mercoledì 1 giugno 2011

Bienvenido a Miami cap 4




Soko Leipzig
Personaggi: Vince Becker, Jan Maybach
NC-17
I personaggi non mi appartengono.
Un grazie speciale alla mia socia e nonché editor Giusi senza la quale questa fic forse non avrebbe neanche visto la luce.

4


Jan non era in grado di dimenticare nulla della sua prima volta con Miguel. Disgraziatamente nemmeno la data, il 25 Gennaio, la notte del suo trentaduesimo e ultimo compleanno!
Come avrebbe potuto sapere quella notte che sarebbe rimasto così poco tempo per vivere quell’amore appena sbocciato, ma già così forte? Al solo ricordo sentì occludersi lo stomaco. Tra pochi giorni sarebbero stati quattro anni. Quattro lunghi anni durante i quali si era visto costretto a ricostruire tutta la sua vita e a ricominciare ad amare: Leni, con la quale aveva iniziato una storia poco prima della disgrazia. Ancora si sentiva in colpa per aver accettato le sue lusinghe in un momento di debolezza, quando le cose con Miguel andavano male.
Chissà, si domandò per l’ennesima volta con gli occhi colmi di una tristezza infinita, se avessi saputo che saresti morto forse…
Abbassò lo sguardo mentre le lacrime tornavano a rigargli il volto. Quando Vince gli strinse la mano, si asciugò le guance.
“Jan, cosa ti prende?”
“Niente, non preoccuparti”
“Sono già preoccupato, amore! Da quando siamo stati in quel locale ti estranei. Sembri sempre altrove”
“Non è niente” replicò alterato :“è questo caso che…” si bloccò prima di lasciarsi sfuggire qualcosa.
“Lo so, Jan. L’ho vista anche io”
“Visto cosa?” Finse di non capire
“La somiglianza!”
A quelle parole l’altro scattò fuori dal letto allontanandosi di qualche passo: “Non so di cosa stai parlando!”
“Dannazione! Sì che lo sai!” sbottò Vince esasperato. “Perché non vuoi parlarmene?”
Quando lo raggiunse, Jan gli voltò le spalle: “Non ho niente da dire al riguardo!”
“Ma davvero Jan? Santiago è la copia esatta del commissario Alvarez. Non continuare a negare l’evidenza” Jan non replicò e Vince abbracciò da dietro: “Posso solo immaginare cosa stai provando, perché non me ne parli? Non staresti meglio dopo?”
Con gli occhi lucidi, Jan continuava a dargli le spalle, non voleva che lo vedesse in quello stato.
“Non può essere lui, Vince!” finalmente si voltò a guardarlo “Miguel è morto, non può trovarsi a Miami e di certo, se per qualche fantascientifica quanto irragionevole ragione fosse ancora in vita, non farebbe il narcotrafficante”
“Certo che non è lui, Jan! È solo un tizio che gli somiglia”
“Lo so, ma non posso fare a meno di pensare che…”
Vince si scansò come scottato: “Vorresti che fosse lui, vero?” Non gli lasciò il tempo di rispondere. “Dovevo saperlo, non potrò mai prendere il suo posto nel tuo cuore” stizzito raccolse gli abiti dal pavimento “Amerai sempre e solo Miguel Alvarez”
Infilò i jeans strattonandoli, poi indossò la camicia lasciandola aperta. “Faccio un giro per schiarirmi le idee”
Quando si mosse per uscire un braccio gli circondò la vita bloccandolo: “Non te ne andare, Vince” la voce di Jan fu solo un sussurro.
“Non sono pronto a parlarne adesso” replicò divincolandosi leggermente.
“Non è come pensi! Io ti amo davvero”
A quelle parole Vince si sentì costretto a fermarsi e a voltarsi: “Nel tuo cuore ci sarà posto solo per lui, il tuo compagno scomparso” abbassò la testa: “io non potrò mai competere con l’amore che hai provato per Miguel”
“Vince” le labbra di Jan si aprirono in un dolce sorriso: “non è una gara. Ciò che provo per te è diverso, ma ugualmente forte. Ti amo, darei la mia vita per te” gli sfiorò una guancia. “Miguel resterà sempre il primo uomo che abbia mai amato. Non voglio mentirti, mi manca, ma tu mi rendi ugualmente felice”
“Ce la sto mettendo tutta, Jan” chiuse gli occhi al suo tocco: “voglio renderti felice, ma ci sono momenti in cui non mi sento all’altezza e…”
Jan non lo lasciò finire. Chiusa la porta con un tonfo, lo attirò a sé baciandolo.
“Sei uno sciocco” bisbigliò. Cercandogli nuovamente la bocca, le mani scesero ad accarezzare il torace.
Lo spinse verso il letto stendendosi su di lui. Gli sbottonò i jeans calandoli con forza, voleva averlo nudo sotto di sé, sentire la sua pelle calda.
“Dimmi che non pensi più a lui” lo supplicò Vince ansimando.
“Penso solo a te” Jan gli accarezzò il volto reso ruvido dalla barba che stava cominciando a spuntare: “non devi dubitarne mai più, capito?”
“Con queste premesse come potrei dubitare delle tue parole” ridacchiò malizioso mentre Jan gli alzava le gambe fino porre le ginocchia all’altezza delle spalle.
Vince lo strinse in un abbraccio attirandolo più vicino. Quando lo sentì possente dentro di sé, tutto svanì: ogni pensiero coerente, ogni dubbio, timore. Jan non era in lui solo con il corpo ma anche con l'anima.


Appoggiato ad una colonna, Vince si guardò intorno con aria apparentemente rilassata, ma in realtà, lo attanagliava la paura di commettere qualche cazzata e mandare a puttane l’intera operazione. Il fumo gli faceva lacrimare gli occhi, mentre la musica rendeva difficile sentire le direttive impartite da Jan attraverso l’auricolare, celata dai capelli e questi da un cappello da baseball e da una cimice che permetteva al commissario Maybach di sentire tutto ciò che accadeva nel locale.
Sotto una maglietta rossa il giubbotto antiproiettile, un paio di calzoncini che arrivavano alle ginocchia. Ai piedi scarpe da ginnastica.
Sbuffò, quella serata si stava rivelando estremamente noiosa.
La voce di Jan lo destò dai suoi pensieri: “Ancora nessun movimento sospetto?”
“No e devo ammettere che mi sto rompendo le palle, Jan”
“Da quando usi un linguaggio così scurrile? Vedrai che presto qualcosa si muoverà”
“Lo spero altrimenti per passare il tempo rimorchierò qualche bella ispanica, ne ho viste di molto carine” lo provocò.
“Azzardati e sei un uomo morto” garantì il compagno.
Vince ghignò: “Non preoccuparti, piccolo, mi fai godere talmente che anche volendo non troverei da nessuna parte qualcuno alla tua altezza”
“Stupido”
“Scommetto che sei diventato rosso” lo prese in giro: “dai, non fare il modesto. Se solo penso a stanotte…”
“Vince!”
Il giovane scoppiò a ridere, poi tornò a fissare la pista da ballo.
Lo sguardo si posò su un uomo che si era appena fatto strada tra la calca. Molto alto, robusto, capelli lunghi raccolti in una coda. Sulle labbra un sorriso crudele e gli occhietti vispi si muovevano da una parte all’altra della sala come se si aspettasse di essere aggredito da un momento all’altro.
Il giovane commissario s’irrigidì continuando a seguire ogni sua mossa, poi mormorò in modo che Jan, dall’altra parte della trasmittente, fosse in grado di sentire: “Obiettivo centrato, capo”
“Si tratta di Santiago?”
Vince avvertì ansia nella sua voce, ma cercò di mantenere un certo distacco: “No, è un bestione dall’aria poco raccomandabile. A dopo”
“Aspetta, Vince !” lo bloccò.
“Non vorrei mi sfuggisse” replicò.
“Non commettere imprudenze!”
“Sei preoccupato per me?”
“Ho la Narcotici addosso, Vince. Il tenente vuole dei risultati”
“Conta su di me, amore. Non ti deluderò” sorrise.
Chiusa la comunicazione si mosse verso il presunto spacciatore. Questi si era seduto su un divanetto di pelle e aveva appoggiato i piedi sul tavolino e le braccia sulla spalliera. Vince si fermò a poca distanza. Notando il calcio della pistola che fuoriusciva dai jeans, ipotizzò fosse uno dei pusher di Santiago. Senza esitazioni si avvicinò scimmiottando una camminata da duro.
“Ehi, amico” si piazzò davanti bloccandogli la visuale della pista da ballo.
L’uomo alzò la testa guardandolo truce: “Hai bisogno di qualcosa, pidocchio?”
“Senti, non è che avresti della roba?”
“Togliti dalle palle” ruggì.
“Su, amico, non farti pregare, Paco mi ha detto…”
L’altro non lo lasciò terminare: “Ho detto, togliti dalle palle!” si alzò parandosi davanti.
“Posso pagare, amico. Dammi un paio di Diamond, quelle pasticchette magiche!”
Quando il colosso accorciò la distanza tra loro, Vince fu travolto dalla puzza di sudore.
“Non so di che parli”
“Paco mi ha detto che potevo chiedere a te per le pietruzze”
“Chi cazzo è questo Paco?” replicò.
“Uno dei miei! Basso e con i capelli rasati”
Il pusher lo fissò cercando di capire se volesse fregarlo o meno, poi gli fece segno di seguirlo. Lo condusse fino ai bagni.
“Andiamo, ho voglia di sballare, amico” gesticolò Vince.
“Certo” si voltò di scatto e lo spinse violentemente contro una delle porte: “Sei uno sbirro?” cacciò la pistola puntandogliela contro.
“Cosa? Cazzo, posa quel cannone. Voglio solo qualche pillola” una goccia di sudore solcò la fronte di Vince per poi infrangersi sulla clavicola.
“Non ti credo!” esclamò. “E ora, sputa la verità se non vuoi crepare”
“E va bene!” Vince alzò le braccia in segno di resa “Mi hai scoperto! Ho un affare da proporre al tuo capo”
“Di dove sei con quello strano accento? Parli davvero male”
“Che cazzo ti frega!” sbottò: “Se non ti interessa chiederemo ai Perez” dal cilindro tirò fuori un nome di un loro concorrente suggerito dal tenente Sanchez.
Vince si voltò per andarsene. Gli sembrò di udire i pochi neuroni del cervello del pusher lavorare. Sorrise e mentalmente contò i secondi. Al cinque lo richiamò. “D’accordo! Parla!”
“Davvero pensi che spiffererò tutto a te? Il mio capo è stato chiaro, devo trattare solo con el Senior Santiago”
“E chi sarebbe il tuo capo, pivello?” lo scrutò con attenzione.
Jan glielo suggerì attraverso l’auricolare “Trautzske” rispose “Tu invece chi sei? Non mi piace parlare con qualcuno di cui non so il nome” incrociò le braccia al petto.
“Sono Josè e non conosco questo Trau…” non riuscì a pronunciarlo causando l’ilarità di Vince.
“Che hai da ridere, stronzo!” José lo afferrò per la maglia.
“Rido per la tua idiozia, bestione” lo provocò Vince “riferisci al Senior Santiago che ho un affare vantaggioso per lui”
“Cosa cazzo ti fa pensare che potrebbe anche solo prendere in considerazione la tua proposta?” lo guardò con superiorità.
“Perché gli farà guadagnare milioni di dollari” gli strinse la mano in una morsa costringendolo a mollare la presa.
Josè si divincolò “Non toccarmi, pezzo di merda!”
Vince gli torse il braccio dietro la schiena e José si lasciò sfuggire un gemito.
“Lasciami, bastardo!”
Vince lo spinse via “Se gli interessa, sarò qui ad attenderlo domani sera, altrimenti ci rivolgeremo altrove”
Detto questo uscì lasciandolo piegato dal dolore.
“Vince! Rispondi!” la voce ansiosa di Jan risuonò nell’auricolare “Stai bene?”
“Sì, Jan, sto bene”
“Ho temuto il peggio quando ho capito che aveva estratto l’arma”
“Sono addestrato a cavarmela in situazioni anche più pericolose”
“Esci subito da quel posto!” ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
“Agli ordini, capo” ritornò sulla pista che nel frattempo si era ulteriormente affollata.
Urtò una coppietta intenta a baciarsi con ardore, poi la superò per allontanarsi dalla calca. Desiderava solo uscire e liberarsi di quell’identità che non gli apparteneva.
Jan lo attendeva appoggiato al muro in un vicolo nei pressi della discoteca. Il suo viso lasciava trapelare ciò che provava: ansia, inquietudine, ma anche orgoglio.
“Sei un incosciente!”
“Come?” Vince lo fissò incredulo.
“Hai rischiato di farti ammazzare e tutto per dimostrare di essere il migliore!” gli occhi allucinati e il viso rosso per la rabbia.
“A te volevo dimostrare di essere il migliore, Jan!” replicò deluso.
“Dannazione!” imprecò Jan, poi i lineamenti si addolcirono. Lo attirò in un abbraccio. Vince sospirò cingendolo a sua volta e appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Mi piace quando ti preoccupi, ma io sono un poliziotto della anticrimine, mentre tu mi tratti come un cucciolo da proteggere”
Ritrovato il controllo lo lasciò andare “Allora, sei riuscito ad avere un appuntamento con Santiago?”
Il commissario più giovane sghignazzò “Vedrai che verrà! La curiosità e la prospettiva di guadagni facili lo faranno emergere dalla sua tana”
“Ben fatto, ma hai rischiato. Poteva spararti!”
“L’ho fatto quasi piangere dal dolore, Jan!” esclamò strafottente “So badare a me stesso”
“Lo so” Jan posò un bacio leggero sulla fronte del compagno “Ora, dobbiamo riferire tutto al tenente Sanchez e discutere su come agire”
“Ora?”
“Ci aspettano in un camioncino poco distante. Andiamo!”
“Speravo di avere un po’ di tempo per noi” sbuffò.
“Vince, siamo qui per lavorare non per un soggiorno romantico”
“D’accordo, ma non fare il barboso”
Lo seguì fuori dal vicolo fino alla postazione della polizia celata in un camioncino dell’azienda elettrica. Saliti sul veicolo, si richiusero il portellone alle spalle. All’interno c’erano varie apparecchiature con videocamere e localizzatori. Il tenente Sanchez e due dei suoi uomini si voltarono: le loro espressioni tradivano ansia.
“Siete riusciti a stabilire un contatto?” domandò la donna.
“Ho avuto uno spiacevole incontro con uno degli scagnozzi di Santiago “ commentò il commissario Becker con una smorfia “ma scommetto che non solo gli riferirà il mio messaggio, ma che Santiago si presenterà all’appuntamento”
“Come può esserne tanto certo?”
Vince alzò le spalle sorridendo borioso “Sesto senso” sorrise borioso.
“Il suo uomo è molto sicuro di sé, commissario Maybach”
Jan annuì e Vince continuò “Ho parlato con un certo Josè, un bestione grosso e stupido. Come ho già detto, Santiago non era presente. E io non vedo l’ora di avercelo davanti!”
Il tenente Sanchez gli sorrise “Commissario Becker, sia prudente, Santiago è un bastardo figlio di puttana. Se solo dovesse avere sentore che lei è un poliziotto si ritroverebbe con una pallottola in mezzo agli occhi” lo guardò severa. “Si sente all’altezza di questo incarico?”
“Sono pronto” dichiarò Vince. Avvertiva lo sguardo bruciante del compagno.
“Probabilmente la farà perquisire, non potremo essere in contatto”
“Non possiamo mandarlo senza almeno una cimice o una trasmittente” s’intromise Jan visibilmente turbato.
“Ci inventeremo qualcosa, commissario Maybach” il tenente Sanchez scrutò stranita il tedesco, quella reazione le sembrava eccessiva.
Intervenne uno dei due uomini: “Sì, tenente, potremmo inserire una cimice nell’orologio. Nessuno la vedrà, a meno che non abbiano degli apparecchi sofisticati, ma ne dubito” “Sarà un azzardo”
“Dobbiamo tentare, ne va della sua incolumità” puntualizzò Jan.
“Guardate che io sono qui! Non parlate come se non ci fossi” protestò Vince.
“Certo” mormorò il suo compagno imbarazzato.
Vince lo fissò alterato, ma non potendo permettersi una scenata, scelse il silenzio.
“Per domani saremo pronti” dichiarò “Ci vediamo domani, signori”
Il tenente li invitò ad uscire. Vince aprì il portellone e senza attendere Jan, si allontanò. Questi
lo raggiunse per poi trascinarlo in una strada senza uscita. “Vince, vuoi fermarti? Che ti prende?”
L’altro si voltò fissandolo con rabbia “Che mi prende? Hai davvero bisogno di chiederlo, Jan?”
“Non capisco”
“È questo il problema, non capisci!” sbottò “Cazzo, Jan, so che sei il mio superiore, ma ti pregherei, per una volta di avere fiducia in me”
“Io ho fiducia in te, Vince” gli appoggiò una mano sulla spalla, ma lui la scansò.
“Davvero? Peccato che non si capisca. Mi tratti da incapace, rideranno di me, anzi di noi. Ho visto come ti guardava il tenente. Credi non abbia compreso che sei particolarmente apprensivo nei miei riguardi?”
“Non ha capito un bel niente” ma non ne era del tutto convinto.
“E come lo sai? Jan, cerca di controllarti se non vuoi che ci tolgano l’incarico e ci rispediscano di corsa a Lipsia”
“Non accadrà” infilate le mani in tasca, gli rivolse uno sguardo carico di dolcezza “scusami, Vince”
Il vicecommissario lo trovò terribilmente tenero, ma aveva deciso di farlo soffrire ancora un po’ “So che sei preoccupato, ma almeno, in presenza di estranei, potresti fingere indifferenza. Ufficialmente, siamo due commissari in missione, a nessuno interessa se stiamo insieme, tranne forse al tuo bel tenente”
“Ancora questa storia?” Jan si avvicinò a lui “Non mi interessa quella donna”
“Sei tu che interressi a lei” Vince mise il broncio.
“Mi dispiace, Vince. Mi sono comportato male nei tuoi riguardi, ti chiedo scusa”
“Lo so che ti dispiace ora, vieni qui” e lo attirò in un abbraccio.
“Io non solo ho fiducia in te, Vince, ma trovo tu sia un eccellente poliziotto” sussurrò all’orecchio.
“Uno dei migliori” lo corresse l’altro.
“Uno dei migliori” ridacchiò Jan posando una scia di baci delicati sul collo “Torniamo in albergo”
“Non ti va di assaporare la vita notturna di Miami?” gli domandò Vince.
“Preferisco assaporare te” e gli catturò le labbra.
Vince ricambiò con trasporto, allacciando la lingua alla sua. Jan lo spinse contro la portiera di una macchina parcheggiata gustando ogni istante di quel bacio che sembrava non avere mai fine.
Vince si staccò per respirare “Andiamo via, amore, altrimenti mi ti faccio qui”
Ridendo Jan lo lasciò andare e raggiunsero l’auto che avevano noleggiato.

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