sabato 17 settembre 2011
Il Frutto proibito
Original
Per linguaggio crudo e future scene di violenza e sesso anche non consenziente, questa storia è vietata ai minori di 18 anni.
Prologo
Londra 1860
La stanza era immersa nell’oscurità. Fuori dalla piccola finestra, la notte era senza luna. Due occhi chiari scrutarono incuriositi la camera, cercando di abituarsi al buio. Nel silenzio quasi irreale, il respiro affannoso del ragazzo, rannicchiato nel letto, le dita sottili strette al lenzuolo, quasi come se si fosse appena riscosso da un incubo. Avvertendo dei passi, scattò seduto appiattendosi al muro quasi a volersi rendere invisibile.
La porta si aprì con un cigolio e una figura imponente varcò la soglia. In mano stringeva una lampada che gli illuminava il volto candido e bellissimo. Il ragazzino, impaurito, osservò il nuovo arrivato trattenendo il fiato. Si trattava di un uomo sulla trentina, occhi scuri e lunghi capelli neri raccolti in un nastro. Quando avanzò avvicinandosi, la luce rischiarò la stanza permettendogli di vedere finalmente l’ambiente che lo circondava. Un camino, nel quale scoppiettava il fuoco, al centro della stanza un tavolino e una poltrona di velluto azzurro a fiori. Completava lo scarno arredamento un cassettone con intarsi lavorati, appoggiato alla parete.
“Ti sei svegliato” chiese l’uomo appoggiando la lampada sul pavimento accanto al letto.
“Chi…siete?” balbettò il fanciullo schiacciandosi maggiormente contro il muro.
“Non temere, sei al sicuro” tentò di rassicurarlo, la voce calda e mascolina.
“Dove mi trovo?” gli occhi spauriti saettarono da una parte all’altra.
“Nella mia dimora. Come ti senti?”
“Come se mi avessero percosso con un bastone” fece una piccola smorfia, la testa gli pulsava con violenza e in bocca un sapore amaro. “Ma voi chi siete?”
“Il mio nome è Edward. Edward Grey” lo scrutò intensamente.
“Quindi non vivo qui” mille interrogativi cominciarono ad affollarsi nella mente. “e come mai mi avete portato in casa vostra?
Edward sedette sul letto, accorciando la distanza che li separava: “Non ricordi?”
Gli occhi lucidi si puntarono nuovamente sul suo interlocutore: “No”
L’espressione dell’uomo cambiò di colpo: “Qual è l’ultima cosa che ricordi?” insistette cupo.
“Niente” scosse il capo, mentre una lacrima scivolò lungo la guancia candida infrangendosi sul lenzuolo.
“Neanche il tuo nome? Dove vivevi?”
“No” si portò le mani alle tempie e cominciò a piangere “cosa mi succede?”
“Non fare così, piccolino” lo strinse tra le braccia.
Il fanciullo affondò il volto nella spalla bagnandogli la camicia di raso bianca.
Edward gli carezzò i capelli: “Presto ricorderai, non piangere”
Il suo tocco gli infuse calore e protezione. Stranamente si sentiva al sicuro nel suo abbraccio. Protetto. Un attimo dopo, l’uomo lo allontanò tornando serio e compassato. Si alzò dal letto indietreggiando di un paio di passi. Il giovinetto ne approfittò per osservarlo con attenzione. Il suo abbigliamento elegante e sofisticato gli suggerirono che doveva trattarsi di un nobile, un aristocratico. Indossava una camicia di raso con i polsini di pizzo e dei pantaloni scuri, al collo una catena con un pendente a forma di goccia con una pietra trasparente, dai riflessi azzurri, terminante con una pietra rossa, probabilmente un rubino, mentre alle dita numerosi anelli d’oro, dei quali, quello che ornava il suo mignolo, attirò maggiormente la sua attenzione. Era grosso, al centro uno stemma con una rosa incrociata con una spada.
“Volete dirmi cosa mi è successo?”
“Non è ancora il momento, piccolo. Devi riposare, sei ancora debole. Ti hanno riempito di porcherie e picchiato.”
Un tremito incontrollato s’impadronì del suo corpicino: “Come? Chi mi ha fatto questo?” le lacrime divennero ancora più copiose.
“Ho detto che devi riposare. Ti dirò tutto, non temere!” si abbassò a sfiorargli una guancia umida “Non piangere. Devi essere affamato. Ti farò portare la cena” e senza aggiungere altro raggiunse la porta chiudendosela alle spalle.
“No! Non…” ma era tardi Edward era già andato via. Guardò in basso, gli aveva lasciato la lampada.
Una volta solo, tentò di alzarsi dal letto, ma la testa gli faceva troppo male per permettergli di stare in piedi. Era turbato, non aveva compreso la maggior parte del discorso di quell’uomo così misterioso, ma dentro di sé provava sconforto per non conoscere la sua identità. Si convinse che c’era qualcosa di strano e che stesse nascondendo parecchie cose sul suo conto. Prendendosi la testa tra le mani, tentò di ricordare. Un volto, un luogo, ma niente. C’era solo il buio.
La porta sbatté contro il muro facendolo scattare di paura.
“Chi siete?” osservò pronto a scappare, il giovane che era appena entrato. Molto giovane, con il viso disseminato da piccole lentiggini, lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle e vispi occhi verdi. Tra le mani un vassoio con dei piatti.
“Ti ho portato la cena” sorrise avanzando verso il tavolino.
“Grazie”
“Io sono Jeremy” appoggiò il portavivande.
“Grazie, Jeremy”
Prima di uscire il biondino, si voltò: “Tu non hai un nome?”
“Non lo ricordo” si rattristò.
L’altro alzò le spalle: “Puoi sempre scegliertene uno o ci penserà il conte per te”
“Il conte?” ripeté smarrito. “Io non…”
Jeremy annuì prima di lasciare la stanza.
“Dovevo capirlo” tornò pensieroso.
In quel momento il suo stomaco brontolò. Guardando il piatto pieno di vivande con bramosia, tentò di alzarsi di nuovo. Era affamato come se non mangiasse da giorni.
Le gambe sembrarono cedergli, ma usando il pomo del letto come appoggio, riuscì a raggiungere il tavolo. Sedutosi scomposto, divorò il contenuto dei piatti. Quando fu sazio, si appoggiò allo schienale mantenendosi con le mani lo stomaco dolorante. Decretò che aveva mangiato troppo. Fece per tornare verso il letto, quando improvvisamente delle immagini gli invasero la mente.
Si trovava in una stanza, era vestito con una specie di tunica rosso scuro, i piedi affusolati erano scalzi, alla caviglia un braccialetto stile orientale con pendagli che suonavano ad ogni movimento. Gli occhi gli si chiudevano, aveva solo voglia di dormire. Si guardò intorno, nella stanza decine di uomini dei quali non riusciva a vederne i volti perché immersi nell’ombra. Poteva solo sentire su di sé i loro sguardi bramosi. Rabbrividì e con le braccia si circondò l’esile corpo. era ancora impalato quando gli si avvicinò una donna sulla quarantina, magra, con lunghi capelli rossi e occhi eccessivamente truccati. La seguiva un uomo robusto con dei capelli unti, legati dietro la nuca, il quale lo afferrò per un braccio strattonandolo con violenza. “Alzati” ordinò stringendo la mano grassoccia, ma energica attorno al suo polso. Il ragazzo sgranò gli occhi e cercò di divincolarsi, ma l’uomo lo schiaffeggiò “Fermo, ragazzino pestifero, se non resterai docile, non ti vorrà nessuno e non lo vuoi questo, vero?” le ultime parole furono mormorate con un sibilo e nei suoi occhi apparve una luce maligna che lo indusse a obbedire. Quell’uomo gli sembrò capace di compiere qualsiasi cosa.
“Bravo, ora sì che mi piaci, piccolino”gli sfiorò una guancia scendendo fino alla gola. Il contatto lo fece tremare.
Fu trascinato al centro della sala, i sonagli alla caviglia tintinnarono. Le droghe che gli avevano somministrato cominciavano a fare effetto, non sentiva più nulla, la testa era leggera, il corpo sembrava avere una vita propria, quasi come se non gli appartenesse.
S’isolò, come se non si trovasse in quella stanza colma di estranei, ma in un altro posto, solo la voce dell’uomo lo riportò alla realtà.
“Signori, guardate questo esemplare, diciassette anni, mai sfiorato, pelle di seta e bocca morbida e carnosa. Disponibile a qualunque cosa, fate la vostra offerta per una notte con lui, per essere il primo a possedere il suo corpo”
La preda fremette, volse gli occhi verdi pieni di lacrime verso l’uomo, ma non riuscì a pronunciare neanche una parola.
“L’asta parte da venti sterline”
Immediatamente si alzarono decine di mani e la posta aumentò.
“Cento”dichiarò un uomo seduto su un divanetto che aveva alzato il braccio fasciato in un cappotto scuro.
“Duecento sterline”dichiarò una voce proveniente dal fondo della stanza.
Le teste dei presenti si voltarono focalizzandosi sull’uomo che aveva parlato e che si stava avvicinando al centro della stanza con passo elegante. Indossava una giacca color porpora e una camicia bianca chiusa al collo con una spilla vistosa. I lunghi capelli neri erano lasciati sciolti sulle spalle, in mano stringeva un bastone con il manico in argento lavorato.
“Duecento sterline”ripeté con un sibilo notando che il suo contendente si era alzato poco contento della sua intromissione.
“Non vi sembra una cifra eccessiva per una notte?”gli domandò avanzando verso di lui.
“Forse non sono stato chiaro, io non lo voglio solo per una notte, ma desidero portarlo a casa con me, sarà mio”
“Cosa?”sgranò gli occhi, mentre la tenutaria del bordello e l’uomo che conduceva l’asta assunsero un’aria minacciosa.
“Il ragazzo ci appartiene” sibilò poi questi.
“Cinquecento” replicò inespressivo. Abituato a confrontarsi con una feccia come quella, non ne fu per niente intimorito.
“Cinquecento?”domandò incredulo, ma allo stesso tempo, interessato.
Annuì e sulle labbra apparve un sorriso maligno, mentre l’oggetto del contendere era fermo, con la testa bassa. Un leggero tremito gli agitava il corpo e ben presto il torpore prese il sopravvento. senza quasi accorgersene scivolò seduto sulle assi di legno del pavimento.
“Cinquecento sterline, signori, mi sembra una proposta ragionevole”
La donna intervenne afferrando il ragazzino e trascinandolo verso di lui “voi siete un uomo facoltoso, sono certo potete offrire molto di più”
“Non abusate della mia pazienza! Ringraziate che non faccio chiudere questo postribolo cencioso!” ogni parola era puro veleno.
Il suo tono spaventò tanto i tenutari da indurli a tacere. Soddisfatto, si liberò della loro presenza, pagando loro il dovuto. Una volta che fu solo con il fanciullo, si chinò circondando il corpicino con le braccia possenti. Gli sguardi s’incontrarono e lui seppe di essere finalmente al sicuro.
Mi raccomando commentate! Il futuro di questo racconto dipende da voi e dai vostri commenti.
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4 commenti:
beh maledetta chi devo chiamare perchè lascino il commento affinchè tu possa continuare a pubblicare? per certi versi assomiglia ad un manga ... ora nn mi ricordo il nome ma certo avrai capito, all'inizio devi ricontrollare usi troppo la parola addossato/a (al muro) in poco tempo ma la lettura è piacevole e ben scritto (migliore dei primi lavori ... maturi anche tu) perciò non fare tuo solito che mi mandi qualcosa o mi fai leggere qualcosa e poi non mi dici come finisce ok? un pò per certi versi ho pensato anche al libro "la maschera"(un pò come hai introdotto i personaggi) l'hai mica letto? besos
sam
Ciao Ale, ti prometto che lo leggo, sono passata per dare una sbirciatina, la storia pare interessante e pure il blog, quando hai voglia passa dal mio eh!
Bacioni!
Silvietta (Azzaroli)
Purtroppo tesoro non sono riuscita a leggerla tutta perché proprio non è il mio genere. Troppo pomposa, troppe descrizioni piatte e impersonali, poco realistica, il linguaggio, lo stile che hai scelto, non mi riporta alla realtà e se non è qualcosa in cui posso credere io non riesco proprio a leggerlo! Mi dispiace davvero, in bocca al lupo!
Non sono riuscita ad entrare con il mio blog dice che il mio indirizzo è bloccato, è strano, cmq sono io, la tua socia ^^
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