sabato 28 maggio 2011

Bienvenido a Miami cap 3



Soko Leipzig
Personaggi: Vince Becker, Jan Maybach
NC-17
I personaggi non mi appartengono.
Un grazie speciale alla mia socia e nonché editor Giusi senza la quale questa fic forse non avrebbe neanche visto la luce.


3


La luce del sole mattutino faceva capolino dalle tende lasciate semiaperte. Vince dormiva completamente nudo, un braccio sotto il cuscino e l’altro abbandonato sull’addome.
Le lenzuola appallottolate sul pavimento, mentre il posto accanto al suo era vuoto. Dal bagno lo scorrere dell’acqua. Pochi minuti dopo la porta si aprì, Jan tornò nella stanza, lo copriva solo un asciugamano. Dai capelli ancora bagnati alcune goccioline ricadevano impunemente sulle spalle. Lanciò uno sguardo al compagno e sorrise dolcemente, doveva essere stremato dopo tutta quell’attività fisica extra! Vince si era rivelato un amante molto passionale, premuroso e anche fantasioso. Anche se con caratteri diversi gli ricordava tanto Miguel. Sospirò tristemente ripensando al compagno scomparso, avevano avuto così poco per vivere la loro storia d’amore. Se non si fossero accorti troppo tardi di ciò che provavano di certo avrebbero avuto più tempo di godersi l’un l’altro.
Si avvicinò al letto, gli sedette accanto attento a non destarlo. Si sentiva in colpa per non aver fatto parola di quello che era accaduto. In fondo, si era trattato di un’impressione, quel tipo gli somigliava solo, non era lui. Non poteva essere Miguel perché lui era morto. Strinse i pugni, poi scosse la testa, non sarebbe ricaduto nel baratro dal quale era a stento uscito. Tornato al presente, scostò una ciocca di capelli dal viso di Vince, subito lui riaprì gli occhi e gli afferrò la mano portandosela alle labbra.
“Giorno” biascicò mordicchiando le dita.
Jan rise: “Stavi solo fingendo di dormire, vero?”
“Aspettavo una tua mossa” Jan si stese su di lui, i corpi ermeticamente attaccati e i visi divisi da un niente.
“Ti osservavo dormire” posò un bacio sulla fronte: “sei proprio carino” poi scese a lambire il naso, giù fino alla bocca.
Lasciandolo entrare, Vince portò una mano dietro la nuca per approfondire il contatto. Jan accarezzò il volto continuando a baciarlo con trasporto. La mancanza d’aria li costrinse a staccarsi.
“Dovresti svegliarmi ogni mattina in questo modo, Jan”
“Se tu vuoi” sfiorò il petto con le dita: “sono disposto a fare questo sacrificio”
Vince si alzò di scatto, spingendolo supino e ribaltando così le posizioni. Gli bloccò le braccia dietro la testa.
“Ehi” protestò Jan :“Cosa credi di fare?”
“Inizio questa giornata nel migliore dei modi” abbassò la testa per baciarlo. “Sono felice di essere qui con te”
“Anche se per lavoro?” Jan alzò la testa per guardarlo.
“Mi sto divertendo, adoro l’azione e quando l’operazione entrerà nel vivo, sarà ancora più eccitante” gli occhi del commissario più giovane brillavano di entusiasmo.
“Vince, non pensare da incosciente, sai che sarà pericoloso e non è detto che il tenente Sanchez acconsentirà alla tua idea”
“E tu, non fare il guastafeste come sempre!” lo rimproverò. “Vedrai che pur di acciuffare quei trafficanti… ” sfiorò il petto di Jan con il naso “mi butterà nella mischia” posò una scia di baci giù fino al ventre.
“Ma come parli?”
Vince mordicchiò la carne: “Mi sono adeguato, amore. Dovresti farlo anche tu, sei troppo rigido”
“Non è vero” protestò mettendo il broncio.
“Su, ora non prendertela, ma devi ammettere che non ti stai adattando a questa realtà. Non siamo a Lipsia, qui ragionano in modo diverso”
“Io sono me stesso e non mi va di cambiare solo per fare colpo su questi detective americani”
“Non ti dico di cambiare, ma di lasciarti un po’ andare”
Jan abbozzò un sorriso: “Lo farò, ma ora… che ne dici di terminare ciò che hai cominciato?”
Vince ridacchiò “Il capo ha sempre ragione”



Ore dopo Jan e Vince erano alla centrale di Polizia. La sezione Narcotici si trovava all’ottavo piano di un enorme edificio. Varcate le porte, si ritrovarono in un’ampia sala dalla quale due corridoi conducevano ai vari uffici. La sala principale era occupata da scrivanie tutte provviste di computer. Un agente dai capelli neri e la carnagione abbronzata si avvicinò per verificare le loro identità.
Jan cacciò il tesserino di riconoscimento “Commissario Jan Maybach e lui è il mio collega Vincent Becker, dobbiamo incontrare il tenente Sanchez”
Il giovane annuì e si allontanò sparendo dietro una porta. Guardandosi intorno Vince si sporse verso Jan: “Questo posto è immenso, ci si potrebbe perdere”
“In America è tutto così esagerato” commentò con una smorfia.
Vince non ebbe la possibilità di replicare poiché il tenente Sanchez li raggiunse con un sorriso “Benvenuti” strinse la mano soffermandosi più a lungo su quella di Jan. “seguitemi, abbiamo molto di cui discutere”
Li condusse attraverso un lungo corridoio, fiancheggiato da numerose stanze, poi si fermò davanti ad una porta aperta: “Dopo di voi”
Furono introdotti in un ufficio esposto ad est molto luminoso: “Accomodatevi, signori” sedette alla scrivania
Vince e Jan presero posto di fronte a lei. Vince si guardò intorno, il solo mobilio, oltre alla scrivania e alle poltroncine sulle quali sedevano, era costituito da una scaffalatura e da un dispensatore per l’acqua.
“Allora, commissario Maybach, mi piacerebbe che ripetesse ciò che è accaduto l’altra notte al ‘Choza’ così da avere le idee più chiare su come muoverci” aprì un fascicolo.
Jan rifletté qualche secondo prima di cominciare a parlare: “Il commissario Becker ed io e siamo entrati nel locale e ci siamo divisi per monitorare meglio la situazione. Ad un tratto ho notato uno scambio sospetto tra dei ragazzi e un tizio”
Vince si accorse che la donna stava prendendo appunti e cercò di sbirciare.
“In seguito questo si è avvicinato ad altri tre uomini e ha passato una mazzetta di banconote al tipo che penso sia il capo”.
“Esattamente dove si trovava?” domandò il tenente senza smettere di scrivere.
“Al bar, cercavo di non dare troppo nell’occhio mescolandomi alla clientela”
“E non ha visto niente altro?”
“No, subito dopo si sono allontanati tra la folla”
“E ha riconosciuto Santiago?” l’interesse della donna era più che evidente.
“Io ho visto un uomo, probabilmente ispanico dai capelli scuri, gli occhi neri e il pizzetto. Portava un berretto da baseball” spiegò Jan.
Vince si voltò verso di lui, guardandolo orgoglioso, gli faceva impazzire quando era così professionale e serio. Il suo Jan era fin troppo modesto, se fosse stato sufficientemente ambizioso avrebbe potuto fare una brillante carriera.
“Io sono arrivato subito dopo” intervenne Vince “e abbiamo deciso di venirvi a riferire l’accaduto”
Il tenente prese un fascicolo da un cassetto e lo porse a Jan.
“Di che si tratta?”
“È il dossier che raccoglie ciò che sappiamo di questa banda di narcotrafficanti”
Jan lo sfogliò con foga, quasi come se cercasse qualcosa: “Hanno precedenti, vedo”
“Solo alcuni. Li abbiamo messi dentro un paio di volte per spaccio, ma sono pesci piccoli”
“Anche quel Santiago?” domandò il commissario non trovando la sua scheda.
“Lui è… ” sospirò come se non sapesse cosa dire: “Estefan Santiago è stato arrestato qualche mese fa, ma sfortunatamente abbiamo dovuto rilasciarlo. Non c’erano prove a suo carico” si mosse nervosamente sulla sedia, poi tossicchiò. “Precisiamo: è il capo, il re della zona” da un cassetto sottostante tirò fuori la sua foto segnaletica e gliela porse “Vede?”.
Quando gli occhi si posarono su quei lineamenti così familiari Jan impallidì. Cercò di fare finta di nulla, ma Vince si accorse di quel cambiamento. “Che hai, capo?”
“Niente” rispose duro
“Commissario, dobbiamo arrivare a lui per avere la possibilità di fermare questo traffico”
“Ce la metterò tutta!” intervenne Vince.
Lei annuì e aggiunse: “ Dovremo stabilire un contatto e prospettargli guadagni facili. Vedrete che, se risulterete abbastanza credibili, come mi auguro, si fiderà fino ad abbassare la guardia e sarà allora che lo fotteremo!” gli occhi scuri si puntarono sul giovane commissario. “Tutto dipenderà dalla sua bravura”
Jan aveva sperato fin all’ultimo che non avrebbero dato credito alla proposta del compagno: “Non sono d’accordo sulla sua decisione, tenente. Non ha qualche altro agente disposto a farlo?”
“Certo, i miei uomini non aspettano altro che prendere quei figli di puttana, ma sono facce conosciute. Non si può intraprendere un’operazione sottocopertura con nessuno di loro”
Vince lanciò un’occhiataccia all’amico “Abbiamo discusso fin troppo. Sono pronto a cominciare”
“Quali sono le sue perplessità, commissario Maybach?” il tenente non riusciva a capire perché si opponesse con tale fermezza, dopotutto erano a Miami proprio per quello!
“Io… insomma… non penso sia una buona idea! Il commissario Becker non si è mai infiltrato in una gang di narcotrafficanti, è giovane e inesperto”
“Sono certo di farcela, Jan” strinse i pugni, costatare che il compagno non avesse fiducia in lui lo faceva ribollire di rabbia.
“D’accordo. Spero solo che vada tutto per il meglio” intervenne la donna passandogli l’incartamento, compresa la foto di Santiago.
Vince vedendola aggrottò la fronte: aveva un’aria familiare.
“Bene, signori” il tenente si alzò porgendogli la mano “tra un paio di giorni saremo pronti” poi si rivolse solo a Vincent “Dovrà avvicinarlo e fargli intendere di voler acquistare un grosso quantitativo di roba”
“Al Choza?” domandò alzandosi a sua volta.
“Tentiamo anche lì e ovunque abbia una clientela”
Il tenente li accomiatò e Jan uscì dall’ufficio seguito da Vince. Quando furono al riparo da orecchie indiscrete il poliziotto più giovane sfogò tutta la sua frustrazione.
“Perché cazzo mi hai fatto quella scenata? Ti diverte farmi apparire come un incompetente?” il caldo afoso li investì.
“Scusami, non era mia intenzione” la mente altrove.
“Jan, si può sapere cosa ti succede? Dall’altra notte sei così strano. Ha forse a che fare con quel tipo?”
L’altro lo fissò sgranando gli occhi: “Che tipo?”
“Jan, credi non lo abbia capito?”
“Non c’è nulla da capire!” la voce tremò. Si voltò. “Andiamo, dobbiamo informare Haio”
Vince, rassegnato, alzò le braccia al cielo, mentre Jan raggiungeva l’auto.


Appena sceso dall’auto, Miguel fu costretto ad aggrapparsi alla portiera per non cadere. Jan lo raggiunse ridendo. Erano stati in un locale, lasciandosi andare a qualche tequila di troppo e ora erano decisamente brilli.
“Sei un disastro, Miguel” gli circondò la vita con un braccio: “dai, ti aiuto”
“Grazie, amico” si appoggiò a lui: “non so che farei senza di te”
“Guarda come ti sei ridotto. Non ti reggi in piedi” lo prese in giro.
“Non esagerare, sono solo inciampato”
“Sì, come no” accese l’antifurto poi lo aiutò a raggiungere il portone. “Te la senti di salire da solo?”
Miguel lo guardò con la sua aria da cucciolo, poi mise il broncio: “Perché non mi accompagni? Anzi, potresti restare“
“E Benny? Non posso lasciarlo” ma la tentazione era forte, tra l’altro, temeva di non essere nelle condizioni di rimettersi alla guida.
“Hai ragione, sono egoista a volerti tutto per me” gli rivolse un sorriso malandrino.
A quelle parole Jan abbassò la testa arrossendo. Da quando si erano baciati, sere prima, non aveva pensato ad altro “Andiamo, ti accompagno altrimenti rischi di romperti l’osso del collo”
Miguel prese le chiavi per aprire il portone e insieme si avviarono verso l’ascensore: il suo loft si trovava all’ultimo piano.
“Domani saremo due relitti, amico mio” ridacchiò lo spagnolo.
“Lo so, non avrei dovuto bere tutta quella tequila” Jan scosse il capo.
“Dovevamo festeggiare il mio compleanno” replicò l’altro.
“Peccato non ci fossero anche Hajo e Ina”
“Meglio così” si sporse in avanti, sembrava quasi volesse baciarlo.
In quel momento la cabina si fermò facendoli sobbalzare leggermente: “Dannato ascensore”imprecò appoggiandosi a Jan per non stramazzare a terra.
“Attento! Sei davvero un pasticcione”
Miguel rise. Quando le porte si spalancarono i due commissari uscirono sul pianerottolo.
Una volta all’interno dell’abitazione Miguel lanciò le chiavi sul tavolino: “Finalmente a casa, sono stanco morto”
“Hai bisogno di una bella dormita, amico mio ed anche io”
“Hai ragione!” si stiracchiò sbadigliando.
“Io vado” Jan si mosse verso l’uscita.
“No, resta” lo bloccò per un braccio.
“Non posso, Miguel” cercò di sfuggire dalla sua presa.
“Benny ormai è grande e poi, starà dormendo”Miguel si mosse barcollando verso il divano.
Sedette pesantemente trascinandolo con sé.
“E dove dovrei dormire? Qui c’è solo un letto!” obiettò incrociando le braccia al petto.
“E allora?” accorciò la distanza tra loro. “È grande abbastanza per entrambi”
Jan sgranò gli occhi e Miguel continuò divertito: “Che c’è? Hai paura che mi approfitti di te?” avvicinò il viso al suo.
“No, ma cosa ti salta in mente”
“Sai, Jan, devo confessarti che”gli occhi neri erano terribilmente brillanti: “da quando è accaduta quella cosa tra noi, insomma… ”
“Di che parli?” fece finta di niente.
“Del bacio, sai, la sera della festa per Ina”
“Avevamo bevuto, Miguel”
“Non faccio che pensarci”confessò appoggiando il braccio sullo schienale: “soprattutto a ciò che ho provato” gli sfiorò il collo con le dita.
Jan fremette e uno strano calore si propagò lungo il corpo: “Eravamo un po’ brilli e…”
“Ci siamo lasciati prendere dall’entusiasmo” concluse Miguel con un ghigno: “A te non è piaciuto?”
Arrossì “Che importanza ha”
“Davvero non ti ha importato? O guarda sei diventato tutto rosso! Il commissario Maybach che arrossisce” lo prese in giro.
“Finiscila” lo spintonò ridendo.
“Sei arrossito” lo pizzicò sul torace e poi sotto le ascelle.
Ne scaturì una lotta nella quale Miguel ebbe la meglio. Lo spinse supino sovrastandolo con il peso del suo corpo “Ti arrendi?”
“Mai!”
“Arrenditi, Jan!” ordinò continuando a solleticarlo.
“Okay, mi arrendo” si contorse cercando di sfuggire a quella tortura.
“Lo sapevo”sul volto di Miguel apparve un’espressione soddisfatta “sono il migliore”
“Stupido” lo spinse via.
Senza preavviso Miguel tornò a pressarsi su di lui bloccandogli le braccia dietro la testa “Ora, sei in mio potere”
“Dai, lasciami ti ho detto che mi sono arreso!” gli girava la testa. Chiuse gli occhi per un attimo, e quando li riaprì, quelli di Miguel erano a pochi millimetri dai suoi.
“Miguel...” sussurrò. Lo pronunciò con una tale dolcezza e arrendevolezza che lo spagnolo non riuscì a trattenersi. Si sporse verso di lui e lo baciò. Jan, dapprima inebetito, rispose socchiudendo le labbra.
Miguel approfondì quel bacio che bramava fin dall’inizio della loro serata insieme “Jan” lasciò scivolare la mano sotto la maglietta accarezzando il ventre.
“Mio dio” gemette Jan godendo del suo tocco sulla pelle incandescente.
Jan scese a lambire la cicatrice con la lingua, poi giù verso il mento fino al pomo d’Adamo. Miguel buttò la testa indietro chiudendo gli occhi, mentre Jan continuava il suo cammino mordicchiando il collo.
Nella stanza solo il suono dei loro ansiti. Si spostarono sul letto, incollati, incapaci di smettere di baciarsi e toccarsi come se per via di un misterioso incantesimo non fossero più in grado di restare separati un istante.
Miguel lo spinse supino stendendosi su di lui. Gli sfilò la maglia lanciandola attraverso la stanza, poi gli perlustrò il petto con la bocca: “Come sei bello, cucciolo” lasciò una scia umida fino all’ombelico.
Jan inarcò la schiena lasciandosi andare: “Miguel”
“Ti voglio da morire, Jan” alzò il capo incontrando i suoi meravigliosi occhi azzurri.
“Anche io ti voglio, ma non così”
“Come?”
“Abbiamo bevuto, le nostre percezioni sono alterate dall’alcool. Non sarebbe giusto”
Miguel distolse lo guardo, ma sapeva che Jan aveva ragione.
“Miguel, devi capire: voglio che desideri fare l’amore con me con tutti i tuoi sensi e non perché reso coraggioso dall’alcol!”
Comprese cosa stava tentando di dire. “Mi dispiace” s’imbronciò: “perdonami se ti sono saltato addosso”
“Non mi sei saltato addosso, Miguel, lo abbiamo voluto entrambi” Jan gli alzò il mento con un dito “capito?”
“Sei tu il capo” ridacchiò.
“Non riesci mai ad essere serio” Jan gli sferrò uno scappellotto dietro la nuca.
Miguel non replicò e preferì appoggiare la testa sul suo petto, accarezzando i peli con le dita: “Mi si chiudono gli occhi” e dopo un attimo sprofondò in un sonno profondo.
Jan lo strinse maggiormente a sé addormentandosi a sua volta.
Furono destati dal trillo invadente della sveglia. Miguel scattò seduto, Jan nascose la testa sotto il cuscino “Spegni quell’aggeggio infernale!”
“Cazzo, ma che ore sono?”
“È sabato, Miguel, il nostro giorno libero, voglio dormire!” protestò voltandosi dall’altra parte.
Miguel appoggiò la mano sulla sveglia facendola finalmente tacere: “Siamo crollati come sassi, stanotte”
“Ho la testa che mi scoppia” si lamentò Jan voltandosi a guardarlo, Miguel costatò che aveva due enormi occhiaie e i capelli spettinati.
“Povero cucciolo” avvicinò il viso al suo, poi posò le labbra sulla fronte baciandola dolcemente “va meglio?”
“Un pochino”
Si guardarono per qualche istante, poi Jan lo attirò a sé cercandogli voglioso la bocca. Miguel si stese su di lui e con ardore accarezzò il torace muscoloso. Scese a mordergli il mento. Jan si lasciò sfuggire un gemito, mentre l’erezione premeva contro la stoffa dei boxer.
Le mani di Miguel si mossero fino all’indumento intimo sfiorandone il bordo.
“Adoro il tuo corpo, Jan” sussurrò tra i baci.
“Non ti fermare, toccami” lo supplicò prendendogli la mano e infilandosela nella biancheria.
Miguel non attese oltre, circondò il membro per dargli piacere.
Jan inarcò la schiena chiudendo gli occhi. Miguel, ritornato a baciarlo, aumentò il ritmo.
“Ti voglio Jan” confessò con desiderio “e non so se riuscirò a fermarmi, questa volta”
“Bene!” il suo sguardo era pieno di maliziosi sottintesi.
“Cosa vuoi da me esattamente?” Miguel sorrise sornione.
“Fammi tuo”
A Miguel si fermò il cuore per qualche secondo. “Ho capito bene cucciolo? Mi vuoi davvero?” sembrava commosso, emozionato. Di certo sconvolto.
“Ti voglio sì, voglio sentirti dentro di me, Miguel”
“Sei sicuro, Jan. Non è che dopo ti pentirai e mi odierai...”
“Anche con le ragazze ti fai tutti questi scrupoli? Ecco perché non concludi mai!”
“Che stronzetto!”
Jan tornò serio. “Te lo giuro Miguel, non sono mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia” assicurò attirandolo di nuovo a sé: “prendimi, commissario Alvarez”
“Come il capo comanda” ridacchiò insinuandosi tra le sue gambe: “cercherò di fare piano”
Avvertendo la sua preoccupazione, Jan decise di confessargli qualcosa che non aveva mai raccontato ad anima viva: “Miguel, non devi preoccuparti di farmi male perché non è la mia prima volta”
“Cosa? Di che stai parlando, Jan?”l’ispanico era esterrefatto.
“Quando ero a Colonia mi infiltrai per sgominare un traffico di droga e fu in quell’occasione che...” lasciò la frase a metà: “lo incontrai. Lui si innamorò di me e io ne fui soggiogato. Era così affascinante, ma in seguito scoprii che era lo spacciatore e fui costretto ad arrestarlo.”
Miguel ascoltò il suo racconto a bocca aperta: “Ci hai fatto l’amore?”
Jan annuì e all’idea di lui con un altro, Miguel provò una fitta nel petto.
“Era solo sesso”Jan gli accarezzò una guancia, ma lui si scansò: “Miguel, non reagire così”.
“E come dovrei reagire! Mi spari una notizia del genere. Un bastardo fortunato, quello!”
“Tu lo sei di più” Jan lo strinse a sé “hai il mio cuore”
A quelle parole Miguel fremette e cercò le sue labbra. Lo spinse supino e, dopo avergli calato i boxer, si stese su di lui baciandolo e accarezzandolo dolcemente.
Jan gli spiegò dove voleva essere toccato, baciato. Ansimò realizzando quando Miguel fosse veloce nell’apprendimento, ma quando lo penetrò, Jan urlò, ci aveva messo troppa enfasi.
Miguel si ritrasse preoccupato “Fa male?”
“Un po’. È da tanto”
“Scusa”
“Non importa”
Miguel lo penetrò di nuovo, senza staccare lo sguardo dall’amato. Cominciò a muoversi, prima lentamente, poi con maggiore decisione. Quando il suo sesso trovò un punto particolarmente sensibile, Jan gemette, poi gli circondò i fianchi con le gambe per approfondire la penetrazione “Non ti fermare, mi stai facendo impazzire”
Miguel, eccitato, lo accontentò. Giacché il suo corpo ne era in grado, voleva farlo godere il più possibile.
“Miguel” ripeté l’altro senza sosta toccandosi fino a quando non venne.
Un ultimo affondo e anche Miguel raggiunse il culmine. Si accasciò esausto.
I corpi erano ricoperti da uno strato di sudore, i capelli di Jan appiccicati alla fronte e il fiato ansimante.
“È stato grandioso, Miguel” gli accarezzò la nuca.
“Ma con la pratica si può anche fare di meglio”
“Presuntuoso” rise.
Non uscirai da questo letto finché Miguel Alvarez non ti avrà sfiancato, hai la mia parola!”
“Prospettiva estremamente interessante”
Miguel si sporse per baciarlo riaccendendo così la passione.

Jan si rese conto di non essere più con Miguel, ma nella sua camera da letto con Vince che lo fissava stranito.
“Che hai?” domandò sfiorandogli una spalla nulla.
“Niente” abbozzò un sorriso. Stava impazzendo ed era tutta colpa di quel posto.
Vince annuì, ma sapeva che stava mentendo.

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