ridacchiando. Vince cercò di asciugarsi alla meglio, ma era completamente zuppo.
“Puoi andare, dolcezza” le disse Estefan.
“Non torni da noi, tesoro?” civettò vogliosa “Ci manchi”
“Tra un attimo” le fece segno di allontanarsi.
“Bevi tedesco, è tutto tuo” Vince accettò ma quando gli porse il bicchiere e le dita si sfiorarono, Vince si sentì invadere da un’ennesima ondata di calore. Lo ingoiò tutto d’un sorso, poi tossì, era esageratamente alcolico.
“Troppo forte? Sai, l’ho inventato io, si chiama Orgasmo ed è a base di tequila.”
“Squisito” mormorò Vince mentre la gola chiedeva pietà.
Una delle ragazze, una bella morettina sorrise al tedesco, poi gli fece cenno di raggiungerle, ma Estefan scosse la testa “No, piccola, non vorrai che il nostro ospite entri lì dentro dopo tutto quello che ci abbiamo combinato”
Vince fissò l’acqua torvo. Un’altra ragazza si avvicinò porgendo un accappatoio al padrone di casa. Questi l’indossò, poi strinse il braccio al suo collega “Vieni con me!”
“Dove mi porta?” pensò non fosse prudente restare da solo con lui.
“In un posto dove si può parlare in santa pace” lo condusse all’interno della villa. Dopo aver varcato la porta-finestra, entrarono nel grande salone.
Scesero una scalinata di legno, poi attraversarono un lungo corridoio giungendo di fronte ad una porta. Oltrepassato l’uscio, si ritrovarono in un enorme bagno completamente rivestito in marmo bianco. Al centro, una vasca idromassaggio con i rubinetti d’oro.
“Ti piace la mia Jacuzzi?”
“Caspita” si lasciò sfuggire Vince.
“Mai stato in una di queste?” si voltò.
“In verità, no”
“Cazzo, voi tedeschi non sapete come ci si diverte?” appoggiato il drink sul bordo, aprì il getto d’acqua.
“Che fa?” Vince era preoccupato per ciò che lo attendeva e cosa avrebbero pensato gli altri ascoltando la conversazione? E Jan?
Sono davvero nei pasticci.
“Preparo la vasca, ho bisogno di rilassarmi dopo tutto quel movimento e anche tu” Estefan lasciò vagare lo sguardo lungo il suo corpo “anzi, ho proprio qualcosa che fa al caso nostro” si mosse verso un mobile.
Aprì un cassetto e ne cacciò statuetta scura dalla forma di una divinità, probabilmente africana. Rappresentava una donna dalle grosse mammelle e dal clitoride dalle proporzioni improbabili. “Cos’è?” domandò il tedesco fissando quella strana scultura.
“Una sorpresa” ridacchiò “Ti va di fare due tiri? È purissima”
“Io non…”
“Su, ne hai bisogno, sei così teso”
Il trafficante pose un paio di strisce sul bordo della vasca, poi usò il ‘clitoride’ che, estratto dalla divinità, fungeva da cannuccia. Abbassò la testa e sniffò pulendosi i residui con le dita. Lo invitò a servirsi. Vince, non sapendo come districarsi da quella situazione, fu attanagliato da timori più che fondati.
Merda e se mi sento male? E se vado in overdose? Furono i pensieri sinistri che affollarono la mente dell’infiltrato.
“Non farti pregare, offro io” gli porse la cannuccia.
Vince la strinse tra le dita e, per la prima volta in vita sua, sniffò cocaina. Appena tirata si sentì formicolare il naso. Nonostante il disagio, tentò di rilassarsi per non sembrare un pivello.
Estefan sorrise, poi accorciò la distanza tra loro “Ora ti sentirai meglio” accarezzò il torace attraverso la canottiera.
Vince, avvertendo il tocco della sua mano calda, gemette mentre la droga cominciava ad entrare in circolo. Il cuore accelerò i battiti, la testa divenne leggera, i sensi si acuirono. Si sentiva alla grande e una vampata di calore improvvisa lo convinse a spogliarsi.
“Le dispiace se mi tolgo questa? È bagnata”
“Fai pure, anzi…”
Vince sfilò la canottiera dalla testa restando solo con i pantaloni ormai fastidiosamente stretti. Appoggiò l’indumento sulla poltroncina
Quando lo sguardo di Estefan si posò sugli addominali scolpiti, si leccò le labbra “Caspita, meglio di quanto pensassi! Ti tieni in forma”
“Sì, pratico molto sport” Vince si passò una mano nei capelli.
“Notevole, ma voi tedeschi siete tutti così… dotati?”
Vince arrossì a disagio pensando a Jan che ascoltava ogni parola. Se solo avesse potuto disattivare la trasmittente, ma se poi gli fosse servito il suo aiuto? “Non tutti” ribatté alla domanda sulla prestanza teutonica.
Voltatosi Estefan si avvicinò alla vasca e attivò l’idromassaggio. Nella stanza si diffuse uno strano ronzio. Vince notò un tatuaggio tra le scapole che raffigurava un pipistrello con le ali aperte.
“Li porta sempre qui a discutere di lavoro i suoi ospiti?”
“Solo se ne vale davvero la pena” sorrise.
Tolto l’accappatoio, si voltò per entrare nella Jacuzzi. Al contatto con l’acqua gemette. Lo sguardo si posò sul giovane che gli era davanti “Non entri?”
Vince esitò, poi avanzò verso la vasca, ma Estefan lo bloccò “Spogliati!”
“Non ho il costume”
“E con questo? Su, togli i pantaloni”
Il giovane imprecò mentalmente, ma obbedì. Non poteva mostrarsi troppo pudico, in fondo doveva sembrare uno spacciatore smaliziato non un ragazzino pieno di timori reverenziali.
Si spogliò sotto lo sguardo attento del trafficante, fino a restare in boxer bianchi, poi infilò un piede nell’acqua. Mentre s’immergeva sempre senza staccare lo sguardo dal suo ospite, sospirò leggermente. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli piaceva. C’era qualcosa in lui che lo attraeva, forse era la somiglianza con Miguel oppure il fascino latino. O quello del figlio di puttana, l’antitesi di Jan...
Appoggiata la schiena alla parete della vasca, lasciò ciondolare fuori le braccia. Vince avrebbe voluto risolvere al più presto quella faccenda per potersene andare via, ma temeva non sarebbe stato affatto semplice.
“Allora, Vince” avvicinandosi Estefan lo fissò con occhi come braci “ora che siamo soli, parla!”
“Ho un affare da proporle”
“Dammi del tu” lo corresse.
“Ho un affare molto redditizio da proporti”
“Ti ascolto” ritornò nel suo angolo, appoggiando le spalle contro il bordo.
“Il mio capo vorrebbe acquistare un quantitativo di Diamond”
“Di quante pasticche si parla?”
“Tu quante ne hai a disposizione?”
Estefan scoppiò a ridere divertito “Vuoi farmi credere che ha intenzione di accaparrarsi l’intera partita?”
Vince annuì “Ha molti soldi da spendere”
“Davvero credi che mi lascerei infinocchiare? Ha intenzione di fottermi il territorio?” la voce era all’apparenza calma, ma lasciava presagire tempesta “Se è così, stai sprecando il tuo fiato, anzi, rischi anche la pelle, dolcezza, oltre che il culo”
“Non ha intenzione di invadere il tuo territorio, Estefan” spiegò fingendo calma: “la nostra rete si sviluppa in Europa, per la precisione nell’Europa dell’est; Germania, Bulgaria, Ungheria…”
“In Germania ho dei miei agenti, soprattutto a Lipsia e Berlino”
“Che ne diresti di dividere il raggio d’azione? Lui si rifornirebbe delle pasticche di cui ha bisogno, triplicandoti i guadagni e portandoti altri compratori, ma in cambio tu dovrai lasciare a lui i tuoi traffici in Germania”
Estefan lo fissò pensieroso e Vince continuò “Sembra un accordo più che vantaggioso, no? Tu avresti il monopolio di Miami, lui avrebbe quello dell’Europa dell’est”
“Io non ho il monopolio di questa fottuta città, ci sono dei bastardi figli di una cagna che mi contrastano” replicò con rabbia “ma ancora per poco”
“Siamo al corrente anche di questo, ma se accetterai non saranno più un ostacolo. Saranno spazzati via”
“E chi cazzo sarebbe il tuo capo, Attila?” lo prese in giro. La sua proposta appariva ridicola e inverosimile.
“Uno che non va per il sottile, se qualcuno lo intralcia…”
“Mi stai minacciando?” in un attimo Estefan fu su di lui. Pose le mani ai lati della testa e gli si spinse addosso.
Vince poté avvertire l’imponenza del suo corpo massiccio. Cercò di allontanarlo, ma Estefan lo schiacciò maggiormente.
“Vieni a casa mia ed osi anche minacciarmi?” la bocca era talmente vicina alla sua che, se si fosse sporto di un niente, avrebbe potuto baciarlo “Sai che potrei prenderla male?”
“No, non era mia intenzione” balbettò ansimando, la sua vicinanza gli era pressoché insopportabile.
Santiago lo scrutò cercando di capire se stesse mentendo o meno, poi percepì l’erezione contro la coscia e ghignò “Interessante, ma cosa abbiamo qui?”
“Non starmi addosso”
“A me sembra che apprezzi” tolse una mano dal bordo della vasca e l’immerse nell’acqua planando tra le gambe di Vince.
“Cazzo” imprecò scattando.
“Siamo ben equipaggiati, sento” le dita del trafficante solleticarono il membro attraverso la stoffa dell’intimo ormai inconsistente.
“Lasciami”
“Perché dovrei? Me lo hai fatto rizzare” piegò la testa di lato baciandogli il collo “mi piace il tuo sapore”
Vince gemette ed eccitato mormorò qualcosa nella sua lingua natale. Estefan continuò il suo cammino, ma quando le parole gli giunsero alle orecchie, si rese conto di aver compreso cosa volessero dire. Si bloccò stupito, non era mai stato in Germania e di certo, non aveva mai studiato il tedesco. Si chiese come mai fosse possibile.
Vince si accorse del suo turbamento e lo fissò stranito “Che hai? Ti senti male?”
“Sto benissimo” replicò seccato “Dove eravamo? Ah, si” e ricominciò a palpeggiarlo.
Raggiunta la spalla leccò la clavicola. Tornò verso l’alto, mentre con le dita liberava il sesso. Mentre lo masturbava, sussurrò all'orecchio di Vince frasi che infiammarono il giovane tedesco, il quale buttò la testa indietro e allargò le gambe per fornirgli maggiore accesso. Scariche elettriche si propagarono lungo la schiena.
“Datti da fare, dolcezza!” ordinò Estefan aumentando il ritmo.
Vince allungò la mano, posandola sulla punta del membro che fuoriusciva dal costume. Pensò che in piscina aveva avuto una giusta impressione: era davvero molto dotato. Sfiorò il sesso poi preso coraggio, serrò le dita attorno iniziando a dargli piacere.
Estefan gemendo, avvicinò la bocca alla sua e l’accarezzò con la lingua “Ci sai fare, tedesco”
Lo baciò con violenza premendo per entrare, Vince socchiuse le labbra e rispose con altrettanto ardore lasciandosi inebriare da quel sapore latino.
Usò l’altro braccio per attirarlo a sé, poi gli circondò la vita con le gambe. Le mani si mossero frenetiche sui rispettivi sessi fino al raggiungimento del picco.
“Niente male, hai del potenziale” commentò accarezzandogli i capelli madidi di sudore.
“E tu baci da dio, Estefan” sfiorò il pizzetto sotto il mento. In quel momento notò un’anomalia, qualcosa che gli era sfuggito: uno sfregio sotto la bocca “e questo?” puntò con l’indice la cicatrice.
“Non so, dovevo essere piccolo quando mi sono procurato la ferita” tornò a cercare le sue labbra, tirando quello inferiore con i denti “Ho voglia di fotterti”
Vince sgranò gli occhi e s’irrigidì. Non era di certo preparato a una proposta del genere.
“Ti sto prendendo in giro” ridacchiò “Puoi respirare” si scansò per uscire dalla vasca.
“Dove vai?” gli occhi si posarono sul membro. Un neo grosso quando un fagiolo attirò la sua attenzione. L’osservò a lungo, fino a quando il trafficante non ebbe indossato nuovamente l’accappatoio e annodando la cinta.
“L’incontro è terminato”
Vince, ancora in acqua che cercava di riprendersi dall’orgasmo, sospirò.
“Che c’è? Non dirmi che ti ho già sfiancato” lo prese in giro “Tutta qui la resistenza di voi tedeschi?”
“Neanche per idea!” protestò Vince alzandosi a sua volta. I boxer bagnati gli aderivano mostrando la mercanzia.
“Notevole, davvero notevole” commentò Estefan “Asciugati!” ordinò “Josè ti attende qui fuori per riportarti al locale” e voltandosi per uscire si allontanò.
Vince gli corse dietro. Quando lo ebbe raggiunto, gli afferrò un braccio “Non mi hai dato una risposta”
“Dì al tuo capo che ci penserò. È stato un piacere parlare di affari con te”
Vince arrossì e lui gli sfiorò la guancia con il palmo “Sei davvero carino, la prossima volta potremo provare qualcosa di diverso” avvicinò le labbra all’orecchio “significa che ti scoperò fino a quando non cominci ad urlare”
Vince restò senza parole, ma al solo pensiero, il suo sesso ebbe un guizzo.
“Ora, devo andare. Ho un appuntamento molto importante” aprì la porta e uscì.
“Merda” imprecò una volta solo. Raccattò gli abiti e si vestì.
Lo scagnozzo di Santiago aprì la porta “Seguimi!”
Vince obbedì. Bendato fu riportato al locale, dove venne scaricato senza troppe cerimonie.
Prima di sgommare via Josè si sporse dal finestrino “Avrai nostre notizie”
“E come?”
L’altro gli lanciò un piccolo cellulare argentato “Prendi questo. Quando squillerà saprai che il capo vorrà parlarti” e il fuoristrada partì.
Terrorizzato all’idea che il compagno avesse ascoltato quanto successo con Santiago, si portò le mani alle tempie. Sospirando gravemente, guardò intorno la strada era deserta. Di Jan e degli altri nemmeno l’ombra.
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Vince allungò il braccio per permettere ad uno degli agenti della squadra di allacciargli al polso l’orologio provvisto di microchip. Jan si trovava dall’altra parte dell’ufficio, la schiena appoggiata alla parete e le braccia incrociate al petto. Era in ansia, Vince rischiava la vita per la voglia di dimostrare di essere all’altezza del compito affidatogli e per la leggerezza con la quale affrontava il tutto. In realtà, era anche altro che preoccupava il commissario: Estefan Santiago. Rivedere quel volto così familiare lo aveva spiazzato. Credeva di aver superato la perdita di Miguel, ma sbagliava. Era bastato scorgere una somiglianza per mandarlo nel panico e far riaffiorare ricordi della sua vita passata e soprattutto della loro storia a cui non pensava ormai da tanto, soprattutto da quando si era nuovamente innamorato.
“Siamo pronti!” la voce del tenente Sanchez lo riportò alla realtà.
Jan si mosse verso Vince osservandolo con attenzione, sembrava proprio entrato nella parte. Indossava una canottiera bianca dalla quale fuoriusciva un ciuffetto di peli, pantaloni blu fino al ginocchio e camicia a fiori. Ai piedi un paio di Converse azzurre e al polso un orologio pacchiano d’oro che celava il microfono. Fece una smorfia, sebbene il look fosse lontano anni luce dai suoi gusti, trovava il suo ragazzo ugualmente irresistibile.
Vince gli sorrise, poi tornò serio cercando di non lasciar trapelare l’inquietudine che lo attanagliava “Come sto?”
Jan storse il naso e l’altro scoppiò a ridere “Sono perfetto, allora”
“Per i bassifondi, forse”
“Esagerato. Sto davvero tanto male?” domandò ai presenti.
“Passabile” disse un agente “speriamo che la bevano altrimenti…”
“La berranno” Vince aggiustò i capelli.
“Ricorda cosa dire?” intervenne il tenente Sanchez.
“Certo, ho tutto qui!” si toccò una tempia.
“Bene, noi saremo in ascolto, ma non potremo comunicare. Se Santiago dovesse capire che qualcosa non va, la prego di uscire immediatamente dal locale. Quell’uomo è pericoloso”
“Non mi farò uccidere, tenente”
Lei annuì, poi aggiunse “Commissario Maybach, potrebbe seguire da vicino l’operazione per intervenire in caso di necessità. Che ne pensa?”
“La trovo un’ottima idea, tenente Sanchez” sorrise rassicurato.
“Tutti pronti? Bene, si va in scena”
Uscirono dall’ufficio, ma Jan trattenne il compagno “Sii prudente, Vince”
“Lo sarò” gli appoggiò una mano sul petto “non preoccuparti” e si allontanò.


Un’ora dopo Vince era seduto al bar del “Choza” in attesa di Santiago, davanti a sé un cocktail a base di tequila. Lo sguardo vagò annoiato da una parte all’altra del locale. Individuò Jan in un angolo, intento a chiacchierare con una ragazza dai lunghi capelli neri stretta in un mini abito rosso fuoco. Gli venne da ridere, il suo Jan sembrava a disagio. Di certo, lei stava cercando di portarselo a letto. E come darle torto… Jan era talmente bello e sensuale che nemmeno una cieca avrebbe resistito.
Improvvisamente Vince avvertì una presenza alle sue spalle. Prima che potesse voltarsi, una mano gli afferrò il braccio. Si trovò davanti lo stesso energumeno della sera precedente.
“Il mio capo vuole vederti!” esclamò Josè aumentando la stretta “Seguimi!”
“Non è per questo che sono qui? Dov’è?”
Sentendosi tirare senza ricevere alcuna replica, Vince lo strattonò “Lasciami! Dove mi porti?”
“Se vuoi parlare con el senior Santiago verrai con me!”
Fu condotto verso la porta sul retro, per essere sbattuto addosso a un fuoristrada nero dai vetri oscurati.
Colpì la schiena contro la portiera “Cazzo, fai piano, bestione”
L’altro lo guardò torvo e lo spinse dentro dalla testa.
Sul sedile accanto a lui tre uomini, presumibilmente portoricani, lo fissarono truci intimandogli di restare fermo.
Uno si sporse verso di lui “Dammi le mani”
Obbedì e un attimo dopo si ritrovò i polsi legati tra loro. Sugli occhi gli fu stretta una benda.
Vince rabbrividì dandosi dell’idiota. Perché ho insistito? Ora sto rischiando la vita, senza neanche la possibilità di salutare Jan per l’ultima volta!
“Dove mi portate?”
Nessuno rispose e Vince, ormai rassegnatosi al suo triste destino, si appoggiò alla spalliera.
Quando l’auto si fermò, qualcuno aprì la portiera che scricchiolò e lui fu trascinato fuori in malo modo.
“Eccoci, siamo arrivati, ragazzino!” Josè lo sbendò e poi gli liberò le braccia.
“Era proprio necessario?” protestò Vince massaggiando i polsi doloranti.
“Seguimi senza fiatare”
Vince annuì, lo sguardo si posò sulla pistola che usciva dai suoi pantaloni e deglutì, era sempre più certo di essersi cacciato in un vero guaio.
Guardandosi intorno si rese conto che si trovava in un’enorme villa circondata da un giardino grande almeno il triplo del suo appartamento a Lipsia. Il prato era abbellito da alcune statue di nudi e una fontana di marmo.
Attraversarono il viale, la villa era preceduta da un portico con colonne. Giunti all’interno del salone si trovarono davanti ad una scalinata che portava al piano superiore. Al soffitto scendeva un lampadario stracarico di cristalli e alle pareti quadri che rappresentavano varie figure femminili, alcune accovacciate, alcune vestite, altre in pose lascive. Vince spalancò la bocca per la sorpresa, non credeva si sarebbe trovato davanti a tanto lusso, ma in fondo non doveva meravigliarsi. Quella era l’abitazione di un narcotrafficante.
“Dove stiamo andando?”
“Muovi il culo, el senior Santiago ti aspetta in piscina”
Quando furono in prossimità della porta a vetri che portava all’esterno, l’energumeno lo bloccò “Se tenti qualche scherzetto, ti faccio fuori!”
Vince represse un sorriso, si riferiva a quello che gli aveva combinato la sera precedente.
“Hai capito?”
“Tutto chiaro! Sono qui per affari!”
“Bene!” Josè aprì la porta-finestra e uscì seguito dall’infiltrato.
Vince non era pronto allo spettacolo che gli si presentò agli occhi: la piscina dalla forma oblunga occupava quasi tutto lo spazio disponibile, decine di ragazze scherzavano lanciandosi palloncini pieni d’acqua o sedevano su poltroncine gonfiabili sorseggiando drink multicolori. Su di un lettino gonfiabile un uomo estremamente attraente sorseggiava un martini on the rock. Lo copriva solamente uno slip bianco troppo piccolo per contenere l’erezione che sembrava sentisse un estremo bisogno di fuoriuscire da un angolo.
Due ragazze gli erano stese accanto, una di colore, con un bikini giallo, lo baciava sul collo, mentre l’altra, una rossa mozzafiato, gli accarezzava il torace bagnato. Sebbene le fanciulle fossero veramente belle, Vince non riuscì più a staccare lo sguardo dall’uomo. Ma questi sembrava non essersi ancora accorto della sua presenza.
Il suo scagnozzo si avvicinò a bordo piscina “Senior. L’uomo che attendeva!”
Questi puntò le iridi scure sul nuovo arrivato. In quell’attimo, Vince avvertì uno strano formicolio alle parti basse. Provò a spostare l’attenzione su una delle ragazze, ma quel viso lo attraeva come un magnete. Gli ritornarono alla mente le foto in casa di Jan, collocate nei vari portaritratti, persino sul comò di fronte al letto dove pressappoco ogni notte facevano l’amore, troneggiava un’immagine sua con il compagno scomparso!
Vince decretò che la somiglianza tra loro fosse davvero incredibile.
Se qui ci fosse Jan non so come reagirebbe nel rivedere il sosia, ‘la perfetta copia’ del suo compagno scomparso.
Santiago continuò a fissarlo con interesse. Sulle labbra carnose apparve un sorrisetto malizioso.
Vince sentì la gola seccarsi, l’atmosfera si stava davvero riscaldando. La canottiera aderì al punto da diventare una seconda pelle.
Improvvisamente immagini di Miguel e Jan insieme si affollarono nella mente tormentandolo. Si sentì quasi un testimone involontario del loro amore.
In una visione li vide in ufficio a Lipsia, all’esterno il sole era già tramontato, ma i due sedevano ancora alle loro scrivanie, occupati a sbrigare delle vecchie pratiche.
Miguel rosicchiava il tappo della penna sbuffando, era un uomo d’azione e detestava dover sbrigare del lavoro di cancelleria. Jan alzò il capo dal documento che stava leggendo e ridacchiò.
“Che hai da ridere? Potremmo essere già in un pub davanti ad una birra e invece siamo bloccati qui!”
“Non vedi il lato positivo di tutto questo” Jan lo raggiunse e sedette sulla sua scrivania accavallando le gambe. Negli occhi una strana luce.
Miguel appoggiò la schiena alla spalliera “Dimmi quale sarebbe il lato positivo nel trascorrere il venerdì sera tra le scartoffie”
Con un piede Jan attirò verso di sé la poltroncina sulla quale era seduto il compagno “Siamo soli e soprattutto liberi di fare ciò che vogliamo” si sporse verso di lui.
“Sei diabolico, Jan” Miguel appoggiò le mani sulle cosce del collega.
Le labbra si unirono. Fu un bacio delicato, ma bastò a infiammarli. Miguel gli conficcò le dita nella stoffa dei pantaloni.
Incontrando la lingua con la sua, Jan approfondì il contatto “Chiudo la porta” si staccò.
Miguel lo trattenne “No! Rischiamo!” gli slacciò la cinta.
“Ti piace il pericolo, vero?” sbottonò la camicia di Miguel e vi insinuò le dita.
“Sempre! Siediti su di me, Jan”
“Vuoi che ti cavalchi, amore mio?” accarezzò il torace.
Gli occhi dello spagnolo s’illuminarono “Mi fa impazzire quando mi dici amore mio”
Jan si spogliò lentamente sotto il suo sguardo attento, poi gli sedette in grembo “Ti desidero come un pazzo, lo sai, vero?”
Miguel tornò a reclamare le labbra. Sbottonò i jeans ansioso di essere dentro di lui.
Lasciata scivolare la camicia sul pavimento, Jan spostò le labbra sul collo, lo leccò con la punta della lingua “Adoro il tuo sapore”
“E io adoro te” Miguel lo penetrò fino in fondo.
Jan ansimò muovendosi sinuoso “Scopami!”
Miguel lo accontentò e alzato il bacino pose le mani sui fianchi per assecondare i suoi assalti “Cavalcami! Scopati su di me!”
“Ti prego, non ti fermare.” Lo supplicò Jan in preda all’estasi.
“Hermosos ojos, mi vuole dire a cosa devo il piacere della sua presenza nella mia casa?”
Vince tornò alla realtà. Non era né il momento né il luogo per lasciarsi invadere dalla gelosia, nemmeno chiedersi il perché di quella fantasia sciocca. Jan non avrebbe mai fatto sesso con Miguel in ufficio né con chiunque altro! Vince alzò la testa e si rese conto che il trafficante non era più in acqua, ma ad un passo da lui e lo guardava con estremo interesse. Era sempre nudo, ma un asciugamano, con il quale si tamponava, celava una parte del torace.
“Vede, io...” balbettò. Cosa diavolo mi sta succedendo?
Santiago sorrise “Sai che non sei niente male? Qual è il tuo nome, dolcezza?”
“Vince” mormorò distogliendo lo sguardo dal corpo bagnato ed eccitato che gli era davanti e lo posò sul viso.
“Di dove sei? Il tuo accento mi è familiare, sei tedesco?” corrugò la fronte.
“Sì, di Berlino. È mai stato in Germania?”
“No” scosse la testa “Cosa ti porta a Miami, Vince?” avanzò di un passo.
“Affari, signor Santiago e sono qui per proporgliene uno”
“Chiamami Estefan, dolcezza” gli lisciò il colletto della camicia “tutto a tempo debito. Siamo ad una festa e io non discuto mai d’affari davanti a delle belle donne, preferisco fare altro” fece l’occhiolino, poi si voltò verso una biondina “Porta da bere al nostro ospite”
“Veramente, non…” Vince tentò di rifiutare.
“Non farti pregare, mi piaci. Sembri un tipo in gamba” avvicinò il viso al suo.
Vince poté avvertire il suo alito, un misto di tequila e tabacco, combinazione che non fece altro che accentuare l’attrazione che provava “Signor Santiago, Estefan... la ringrazio, ma…”
“Non dirmi che sei astemio!” scoppiò a ridere.
“No!” si affrettò a negare “Anzi, accetto volentieri” l’ultima cosa che voleva, era contrariarlo.
Estefan sorrise “Non hai caldo con tutta quella roba addosso?”
“Sto bene” mentì.
In quel momento un palloncino pieno d’acqua lo colpì infradiciandolo da capo a piedi “Merda” imprecò il poliziotto nella sua lingua madre.
L’ispanico scoppiò a ridere, mentre Vince non lo trovò affatto divertente. Stizzito, si tolse la camicia e la strizzò “Se non altro, mi sono rinfrescato” blaterò per sciogliere la tensione.
“Sei proprio tenero” Estefan lasciò vagare lo sguardo sul torace del giovane “un cucciolo da accarezzare!” aggiunse con voce profonda.
Vince fremette, quell’uomo aveva deciso di farlo impazzire! Considerò che avrebbe fatto meglio ad andare via prima fosse troppo tardi “Non avrebbe qualcosa con cui possa asciugarmi?”
Estefan fece un cenno e la fanciulla dai lunghi capelli biondi ritornò con i drink e un asciugamano. Appoggiato il tutto sul tavolo, si strinse al padrone di casa il quale le sferrò una pacca sul sedere. Lei fece un gridolino, ridacchiando. Vince cercò di asciugarsi alla meglio, ma era completamente zuppo.
“Puoi andare, dolcezza” le disse Estefan.
“Non torni da noi, tesoro?” civettò vogliosa “Ci manchi”
“Tra un attimo” le fece segno di allontanarsi.
“Bevi tedesco, è tutto tuo” Vince accettò ma quando gli porse il bicchiere e le dita si sfiorarono, Vince si sentì invadere da un’ennesima ondata di calore. Lo ingoiò tutto d’un sorso, poi tossì, era esageratamente alcolico.
“Troppo forte? Sai, l’ho inventato io, si chiama Orgasmo ed è a base di tequila.”
“Squisito” mormorò Vince mentre la gola chiedeva pietà.
Una delle ragazze, una bella morettina sorrise al tedesco, poi gli fece cenno di raggiungerle, ma Estefan scosse la testa “No, piccola, non vorrai che il nostro ospite entri lì dentro dopo tutto quello che ci abbiamo combinato”
Vince fissò l’acqua torvo. Un’altra ragazza si avvicinò porgendo un accappatoio al padrone di casa. Questi l’indossò, poi strinse il braccio al suo collega “Vieni con me!”
“Dove mi porta?” pensò non fosse prudente restare da solo con lui.
“In un posto dove si può parlare in santa pace” lo condusse all’interno della villa. Dopo aver varcato la porta-finestra, entrarono nel grande salone.
Scesero una scalinata di legno, poi attraversarono un lungo corridoio giungendo di fronte ad una porta. Oltrepassato l’uscio, si ritrovarono in un enorme bagno completamente rivestito in marmo bianco. Al centro, una vasca idromassaggio con i rubinetti d’oro.
“Ti piace la mia Jacuzzi?”
“Caspita” si lasciò sfuggire Vince.
“Mai stato in una di queste?” si voltò.
“In verità, no”
“Cazzo, voi tedeschi non sapete come ci si diverte?” appoggiato il drink sul bordo, aprì il getto d’acqua.
“Che fa?” Vince era preoccupato per ciò che lo attendeva e cosa avrebbero pensato gli altri ascoltando la conversazione? E Jan?
Sono davvero nei pasticci.
“Preparo la vasca, ho bisogno di rilassarmi dopo tutto quel movimento e anche tu” Estefan lasciò vagare lo sguardo lungo il suo corpo “anzi, ho proprio qualcosa che fa al caso nostro” si mosse verso un mobile.
Aprì un cassetto e ne cacciò statuetta scura dalla forma di una divinità, probabilmente africana. Rappresentava una donna dalle grosse mammelle e dal clitoride dalle proporzioni improbabili. “Cos’è?” domandò il tedesco fissando quella strana scultura.
“Una sorpresa” ridacchiò “Ti va di fare due tiri? È purissima”
“Io non…”
“Su, ne hai bisogno, sei così teso”
Il trafficante pose un paio di strisce sul bordo della vasca, poi usò il ‘clitoride’ che, estratto dalla divinità, fungeva da cannuccia. Abbassò la testa e sniffò pulendosi i residui con le dita. Lo invitò a servirsi. Vince, non sapendo come districarsi da quella situazione, fu attanagliato da timori più che fondati.
Merda e se mi sento male? E se vado in overdose? Furono i pensieri sinistri che affollarono la mente dell’infiltrato.
“Non farti pregare, offro io” gli porse la cannuccia.
Vince la strinse tra le dita e, per la prima volta in vita sua, sniffò cocaina. Appena tirata si sentì formicolare il naso. Nonostante il disagio, tentò di rilassarsi per non sembrare un pivello.
Estefan sorrise, poi accorciò la distanza tra loro “Ora ti sentirai meglio” accarezzò il torace attraverso la canottiera.
Vince, avvertendo il tocco della sua mano calda, gemette mentre la droga cominciava ad entrare in circolo. Il cuore accelerò i battiti, la testa divenne leggera, i sensi si acuirono. Si sentiva alla grande e una vampata di calore improvvisa lo convinse a spogliarsi.
“Le dispiace se mi tolgo questa? È bagnata”
“Fai pure, anzi…”
Vince sfilò la canottiera dalla testa restando solo con i pantaloni ormai fastidiosamente stretti. Appoggiò l’indumento sulla poltroncina
Quando lo sguardo di Estefan si posò sugli addominali scolpiti, si leccò le labbra “Caspita, meglio di quanto pensassi! Ti tieni in forma”
“Sì, pratico molto sport” Vince si passò una mano nei capelli.
“Notevole, ma voi tedeschi siete tutti così… dotati?”
Vince arrossì a disagio pensando a Jan che ascoltava ogni parola. Se solo avesse potuto disattivare la trasmittente, ma se poi gli fosse servito il suo aiuto? “Non tutti” ribatté alla domanda sulla prestanza teutonica.
Voltatosi Estefan si avvicinò alla vasca e attivò l’idromassaggio. Nella stanza si diffuse uno strano ronzio. Vince notò un tatuaggio tra le scapole che raffigurava un pipistrello con le ali aperte.
“Li porta sempre qui a discutere di lavoro i suoi ospiti?”
“Solo se ne vale davvero la pena” sorrise.
Tolto l’accappatoio, si voltò per entrare nella Jacuzzi. Al contatto con l’acqua gemette. Lo sguardo si posò sul giovane che gli era davanti “Non entri?”
Vince esitò, poi avanzò verso la vasca, ma Estefan lo bloccò “Spogliati!”
“Non ho il costume”
“E con questo? Su, togli i pantaloni”
Il giovane imprecò mentalmente, ma obbedì. Non poteva mostrarsi troppo pudico, in fondo doveva sembrare uno spacciatore smaliziato non un ragazzino pieno di timori reverenziali.
Si spogliò sotto lo sguardo attento del trafficante, fino a restare in boxer bianchi, poi infilò un piede nell’acqua. Mentre s’immergeva sempre senza staccare lo sguardo dal suo ospite, sospirò leggermente. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli piaceva. C’era qualcosa in lui che lo attraeva, forse era la somiglianza con Miguel oppure il fascino latino. O quello del figlio di puttana, l’antitesi di Jan...
Appoggiata la schiena alla parete della vasca, lasciò ciondolare fuori le braccia. Vince avrebbe voluto risolvere al più presto quella faccenda per potersene andare via, ma temeva non sarebbe stato affatto semplice.
“Allora, Vince” avvicinandosi Estefan lo fissò con occhi come braci “ora che siamo soli, parla!”
“Ho un affare da proporle”
“Dammi del tu” lo corresse.
“Ho un affare molto redditizio da proporti”
“Ti ascolto” ritornò nel suo angolo, appoggiando le spalle contro il bordo.
“Il mio capo vorrebbe acquistare un quantitativo di Diamond”
“Di quante pasticche si parla?”
“Tu quante ne hai a disposizione?”
Estefan scoppiò a ridere divertito “Vuoi farmi credere che ha intenzione di accaparrarsi l’intera partita?”
Vince annuì “Ha molti soldi da spendere”
“Davvero credi che mi lascerei infinocchiare? Ha intenzione di fottermi il territorio?” la voce era all’apparenza calma, ma lasciava presagire tempesta “Se è così, stai sprecando il tuo fiato, anzi, rischi anche la pelle, dolcezza, oltre che il culo”
“Non ha intenzione di invadere il tuo territorio, Estefan” spiegò fingendo calma: “la nostra rete si sviluppa in Europa, per la precisione nell’Europa dell’est; Germania, Bulgaria, Ungheria…”
“In Germania ho dei miei agenti, soprattutto a Lipsia e Berlino”
“Che ne diresti di dividere il raggio d’azione? Lui si rifornirebbe delle pasticche di cui ha bisogno, triplicandoti i guadagni e portandoti altri compratori, ma in cambio tu dovrai lasciare a lui i tuoi traffici in Germania”
Estefan lo fissò pensieroso e Vince continuò “Sembra un accordo più che vantaggioso, no? Tu avresti il monopolio di Miami, lui avrebbe quello dell’Europa dell’est”
“Io non ho il monopolio di questa fottuta città, ci sono dei bastardi figli di una cagna che mi contrastano” replicò con rabbia “ma ancora per poco”
“Siamo al corrente anche di questo, ma se accetterai non saranno più un ostacolo. Saranno spazzati via”
“E chi cazzo sarebbe il tuo capo, Attila?” lo prese in giro. La sua proposta appariva ridicola e inverosimile.
“Uno che non va per il sottile, se qualcuno lo intralcia…”
“Mi stai minacciando?” in un attimo Estefan fu su di lui. Pose le mani ai lati della testa e gli si spinse addosso.
Vince poté avvertire l’imponenza del suo corpo massiccio. Cercò di allontanarlo, ma Estefan lo schiacciò maggiormente.
“Vieni a casa mia ed osi anche minacciarmi?” la bocca era talmente vicina alla sua che, se si fosse sporto di un niente, avrebbe potuto baciarlo “Sai che potrei prenderla male?”
“No, non era mia intenzione” balbettò ansimando, la sua vicinanza gli era pressoché insopportabile.
Santiago lo scrutò cercando di capire se stesse mentendo o meno, poi percepì l’erezione contro la coscia e ghignò “Interessante, ma cosa abbiamo qui?”
“Non starmi addosso”
“A me sembra che apprezzi” tolse una mano dal bordo della vasca e l’immerse nell’acqua planando tra le gambe di Vince.
“Cazzo” imprecò scattando.
“Siamo ben equipaggiati, sento” le dita del trafficante solleticarono il membro attraverso la stoffa dell’intimo ormai inconsistente.
“Lasciami”
“Perché dovrei? Me lo hai fatto rizzare” piegò la testa di lato baciandogli il collo “mi piace il tuo sapore”
Vince gemette ed eccitato mormorò qualcosa nella sua lingua natale. Estefan continuò il suo cammino, ma quando le parole gli giunsero alle orecchie, si rese conto di aver compreso cosa volessero dire. Si bloccò stupito, non era mai stato in Germania e di certo, non aveva mai studiato il tedesco. Si chiese come mai fosse possibile.
Vince si accorse del suo turbamento e lo fissò stranito “Che hai? Ti senti male?”
“Sto benissimo” replicò seccato “Dove eravamo? Ah, si” e ricominciò a palpeggiarlo.
Raggiunta la spalla leccò la clavicola. Tornò verso l’alto, mentre con le dita liberava il sesso. Mentre lo masturbava, sussurrò all'orecchio di Vince frasi che infiammarono il giovane tedesco, il quale buttò la testa indietro e allargò le gambe per fornirgli maggiore accesso. Scariche elettriche si propagarono lungo la schiena.
“Datti da fare, dolcezza!” ordinò Estefan aumentando il ritmo.
Vince allungò la mano, posandola sulla punta del membro che fuoriusciva dal costume. Pensò che in piscina aveva avuto una giusta impressione: era davvero molto dotato. Sfiorò il sesso poi preso coraggio, serrò le dita attorno iniziando a dargli piacere.
Estefan gemendo, avvicinò la bocca alla sua e l’accarezzò con la lingua “Ci sai fare, tedesco”
Lo baciò con violenza premendo per entrare, Vince socchiuse le labbra e rispose con altrettanto ardore lasciandosi inebriare da quel sapore latino.
Usò l’altro braccio per attirarlo a sé, poi gli circondò la vita con le gambe. Le mani si mossero frenetiche sui rispettivi sessi fino al raggiungimento del picco.
“Niente male, hai del potenziale” commentò accarezzandogli i capelli madidi di sudore.
“E tu baci da dio, Estefan” sfiorò il pizzetto sotto il mento. In quel momento notò un’anomalia, qualcosa che gli era sfuggito: uno sfregio sotto la bocca “e questo?” puntò con l’indice la cicatrice.
“Non so, dovevo essere piccolo quando mi sono procurato la ferita” tornò a cercare le sue labbra, tirando quello inferiore con i denti “Ho voglia di fotterti”
Vince sgranò gli occhi e s’irrigidì. Non era di certo preparato a una proposta del genere.
“Ti sto prendendo in giro” ridacchiò “Puoi respirare” si scansò per uscire dalla vasca.
“Dove vai?” gli occhi si posarono sul membro. Un neo grosso quando un fagiolo attirò la sua attenzione. L’osservò a lungo, fino a quando il trafficante non ebbe indossato nuovamente l’accappatoio e annodando la cinta.
“L’incontro è terminato”
Vince, ancora in acqua che cercava di riprendersi dall’orgasmo, sospirò.
“Che c’è? Non dirmi che ti ho già sfiancato” lo prese in giro “Tutta qui la resistenza di voi tedeschi?”
“Neanche per idea!” protestò Vince alzandosi a sua volta. I boxer bagnati gli aderivano mostrando la mercanzia.
“Notevole, davvero notevole” commentò Estefan “Asciugati!” ordinò “Josè ti attende qui fuori per riportarti al locale” e voltandosi per uscire si allontanò.
Vince gli corse dietro. Quando lo ebbe raggiunto, gli afferrò un braccio “Non mi hai dato una risposta”
“Dì al tuo capo che ci penserò. È stato un piacere parlare di affari con te”
Vince arrossì e lui gli sfiorò la guancia con il palmo “Sei davvero carino, la prossima volta potremo provare qualcosa di diverso” avvicinò le labbra all’orecchio “significa che ti scoperò fino a quando non cominci ad urlare”
Vince restò senza parole, ma al solo pensiero, il suo sesso ebbe un guizzo.
“Ora, devo andare. Ho un appuntamento molto importante” aprì la porta e uscì.
“Merda” imprecò una volta solo. Raccattò gli abiti e si vestì.
Lo scagnozzo di Santiago aprì la porta “Seguimi!”
Vince obbedì. Bendato fu riportato al locale, dove venne scaricato senza troppe cerimonie.
Prima di sgommare via Josè si sporse dal finestrino “Avrai nostre notizie”
“E come?”
L’altro gli lanciò un piccolo cellulare argentato “Prendi questo. Quando squillerà saprai che il capo vorrà parlarti” e il fuoristrada partì.
Terrorizzato all’idea che il compagno avesse ascoltato quanto successo con Santiago, si portò le mani alle tempie. Sospirando gravemente, guardò intorno la strada era deserta. Di Jan e degli altri nemmeno l’ombra.

giovedì 2 giugno 2011

Galeotto fu il party

Pairing: Gabriel Merz-Jared Leto
Rating: NC17
Questa storia è frutto della mia invenzione e soprattutto della mia mente malata.
Non conosco gli attori o le loro preferenze.
Spero che le Echelon e le fan di Jared non se la prendano a male per questa coppia così inusuale.

Il tappeto rosso era affollato di uomini impettiti nei loro smoking e donne bellissime ingioiellate e strette in abiti attillati. Nonostante fosse elegante nella sua giacca scura, Gabriel Merz si sentiva quasi fuori posto. Non partecipava spesso ad eventi del genere. L’ultimo era stato in occasione delle 1000 puntate della soap Rote rosen. I flash dei fotografi lo sorpresero quasi accecandolo. Quella sera alla Berlinale c’era la premiere della nuova stagione di Alarm fur Cobra 11 alla quale aveva nuovamente partecipato come protagonista di un episodio. Accanto a lui gli altri membri. Tom Beck gli portò un braccio intorno alle spalle per farsi fotografare, poi insieme s’incamminarono verso l’entrata del teatro. Al termine della proiezione tutto il cast venne invitato ad un party esclusivo. Dopo molte resistenze Gabriel si lasciò convincere da Tom ed Erdogan ad andare con loro, ma avrebbe preferito tornarsene a casa a riposare. Quella sera era triste e non aveva molta voglia di divertirsi. La sala era gremita di persone che ballavano al ritmo della musica techno ad un volume tale che era quasi impossibile intraprendere qualunque una conversazione. Il caldo costrinse Gabriel a togliersi la giacca e ad aprire un paio di bottoni della camicia. Sedette al bancone del bar, accanto a qualcuno di cui non poteva vedere il volto, si teneva la testa con le mani. Davanti a lui un bicchierino di tequila.
Gabriel ordinò una birra e sorseggiandola lentamente, si guardò intorno alla ricerca di qualche ragazza con la quale fare conversazione, ma sembravano tutte troppo prese da altri uomini o dalla musica per accorgersi di lui. Sospirando riportò la sua attenzione sulla bottiglia davanti a sé.
“Che c’è amico? Non ti diverti?” sussurrò in inglese il suo vicino allungandosi verso di lui.
Gabriel si voltò e due pozze azzurre lo colpirono mozzandogli il respiro. Quel giovane era di una bellezza travolgente: pelle candida, capelli biondi e occhi eccessivamente truccati.
“Come?” balbettò anche lui nella medesima lingua. Non riusciva a smettere di fissarlo
“Hai l’aria di annoiarti, amico” gli sfiorò il braccio con un dito.
“Non mi piacciono queste feste” rispose: “ma neanche tu sembri sprizzare felicità!”
“Faccio parte della band” alzò le spalle. “Sono costretto a stare qui!”
“La band? Non seguo molto la musica rock, siete famosi?” si pentì della sua domanda quasi immediatamente.
“In effetti, sì. Dove vivi, amico?” lo prese in giro. “Non conosci i 30 Seconds to Mars?
“Scusa, non volevo essere scortese” imbarazzato Gabriel si toccò la nuca.
“Fa niente! Ti perdono perché sei tanto carino” sorrise mostrando una dentatura perfetta.
Gabriel deglutì, quel ragazzo stava cercando di sedurlo e ci stava riuscendo. Si sentì attratto da quel giovane: neanche conosceva il suo nome e già fantasticava su di lui.
“Visto che non mi conosci, mi presento. Io sono Jared, Jared Leto” gli porse la mano: “E tu come ti chiami, begli occhi?”
“Gabriel” gliela strinse indugiando con lo sguardo sulle dita affusolate. “Gabriel Merz”
“Sei spagnolo?” domandò non ravvisando in lui caratteri teutonici.
Gabriel scosse la testa: “Tedesco”
“Tedesco?” strabuzzò gli occhi “Con questa carnagione scura e i lineamenti latini?”
“Non sei il primo che si sorprende”
“Io invece sono americano, vivo tra Los Angeles e New York”
“Wow, non so se riuscirei a stare in città del genere”
“Si può dire che sono cittadino del mondo” svuotò il bicchierino con un solo sorso. “Ti va qualcosa di più serio?” fece una smorfia indicando la birra di Gabriel.
“Che mi proponi?” Gabriel era sempre più eccitato. Dopo Marco, il suo collega in Soko Leizig e anche grande amico, non si era mai sentito così attratto da un altro uomo come in quel momento.
Jared ridacchiò e alzando un braccio ordinò altre due tequila. Non appena il liquido scivolò lungo la gola, Gabriel avvertì le fiamme, che si propagarono fino allo stomaco. “Cazzo!”
Jared scoppiò a ridere “Troppo forte? Io di solito non bevo, ma questa sera ho voglia di non pensare”
“No, è che devo abituarmici” Gabriel tossì.
Divertito Jared si sporse verso di lui. “Tu che lavoro fai?” lo scrutò con interesse.
“L’attore, ma non sono famoso nel nuovo continente”
“Davvero? Anche io”
Guardandolo attentamente, Gabriel ravvisava un volto familiare: “Sì, devo averti visto in qualche film”
“Ne ho girati tanti” alzò le spalle “ma forse mi avrai visto in Alexander, di Oliver Stone” sussurrò.
“Eh?” Gabriel sgranò gli occhi. Cavoli, uno dei miei film preferiti! Ma certo! “Tu…eri Efestion?”
Jared annuì: “In carne ed ossa!”
“Cazzo, amo quel film. Come ho fatto a non riconoscerti” Dopo essere andato al cinema a vedere il film aveva fantasticato su quel macedone per settimane e non riusciva a credere che il suo sogno erotico fosse lì davanti a lui: “Eri il mio personaggio preferito”
“Quanto sei tenero” accorciò la distanza che li separava. “Senti, che ne diresti di…”
Qualcuno gli sferrò una pacca sulla schiena impedendogli di terminare la domanda. Era un giovane con una maglia nera e jeans strappati sulle ginocchia.
“Ehi, Jay, vieni, tocca a noi!” disse il giovane in inglese.
“Merda!” imprecò “Non vedi che sono impegnato, Shan?”
“Muovi il culo, fratellino. Dobbiamo essere sul palco tra tre minuti!”
Gabriel osservò incuriosito lo scambio di battute tra Jared e il nuovo arrivato. Capiva bene l’inglese, ma quei due parlavano troppo veloce e alcune parole non riuscì a comprenderle.
“Che strazio, Shan” sbuffò alzandosi non senza difficoltà dallo sgabello.
L’altro lo sorresse: “Quanto hai bevuto, Jay? Cazzo, devi cantare! Non sei più abituato a bere così!
“Finiscila di rompermi le palle, fratellone!” lo spinse via.
“Te le rompo perché ci tengo a te. Su, andiamo!”
Jared si voltò di nuovo verso Gabriel: “La prima canzone è per te, begli occhi!” e si allontanarono tra la folla senza lasciargli il tempo di terminare la frase.
Gabriel lo fissò incredulo considerando che era la prima volta che gli dedicavano una canzone.
Ridacchiò inorgoglito: “Non ci credo! Ho appena parlato con Efestione ed è anche più bello che nelle mie fantasie”
Un attimo dopo la musica cessò e un uomo calvo salì sul palco per presentare il gruppo dei Thirty seconds to Mars.
Quando Jared apparve, le ragazze urlarono impazzite agitando le braccia in aria. Gabriel si appostò in un angolo strategico dal quale poteva avere una perfetta visuale del giovane. Lo vide afferrare il microfono e salutare la folla che ricambiò con grida scatenate. La risata cristallina di Jared risuonò nella sala, il suo sguardo si spostò, quasi come se stesse cercando qualcuno e quando finalmente si posò su Gabriel sorrise e gli strizzò l’occhio. Gabriel arrossì e ricordò le sue parole: ‘La prima canzone è per te’ poi la musica cominciò.
Immobile, con un sorriso ebete sulle labbra, ascoltò la voce profonda e avvolgente del cantante e il suo modo di dominare il palcoscenico. Un vero leader, pensò. Quando la canzone terminò, si avviò verso l’uscita, pentendosi immediatamente di non aver salutato Jared.
Restò più di mezz’ora in attesa di un taxi. Essendosi recato al Festival con Tom ed Erdogan era a piedi. L’aria era gelida e un leggero nevischio cominciava a bagnargli il volto e i ricci scuri. Si strinse la giacca con le braccia, il vento gli penetrava fin dentro le ossa. Mai quanto in quel momento desiderava il cappuccino bollente di Starbucks.
“Dannazione!” imprecò quando il terzo taxi gli passò davanti senza fermarsi.
“Te ne vai senza salutare?” fece una voce maschile alle sue spalle.
Gabriel si voltò. Jared era a meno di un metro da lui, le braccia incrociate al petto. “Che fai qui fuori? Si gela!” Gabriel notò che il viso era arrossato e le labbra stavano cominciando a diventare viola per il freddo.
“Allora?” l’americano avanzò verso di lui.
“Scusa, sono molto stanco” scrollò la neve dai capelli “e poi, eri sul palco”
“Potrei anche offendermi, sai?” la distanza tra loro era minima.
“Fortuna che non ho trovato un taxi, allora, così ho la possibilità di salutarti” Gabriel resistette a stento alla tentazione di sfiorare il viso delicato, la bocca carnosa e il naso all’insù.
Jared sorrise: “Mi sono rotto di questo party! Vuoi un passaggio?”
Le sue labbra si mossero per accettare. Negli occhi del cantante un lampo.
“Torno subito” Jared si fiondò nel locale tornando qualche secondo più tardi “Andiamo!”
“A piedi?”
“La limousine aspetta la fine dell’esibizione dietro il vicolo, poi lo chiamiamo e lui si ferma davanti all’entrata posteriore, ma mi va di camminare. Ci mettiamo cinque minuti a raggiungerla”
“Okay” Gabriel affondò le mani nelle tasche e s’incamminò al suo fianco.
Quella vicinanza gli provocò uno strano sfarfallio nello stomaco. Jared cominciò a fischiettare, poi gli domandò “Che ti è sembrato il concerto?”
Gabriel si fermò a pochi passi da lui “Ho sentito solo la prima canzone, ma mi è piaciuta molto”
“Te l’ho dedicata, si chiama Hurricane” accorciò la distanza che li separava.
Gabriel arrossì “Pensavo stessi scherzando”
“Pensavi male” allungò una mano e gli sfiorò una guancia.
Gabriel indietreggiò trovandosi bloccato dal muro “Che fai?”
“A te che sembra?” Jared si pressò contro di lui. “Cerco di sedurti”
“Davvero?” piegò la testa di lato. Considerò che il suo approccio schietto e sincero lo intrigava parecchio.
Per tutta risposta Jared lo baciò. Dopo un attimo di smarrimento, l’altro rispose con trasporto. Ribaltò le posizioni tanto che Jared si ritrovò pressato contro il muro. Gabriel gli afferrò le mani portandogliele sopra la testa.
“Così mi piaci” ansimò l’americano mordendogli il mento. “Ero certo che saresti stato selvaggio”
“Selvaggio?” gli occhi erano scuri come braci: “Mi piace” abbassò il viso ad incontrare la sua bocca implorante. Quando si fusero di nuovo, la lava percorse il tedesco scatenando in lui una passione irrefrenabile. Gli liberò le mani, scendendo ad esplorare il suo corpo. Le dita s’insinuarono sotto il giubbino di pelle sfiorandogli il torace. Attraverso il cotone della maglia, giocarono con i capezzoli, poi scesero verso gli addominali scolpiti.
“Non ti fermare!” lo supplicò Jared avvicinandolo maggiormente a sé con circondandogli la vita con una gamba.
Gabriele si lasciò sfuggire un termine volgare nella sua lingua madre e Jared puntò le iridi chiare su di lui: “Ripetilo! Mi arrapa il tedesco. Parlami ancora!”
Lui obbedì sciorinando tutto il suo repertorio. Jared non era il primo uomo con cui stava. Aveva avuto una lunga relazione con Marco Girnth, ma ormai erano anni che tra loro c’era solo un rapporto d’amicizia. In quel momento Gabriel si sentì disarmato, spaventato da ciò che provava.
Jared mosse il bacino per incontrare la sua mano.
Gabriel non era tipo da farsi rimorchiare da uno appena conosciuto, ma in quel momento il suo cervello stentava a formulare pensieri concreti.
“Il mio hotel è a due passi. Possiamo essere a destinazione in cinque minuti!” ansimò.
Gabriel annuì. Jared lo palpeggiò tra le gambe: “Cazzo! Tutta questa mercanzia è per me?” si leccò le labbra.
“Aspetta e vedrai!” si scostò in modo permettendogli di riaggiustarsi i vestiti.
“Vieni! La limo è dietro l’angolo!” Jared lo prese per mano trascinandolo con sé verso l’enorme limousine nera parcheggiata dall’altra parte della strada.
Una volta all’interno, dopo aver impartito gli ordini all’autista, Jared salì in grembo al suo ospite e tornò ad impossessarsi della sua bocca.
Il gusto dell’alcool misto a quello del giovane inebriò Gabriel che si lasciò sfuggire un gemito. Allacciò la lingua alla sua, gustando il sapore deciso, così diverso da quello di una donna, ma ugualmente appetitoso.
Jared spinse il giubbotto giù dalle spalle, armeggiando poi con i bottoni della camicia. Le dita giocherellarono con un ciuffetto di peli: “Amo gli uomini pelosi”
Gabriel insinuò le mani sotto la maglietta accarezzando il ventre piatto e il torace glabro. Quel corpo era la perfezione e rischiava di diventare la sua ossessione. Lo baciò ancora e ancora fino ad esserne ubriaco.
Quando le labbra di Gabriel raggiunsero il collo, l’americano buttò la testa all’indietro: “Vuoi uccidermi?”
La limousine si fermò. Erano arrivati davanti all’hotel.
Jared sbuffò riabbottonandosi i pantaloni: “Ce la fai ad arrivare alla suite?”.
“Tenterò”
Scoppiando a ridere, Jared scese dall’auto attendendolo all’esterno. Dopo essersi aggiustato alla meglio, Gabriel lo seguì nella hall. Mentre Jared chiedeva la chiave della suite, Gabriel si avvicinò all’ascensore. L’ultima cosa che voleva era creare scandali facendosi vedere in compagnia di un attore di Hollywood. L’americano lo raggiunse e quando le porte si spalancarono, lo spinse ad entrare.
Una volta soli, Jared tornò ad assaltargli le labbra, lo desiderava e Gabriel pensò che se non lo avesse fermato avrebbero fatto sesso lì in ascensore. E non era ciò che voleva.
Boccheggiante Gabriel si staccò allontanandolo leggermente: “Non sono abituato a tutto questo, Jared”
“Questo cosa? Un albergo a cinque stelle?”
Scosse la testa: “Andare con uno che ho appena conosciuto”
“Non vuoi più?”
“Mi piaci, Jared. Sei il ragazzo più bello che abbia mai visto”
“Sento che c’è un ma. Cosa ti blocca, dolcezza?”
“Non voglio che sia solo una scopata e via! Mi piaci troppo” ammise Gabriel attendendosi una risata che non giunse.
Jared lo fissò per qualche istante, poi gli prese la mano: “Andiamo”
“Mi hai sentito?”
“Certo che ti ho sentito, Gabriel. Hai intenzione di parlarne in corridoio? Dai, vieni” gli prese la mano conducendolo fino alla loro meta finale.
La suite era talmente lussuosa che Gabriel restò a bocca aperta: due camere, due bagni, un terrazzo dal quale si poteva vedere tutta Berlino e un salotto con divani di pelle e marmi ovunque.
“Cazzo” si lasciò sfuggire in tedesco.
“Ti piace? Sono un tipo eccentrico, mi piace circondarmi di cose belle” si tolse il giubbetto lanciandolo sul divano. “Un goccio?”
“Eh?” il suo inglese era buono, ma quando parlava in quel modo, non lo capiva affatto.
“Vuoi da bere?” si corresse avviandosi verso il bar.
Gabriel annuì e si mosse verso il terrazzo, aprendo la porta finestra scorrevole. Si appoggiò alla ringhiera e un vento gelido lo investì, ma a lui non sembrò importare. Ciò che provava era troppo intenso, aveva bisogno di schiarirsi le idee, di prendere aria.
“Ehi, che fai lì? Ti prenderai un raffreddore” gli circondò la vita con un braccio, appoggiando il mento sulla spalla.
“Sta nevicando” sorride sgrullandosi una spalla. “Mi piace molto la neve”
“Anche a me. Sai, quando posso, scappo a New York, ho un appartamento e dalla finestra dell’attico si vede tutta Manhattan. Uno spettacolo fantastico. Quando nevica, la Grande Mela assume un fascino tutto particolare” sorrise guardando un punto nell’orizzonte: “Devo ammetterlo, adoro New York, l’odore che si respira per le strade, i piccoli caffè, le panetterie aperte all’alba, Central Park, il Village.” la sua aria sognante lo coinvolse.
“Deve essere stupenda” sussurrò.
Jared si rese conto che stava divagando “Scusa, ti sto annoiando”
“Non mi stai annoiando affatto. Da come ne parli, devi amarla molto. Mi fai venire voglia di seguirti a New York”
“Verresti davvero?” gli occhi s’illuminarono.
Quelle parole gli provocarono un brivido di piacere, avrebbe voluto accettare, ma come poteva seguire qualcuno appena conosciuto solo perché lo attraeva da impazzire?
“Dai, entriamo” Jared lo prese per mano attirandolo verso la finestra.
Una volta al caldo, Jared gli porse il bicchiere di whiskey, proponendo un brindisi: “A New York”
“A New York”
Jared avanzò di un passo, poi gli tolse il bicchiere di mano: “Sono felice di essere andato a quel dannato party”
“E come mai?” sussurrò quando fu ad un niente dal suo volto.
“Perché ora sei qui con me, dolcezza” lo spinse sul divano.
“Jared, che fai?” balbettò. “Io non penso che sia una buona idea”
Sedutosi sul suo grembo, il cantante gli appoggiò un dito sulle labbra: “Shhh, lasciati baciare” le bocche si fusero scatenando un fuoco. “Solo un bacio” si spostò sul mento lasciando una scia umida. “Anzi, due o trecento” continuò a scendere lambendogli la gola.
Gabriel ansimò buttando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.
“Sai di buono, mio bel tedesco”
“Ti prego, fermati” lo allontanò.
Jared obbedì controvoglia.
“Non posso fare sesso con te, Jared”
“Mi piaci, Gabriel, più di quanto vorrei. Era da tanto che non mi capitava” non voleva ammetterlo, ma era turbato.
Gabriel lo fissò esterrefatto.
“Sei splendido” con il pollice Jared sfiorò quelle labbra carnose “ e vorrei non dover partire domani”
“Parti domani?” la consapevolezza di poter restare con lui solo poche ore, lo colpì come uno schiaffo in pieno viso.
“Sì, siamo in piena tournée, dolcezza”
“Capisco”
“Sei triste perché parto?” gli occhi chiari brillarono.
“No, è che…” non seppe cosa inventare “un po’ si” ammise infine.
Jared tornò a baciarlo, con dolcezza, lambendo le labbra. Si spostò agli angoli, risalendo verso la guancia. Con le dita, sfiorò la basetta sale e pepe “Quanti anni hai?”
“Trentanove”
“Abbiamo la stessa età, allora” gli scompigliò i ricci.
Gabriel sgranò gli occhi per la sorpresa, a lui era sembrato un ragazzino, invece era sulla soglia dei quaranta. “Non dici sul serio”
Jared ridacchiò “Invece sì, li ho fatti a dicembre”
“Cazzarola. Hai fatto un patto col diavolo come Dorian Grey?”
“Chissà!” slacciò i primi due bottoni della camicia e posò un bacio in mezzo al ciuffetto di peli.
Gabriel gemette “Sei un demonietto”
“Un demonio con il volto d’angelo” Jared non riusciva a tenere le mani apposto, lo toccava ovunque facendolo impazzire di desiderio.
“Jared, fermo!” ad un suo ennesimo attacco, inarcò la schiena.
“Lasciati andare, sei talmente sexy. Non ci posso credere che non hai nessuno”
“Ho rotto da poco” confessò tristemente, ancora ci soffriva per la fine della sua ultima storia d’amore.
“Povero cucciolo, è finita male, eh? Era un lui o una lei?” malizioso cacciò la lingua tra i denti.
“Una lei”
“Stai ancora male, vedo” gli accarezzò la nuca.
Gabriel distolse lo sguardo “Vado avanti. Ora parlami un po’ di te, Jared”
“Chiamami Jay”
“Jay” sussurrò “mi piace”
“A me piaci tu” lo attirò a sé, voleva stringerlo, toccarlo. In sua presenza si sentiva diverso, in pace, come se lo conoscesse da sempre. Con lui sentiva di poter essere se stesso e non come gli altri volevano lui fosse.
“Sei sicuro di essere una rock star?”
Jared scoppiò a ridere “Perché? Credevi che avrei rotto qualcosa o fatto una serata di sesso e droga? Non mi drogo, sono vegetariano e di solito non bevo. Il sesso mi piace e lo pratico spesso”
“Non credo avrai difficoltà a rimorchiare”
“In effetti, no”
Gabriel avvertì un pizzico di gelosia “Io invece non sono abituato a scappatelle di una notte o a sesso con una sconosciuta. Sarò all’antica ma a me piace conoscerle le persone con le quali vado a letto”
“Me lo hai detto che non sei uno facile” ghignò “al contrario del sottoscritto”
“Non intendevo che tu lo sei… non l’ho mai pensato” si scusò.
“Respira, non mi offendo”
“Che idiota sono”
“Sei tenero, invece” e portandogli una mano dietro la nuca lo attirò in un ennesimo bacio. Spinse la lingua all’interno ad incontrare la sua. Si pressò contro di lui divorandogli la bocca fino a quando la mancanza d’aria non li costrinse a separarsi.
“Sarà meglio che vada” Gabriel lo scostò per alzarsi. Riacciuffò il giaccone e si avviò verso la porta. “Scusami, Jay, ma non posso restare”
Colto di sorpresa Jared balbettò “Perché?”
“Mi sono ricordato che…domani devo recarmi ad Amburgo per girare una soap”
Aprì la porta, ma senza varcare la soglia.
L’americano lo seguì fino al piccolo ingresso bloccandolo per un braccio “Neanche un bacio d’addio?”
Gabriel si voltò senza dire nulla.
“Hai così fretta di andartene?” non riusciva a comprendere il suo comportamento.
“No, è che…” si perse nei suoi occhi chiari “mi piaci troppo, Jay! Da impazzire e la cosa mi spaventa”
“Per quale motivo?”
“Non lo so, da tanto non provavo un sentimento del genere per un uomo” arrossì imbarazzato.
“Anche tu mi piaci e stanotte non vorrei separarmi da te”
Gabriel lo fissò incredulo e Jared aggiunse “Resta! Giuro che non attenterò alla tua virtù!”
“Che scemo” si chiuse la porta alle spalle e sorridendo si lasciò condurre nell’altra stanza.
“So essere convincente quando voglio” Jared lo attirò di nuovo verso il divano.

mercoledì 1 giugno 2011

Bienvenido a Miami cap 4




Soko Leipzig
Personaggi: Vince Becker, Jan Maybach
NC-17
I personaggi non mi appartengono.
Un grazie speciale alla mia socia e nonché editor Giusi senza la quale questa fic forse non avrebbe neanche visto la luce.

4


Jan non era in grado di dimenticare nulla della sua prima volta con Miguel. Disgraziatamente nemmeno la data, il 25 Gennaio, la notte del suo trentaduesimo e ultimo compleanno!
Come avrebbe potuto sapere quella notte che sarebbe rimasto così poco tempo per vivere quell’amore appena sbocciato, ma già così forte? Al solo ricordo sentì occludersi lo stomaco. Tra pochi giorni sarebbero stati quattro anni. Quattro lunghi anni durante i quali si era visto costretto a ricostruire tutta la sua vita e a ricominciare ad amare: Leni, con la quale aveva iniziato una storia poco prima della disgrazia. Ancora si sentiva in colpa per aver accettato le sue lusinghe in un momento di debolezza, quando le cose con Miguel andavano male.
Chissà, si domandò per l’ennesima volta con gli occhi colmi di una tristezza infinita, se avessi saputo che saresti morto forse…
Abbassò lo sguardo mentre le lacrime tornavano a rigargli il volto. Quando Vince gli strinse la mano, si asciugò le guance.
“Jan, cosa ti prende?”
“Niente, non preoccuparti”
“Sono già preoccupato, amore! Da quando siamo stati in quel locale ti estranei. Sembri sempre altrove”
“Non è niente” replicò alterato :“è questo caso che…” si bloccò prima di lasciarsi sfuggire qualcosa.
“Lo so, Jan. L’ho vista anche io”
“Visto cosa?” Finse di non capire
“La somiglianza!”
A quelle parole l’altro scattò fuori dal letto allontanandosi di qualche passo: “Non so di cosa stai parlando!”
“Dannazione! Sì che lo sai!” sbottò Vince esasperato. “Perché non vuoi parlarmene?”
Quando lo raggiunse, Jan gli voltò le spalle: “Non ho niente da dire al riguardo!”
“Ma davvero Jan? Santiago è la copia esatta del commissario Alvarez. Non continuare a negare l’evidenza” Jan non replicò e Vince abbracciò da dietro: “Posso solo immaginare cosa stai provando, perché non me ne parli? Non staresti meglio dopo?”
Con gli occhi lucidi, Jan continuava a dargli le spalle, non voleva che lo vedesse in quello stato.
“Non può essere lui, Vince!” finalmente si voltò a guardarlo “Miguel è morto, non può trovarsi a Miami e di certo, se per qualche fantascientifica quanto irragionevole ragione fosse ancora in vita, non farebbe il narcotrafficante”
“Certo che non è lui, Jan! È solo un tizio che gli somiglia”
“Lo so, ma non posso fare a meno di pensare che…”
Vince si scansò come scottato: “Vorresti che fosse lui, vero?” Non gli lasciò il tempo di rispondere. “Dovevo saperlo, non potrò mai prendere il suo posto nel tuo cuore” stizzito raccolse gli abiti dal pavimento “Amerai sempre e solo Miguel Alvarez”
Infilò i jeans strattonandoli, poi indossò la camicia lasciandola aperta. “Faccio un giro per schiarirmi le idee”
Quando si mosse per uscire un braccio gli circondò la vita bloccandolo: “Non te ne andare, Vince” la voce di Jan fu solo un sussurro.
“Non sono pronto a parlarne adesso” replicò divincolandosi leggermente.
“Non è come pensi! Io ti amo davvero”
A quelle parole Vince si sentì costretto a fermarsi e a voltarsi: “Nel tuo cuore ci sarà posto solo per lui, il tuo compagno scomparso” abbassò la testa: “io non potrò mai competere con l’amore che hai provato per Miguel”
“Vince” le labbra di Jan si aprirono in un dolce sorriso: “non è una gara. Ciò che provo per te è diverso, ma ugualmente forte. Ti amo, darei la mia vita per te” gli sfiorò una guancia. “Miguel resterà sempre il primo uomo che abbia mai amato. Non voglio mentirti, mi manca, ma tu mi rendi ugualmente felice”
“Ce la sto mettendo tutta, Jan” chiuse gli occhi al suo tocco: “voglio renderti felice, ma ci sono momenti in cui non mi sento all’altezza e…”
Jan non lo lasciò finire. Chiusa la porta con un tonfo, lo attirò a sé baciandolo.
“Sei uno sciocco” bisbigliò. Cercandogli nuovamente la bocca, le mani scesero ad accarezzare il torace.
Lo spinse verso il letto stendendosi su di lui. Gli sbottonò i jeans calandoli con forza, voleva averlo nudo sotto di sé, sentire la sua pelle calda.
“Dimmi che non pensi più a lui” lo supplicò Vince ansimando.
“Penso solo a te” Jan gli accarezzò il volto reso ruvido dalla barba che stava cominciando a spuntare: “non devi dubitarne mai più, capito?”
“Con queste premesse come potrei dubitare delle tue parole” ridacchiò malizioso mentre Jan gli alzava le gambe fino porre le ginocchia all’altezza delle spalle.
Vince lo strinse in un abbraccio attirandolo più vicino. Quando lo sentì possente dentro di sé, tutto svanì: ogni pensiero coerente, ogni dubbio, timore. Jan non era in lui solo con il corpo ma anche con l'anima.


Appoggiato ad una colonna, Vince si guardò intorno con aria apparentemente rilassata, ma in realtà, lo attanagliava la paura di commettere qualche cazzata e mandare a puttane l’intera operazione. Il fumo gli faceva lacrimare gli occhi, mentre la musica rendeva difficile sentire le direttive impartite da Jan attraverso l’auricolare, celata dai capelli e questi da un cappello da baseball e da una cimice che permetteva al commissario Maybach di sentire tutto ciò che accadeva nel locale.
Sotto una maglietta rossa il giubbotto antiproiettile, un paio di calzoncini che arrivavano alle ginocchia. Ai piedi scarpe da ginnastica.
Sbuffò, quella serata si stava rivelando estremamente noiosa.
La voce di Jan lo destò dai suoi pensieri: “Ancora nessun movimento sospetto?”
“No e devo ammettere che mi sto rompendo le palle, Jan”
“Da quando usi un linguaggio così scurrile? Vedrai che presto qualcosa si muoverà”
“Lo spero altrimenti per passare il tempo rimorchierò qualche bella ispanica, ne ho viste di molto carine” lo provocò.
“Azzardati e sei un uomo morto” garantì il compagno.
Vince ghignò: “Non preoccuparti, piccolo, mi fai godere talmente che anche volendo non troverei da nessuna parte qualcuno alla tua altezza”
“Stupido”
“Scommetto che sei diventato rosso” lo prese in giro: “dai, non fare il modesto. Se solo penso a stanotte…”
“Vince!”
Il giovane scoppiò a ridere, poi tornò a fissare la pista da ballo.
Lo sguardo si posò su un uomo che si era appena fatto strada tra la calca. Molto alto, robusto, capelli lunghi raccolti in una coda. Sulle labbra un sorriso crudele e gli occhietti vispi si muovevano da una parte all’altra della sala come se si aspettasse di essere aggredito da un momento all’altro.
Il giovane commissario s’irrigidì continuando a seguire ogni sua mossa, poi mormorò in modo che Jan, dall’altra parte della trasmittente, fosse in grado di sentire: “Obiettivo centrato, capo”
“Si tratta di Santiago?”
Vince avvertì ansia nella sua voce, ma cercò di mantenere un certo distacco: “No, è un bestione dall’aria poco raccomandabile. A dopo”
“Aspetta, Vince !” lo bloccò.
“Non vorrei mi sfuggisse” replicò.
“Non commettere imprudenze!”
“Sei preoccupato per me?”
“Ho la Narcotici addosso, Vince. Il tenente vuole dei risultati”
“Conta su di me, amore. Non ti deluderò” sorrise.
Chiusa la comunicazione si mosse verso il presunto spacciatore. Questi si era seduto su un divanetto di pelle e aveva appoggiato i piedi sul tavolino e le braccia sulla spalliera. Vince si fermò a poca distanza. Notando il calcio della pistola che fuoriusciva dai jeans, ipotizzò fosse uno dei pusher di Santiago. Senza esitazioni si avvicinò scimmiottando una camminata da duro.
“Ehi, amico” si piazzò davanti bloccandogli la visuale della pista da ballo.
L’uomo alzò la testa guardandolo truce: “Hai bisogno di qualcosa, pidocchio?”
“Senti, non è che avresti della roba?”
“Togliti dalle palle” ruggì.
“Su, amico, non farti pregare, Paco mi ha detto…”
L’altro non lo lasciò terminare: “Ho detto, togliti dalle palle!” si alzò parandosi davanti.
“Posso pagare, amico. Dammi un paio di Diamond, quelle pasticchette magiche!”
Quando il colosso accorciò la distanza tra loro, Vince fu travolto dalla puzza di sudore.
“Non so di che parli”
“Paco mi ha detto che potevo chiedere a te per le pietruzze”
“Chi cazzo è questo Paco?” replicò.
“Uno dei miei! Basso e con i capelli rasati”
Il pusher lo fissò cercando di capire se volesse fregarlo o meno, poi gli fece segno di seguirlo. Lo condusse fino ai bagni.
“Andiamo, ho voglia di sballare, amico” gesticolò Vince.
“Certo” si voltò di scatto e lo spinse violentemente contro una delle porte: “Sei uno sbirro?” cacciò la pistola puntandogliela contro.
“Cosa? Cazzo, posa quel cannone. Voglio solo qualche pillola” una goccia di sudore solcò la fronte di Vince per poi infrangersi sulla clavicola.
“Non ti credo!” esclamò. “E ora, sputa la verità se non vuoi crepare”
“E va bene!” Vince alzò le braccia in segno di resa “Mi hai scoperto! Ho un affare da proporre al tuo capo”
“Di dove sei con quello strano accento? Parli davvero male”
“Che cazzo ti frega!” sbottò: “Se non ti interessa chiederemo ai Perez” dal cilindro tirò fuori un nome di un loro concorrente suggerito dal tenente Sanchez.
Vince si voltò per andarsene. Gli sembrò di udire i pochi neuroni del cervello del pusher lavorare. Sorrise e mentalmente contò i secondi. Al cinque lo richiamò. “D’accordo! Parla!”
“Davvero pensi che spiffererò tutto a te? Il mio capo è stato chiaro, devo trattare solo con el Senior Santiago”
“E chi sarebbe il tuo capo, pivello?” lo scrutò con attenzione.
Jan glielo suggerì attraverso l’auricolare “Trautzske” rispose “Tu invece chi sei? Non mi piace parlare con qualcuno di cui non so il nome” incrociò le braccia al petto.
“Sono Josè e non conosco questo Trau…” non riuscì a pronunciarlo causando l’ilarità di Vince.
“Che hai da ridere, stronzo!” José lo afferrò per la maglia.
“Rido per la tua idiozia, bestione” lo provocò Vince “riferisci al Senior Santiago che ho un affare vantaggioso per lui”
“Cosa cazzo ti fa pensare che potrebbe anche solo prendere in considerazione la tua proposta?” lo guardò con superiorità.
“Perché gli farà guadagnare milioni di dollari” gli strinse la mano in una morsa costringendolo a mollare la presa.
Josè si divincolò “Non toccarmi, pezzo di merda!”
Vince gli torse il braccio dietro la schiena e José si lasciò sfuggire un gemito.
“Lasciami, bastardo!”
Vince lo spinse via “Se gli interessa, sarò qui ad attenderlo domani sera, altrimenti ci rivolgeremo altrove”
Detto questo uscì lasciandolo piegato dal dolore.
“Vince! Rispondi!” la voce ansiosa di Jan risuonò nell’auricolare “Stai bene?”
“Sì, Jan, sto bene”
“Ho temuto il peggio quando ho capito che aveva estratto l’arma”
“Sono addestrato a cavarmela in situazioni anche più pericolose”
“Esci subito da quel posto!” ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
“Agli ordini, capo” ritornò sulla pista che nel frattempo si era ulteriormente affollata.
Urtò una coppietta intenta a baciarsi con ardore, poi la superò per allontanarsi dalla calca. Desiderava solo uscire e liberarsi di quell’identità che non gli apparteneva.
Jan lo attendeva appoggiato al muro in un vicolo nei pressi della discoteca. Il suo viso lasciava trapelare ciò che provava: ansia, inquietudine, ma anche orgoglio.
“Sei un incosciente!”
“Come?” Vince lo fissò incredulo.
“Hai rischiato di farti ammazzare e tutto per dimostrare di essere il migliore!” gli occhi allucinati e il viso rosso per la rabbia.
“A te volevo dimostrare di essere il migliore, Jan!” replicò deluso.
“Dannazione!” imprecò Jan, poi i lineamenti si addolcirono. Lo attirò in un abbraccio. Vince sospirò cingendolo a sua volta e appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Mi piace quando ti preoccupi, ma io sono un poliziotto della anticrimine, mentre tu mi tratti come un cucciolo da proteggere”
Ritrovato il controllo lo lasciò andare “Allora, sei riuscito ad avere un appuntamento con Santiago?”
Il commissario più giovane sghignazzò “Vedrai che verrà! La curiosità e la prospettiva di guadagni facili lo faranno emergere dalla sua tana”
“Ben fatto, ma hai rischiato. Poteva spararti!”
“L’ho fatto quasi piangere dal dolore, Jan!” esclamò strafottente “So badare a me stesso”
“Lo so” Jan posò un bacio leggero sulla fronte del compagno “Ora, dobbiamo riferire tutto al tenente Sanchez e discutere su come agire”
“Ora?”
“Ci aspettano in un camioncino poco distante. Andiamo!”
“Speravo di avere un po’ di tempo per noi” sbuffò.
“Vince, siamo qui per lavorare non per un soggiorno romantico”
“D’accordo, ma non fare il barboso”
Lo seguì fuori dal vicolo fino alla postazione della polizia celata in un camioncino dell’azienda elettrica. Saliti sul veicolo, si richiusero il portellone alle spalle. All’interno c’erano varie apparecchiature con videocamere e localizzatori. Il tenente Sanchez e due dei suoi uomini si voltarono: le loro espressioni tradivano ansia.
“Siete riusciti a stabilire un contatto?” domandò la donna.
“Ho avuto uno spiacevole incontro con uno degli scagnozzi di Santiago “ commentò il commissario Becker con una smorfia “ma scommetto che non solo gli riferirà il mio messaggio, ma che Santiago si presenterà all’appuntamento”
“Come può esserne tanto certo?”
Vince alzò le spalle sorridendo borioso “Sesto senso” sorrise borioso.
“Il suo uomo è molto sicuro di sé, commissario Maybach”
Jan annuì e Vince continuò “Ho parlato con un certo Josè, un bestione grosso e stupido. Come ho già detto, Santiago non era presente. E io non vedo l’ora di avercelo davanti!”
Il tenente Sanchez gli sorrise “Commissario Becker, sia prudente, Santiago è un bastardo figlio di puttana. Se solo dovesse avere sentore che lei è un poliziotto si ritroverebbe con una pallottola in mezzo agli occhi” lo guardò severa. “Si sente all’altezza di questo incarico?”
“Sono pronto” dichiarò Vince. Avvertiva lo sguardo bruciante del compagno.
“Probabilmente la farà perquisire, non potremo essere in contatto”
“Non possiamo mandarlo senza almeno una cimice o una trasmittente” s’intromise Jan visibilmente turbato.
“Ci inventeremo qualcosa, commissario Maybach” il tenente Sanchez scrutò stranita il tedesco, quella reazione le sembrava eccessiva.
Intervenne uno dei due uomini: “Sì, tenente, potremmo inserire una cimice nell’orologio. Nessuno la vedrà, a meno che non abbiano degli apparecchi sofisticati, ma ne dubito” “Sarà un azzardo”
“Dobbiamo tentare, ne va della sua incolumità” puntualizzò Jan.
“Guardate che io sono qui! Non parlate come se non ci fossi” protestò Vince.
“Certo” mormorò il suo compagno imbarazzato.
Vince lo fissò alterato, ma non potendo permettersi una scenata, scelse il silenzio.
“Per domani saremo pronti” dichiarò “Ci vediamo domani, signori”
Il tenente li invitò ad uscire. Vince aprì il portellone e senza attendere Jan, si allontanò. Questi
lo raggiunse per poi trascinarlo in una strada senza uscita. “Vince, vuoi fermarti? Che ti prende?”
L’altro si voltò fissandolo con rabbia “Che mi prende? Hai davvero bisogno di chiederlo, Jan?”
“Non capisco”
“È questo il problema, non capisci!” sbottò “Cazzo, Jan, so che sei il mio superiore, ma ti pregherei, per una volta di avere fiducia in me”
“Io ho fiducia in te, Vince” gli appoggiò una mano sulla spalla, ma lui la scansò.
“Davvero? Peccato che non si capisca. Mi tratti da incapace, rideranno di me, anzi di noi. Ho visto come ti guardava il tenente. Credi non abbia compreso che sei particolarmente apprensivo nei miei riguardi?”
“Non ha capito un bel niente” ma non ne era del tutto convinto.
“E come lo sai? Jan, cerca di controllarti se non vuoi che ci tolgano l’incarico e ci rispediscano di corsa a Lipsia”
“Non accadrà” infilate le mani in tasca, gli rivolse uno sguardo carico di dolcezza “scusami, Vince”
Il vicecommissario lo trovò terribilmente tenero, ma aveva deciso di farlo soffrire ancora un po’ “So che sei preoccupato, ma almeno, in presenza di estranei, potresti fingere indifferenza. Ufficialmente, siamo due commissari in missione, a nessuno interessa se stiamo insieme, tranne forse al tuo bel tenente”
“Ancora questa storia?” Jan si avvicinò a lui “Non mi interessa quella donna”
“Sei tu che interressi a lei” Vince mise il broncio.
“Mi dispiace, Vince. Mi sono comportato male nei tuoi riguardi, ti chiedo scusa”
“Lo so che ti dispiace ora, vieni qui” e lo attirò in un abbraccio.
“Io non solo ho fiducia in te, Vince, ma trovo tu sia un eccellente poliziotto” sussurrò all’orecchio.
“Uno dei migliori” lo corresse l’altro.
“Uno dei migliori” ridacchiò Jan posando una scia di baci delicati sul collo “Torniamo in albergo”
“Non ti va di assaporare la vita notturna di Miami?” gli domandò Vince.
“Preferisco assaporare te” e gli catturò le labbra.
Vince ricambiò con trasporto, allacciando la lingua alla sua. Jan lo spinse contro la portiera di una macchina parcheggiata gustando ogni istante di quel bacio che sembrava non avere mai fine.
Vince si staccò per respirare “Andiamo via, amore, altrimenti mi ti faccio qui”
Ridendo Jan lo lasciò andare e raggiunsero l’auto che avevano noleggiato.