sabato 7 novembre 2009

Accecati dalla passione NC17



ACCECATI DALLA PASSIONE

Soko Leipzig
Pairing: Jan e Miguel
Rating: NC17 vietato ai minori di 18 anni per esplicite scene di sesso.
Spoiler: terza stagione
I personaggi non sono di mia proprietà.


Jan era al buio, nel suo appartamento, con lo sguardo perso nel vuoto. Cosa gli era successo? Proprio a lui, così serio e coscienzioso. Infatuarsi come un ragazzino. Di chi poi? Di una donna che aveva ucciso il marito a sangue freddo. Doveva essere davvero impazzito per lasciarsi abbindolare in quel modo. Miguel aveva cercato di farlo ragionare, ma la passione e il desiderio non lo avevano fatto riflettere sulle sue azioni. Aveva anche litigato con Miguel, era stato sul punto di sospenderlo solo perché aveva avuto il coraggio di dirgli quello che davvero pensava della situazione e delle sue scelte. Si alzò dal divano e si diresse verso il bagno, aveva bisogno di restare almeno un paio d’ora nella vasca, ma in quel momento udì bussare alla porta. Non era proprio in vena di vedere nessuno, chi poteva essere? Andò ad aprire. Sul pianerottolo c’era Miguel. Il suo sguardo era cupo.
“Che fai qui Miguel? Voglio restare da solo”
“Pensavo volessi parlare”, replicò il compagno entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
“Non sono dell’umore adatto”
“Non ho alcuna intenzione di lasciarti a rimuginare e poi, non credo tu lo voglia davvero”.
Jan sospirò, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. Guardò il collega che sembrava stranamente nervoso.
“E Benny? Sta già dormendo?”chiese Miguel, cambiando argomento.
“È a casa di un amico”
Si creò un silenzio imbarazzante tra i due che entrambi non riuscivano a sopportare.
“Devi parlarmi di qualcosa, Miguel?” gli domandò alzando un sopracciglio.
Il moro abbassò lo sguardo e si osservò le scarpe "Senti Jan, tu hai capito quanto mi ha dato fastidio il fatto che ti fossi messo a frequentare quella donna, giusto?”
“Me ne ero reso conto, eccome”
“Scusa” mormorò Miguel.
“Non scusarti, sospettavi di lei e avevi ragione. Sono stato un idiota a cascare nella sua rete” posò gli occhi azzurri sul suo viso.
Miguel si morse il labbro, non voleva confessare quale fosse il vero per questo motivo, aveva ostacolato quella relazione e soprattutto perché fosse stato così male sapendolo con lei.
Jan però si rese conto che altro lo turbava “Sento che non mi stai dicendo tutto” si avvicinò “Miguel, guardami”.
“Forse è meglio che vada, Jan, invece di tirarti su di morale ti sto deprimendo” si voltò per aprire la porta ma l’altro lo fermò appoggiando la mano sulla sua “Miguel, cosa c’è? Non ti ho mai visto in questo stato”
“Stai ancora male per lei, vero, Jan?” gli domandò con dolore “Che cosa provi per quella donna?”
Jan non seppe cosa rispondere, erano trascorse solo poche ore da quando l’aveva arrestata. Non aveva ancora avuto modo di riflettere su quello che provava.
“Non sopporto che tu stia male per quella…” sibilò furioso.
Si voltò verso di lui. Gli occhi scuri erano come braci “Era una sgualdrina e ti ha ammaliato con il sesso”.
“Non era solo sesso, Miguel” replicò.
Queste parole lo colpirono come una pugnalata nel cuore, si sentì mancare il terreno sotto i piedi e di conseguenza si aggrappò con forza alla maniglia “Capisco” mormorò con un filo di voce.
Jan continuava a mantenere la mano sulla sua, il calore era quasi insopportabile “Io me ne vado”.
“No” sussurrò Jan pressandosi contro di lui “non senza aver risposto a questa domanda, eri geloso di Corinne?”
Jan insistette “Miguel, eri geloso quando mi sapevi con lei?”
L’altro s’irrigidì “Sì, Jan, ero geloso, ora, lasciami andare” ansimò leggermente.
“Miguel” l’altra mano si poggiò sulla schiena “perché?”
“Non mi toccare” sibilò, si stava rendendo ridicolo, perché non aveva mentito? Perché gli stava confessando quello che provava?
Il cuore di Jan batteva con violenza nel petto, non avrebbe mai pensato che Miguel potesse provare per lui qualcosa che andava oltre l’amicizia. Spingendosi ancora contro il suo corpo gli sussurrò in un orecchio “Ora, non vuoi che ti tocchi?”
Miguel, eccitato, chiuse gli occhi, l’alito caldo lo fece fremere. La mano di Jan scese lungo la schiena.
“Ti da fastidio se ti accarezzo?” anche Jan si sentiva strano, come se avesse sempre sperato che fosse geloso.
Miguel si voltò di scatto. Fissò l’amico con occhi colmi di desiderio, poi lo spinse con violenza contro la parete attaccandogli le labbra. Lo baciò afferrandolo per il colletto della camicia. Lo attirò maggiormente a sé, spingendosi nella sua bocca, le lingue s’incontrarono dando vita a una lotta senza fine.
Jan si lasciò sfuggire un lamento, il cervello aveva smesso di formulare dei pensieri concreti, in quel momento esistevano solo loro.
Mentre le mani mappavano reciprocamente il corpo dell'altro, Miguel, senza preavviso, strappò la camicia
lasciandola cadere a terra, Jan fece altrettanto. Sembravano due belve, incapaci di reprimere quegli istinti per troppo tempo custoditi nelle loro anime.
Miguel gli catturò il labbro inferiore con i denti e lo tirò leggermente, le mani scivolando lungo il torace accarezzandolo “Sei così bello, Jan” si schiacciò contro di lui affondando il viso nel collo e mordicchiandolo. Con la lingua tracciò una scia fin sotto il mento “se solo sapessi da quanto desidero farlo”.
Jan gli portò una mano dietro la nuca cercando nuovamente le sue labbra carnose. Lo sguardo si posò sulla cicatrice che aveva sotto la bocca.
La sfiorò con un dito “E questa? Non mi hai mai detto come te la sei fatta”.
“Un incidente da bambino” rispose vago “ero molto vivace”.
Avvicinò il viso e lo baciò in quel punto, risalendo verso le labbra.
Miguel lo schiacciò maggiormente contro la parete, gli slacciò i pantaloni lasciandoli scivolare lungo le gambe “Non mi sembra un argomento da trattare in questo momento, commissario Maybach, ti desidero talmente che se non ti scopo ora, impazzirò” dichiarò con occhi scuri di lussuria.
Lo baciò ancora facendolo gemere, le dita s’insinuarono dei boxer avvolgendo il membro. Jan chiuse gli occhi e si lasciò andare al tocco delicato, ma allo stesso tempo deciso di Miguel.
“Miguel” ansimò riaprendo gli occhi e perdendosi in quelle pozze nere che tanto amava.
“Vieni” lo afferrò trascinandolo verso il salone, mentre i boxer del biondo finivano abbandonati sul pavimento.
Miguel lo spinse supino sul divano e, dopo aver ammirato la perfezione del suo corpo, si stese su di lui sovrastandolo. Tornò a reclamare le labbra, muovendosi e provocando in Jan delle ondate di calore.
Jan ansimò e buttò la testa all’indietro, bramando di più, gli afferrò le natiche con entrambe le mani inducendolo ad aumentare il ritmo.
“Lei è troppo vestito, senior Alvarez” dichiarò con voce calda e profonda “ma…rimediamo subito”.
Lasciò il sedere per sbottonargli con irruenza i jeans, voleva averlo nudo contro di sé, percepire la sua virilità, ma soprattutto, voleva sentirlo prepotentemente dentro.
“Scopami!” gli ordinò calandogli i boxer.
Miguel sorrise, stupito, non era da Jan quel linguaggio. Doveva ammettere però che questo aspetto del commissario Maybach gli piaceva e molto anche.
Tornò a baciarlo con sempre più ardore, Jan strinse le gambe alla vita di Miguel come se temesse potesse sgusciare via.
“Non preoccuparti, piccolo, non vado da nessuna parte, ho troppa voglia di te” sussurrò come se avesse percepito il suo timore.
“Dimostramelo!”si mosse lasciando che i sessi frizionarono.
Miguel ansimò “Devo prendere un preservativo”.
“Non ne ho”
“E con la spogliarellista come facevi?” era geloso, non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero del suo Jan con quella sgualdrina uxoricida.
“Li aveva lei” confessò Jan.
“Già, logico” replicò Miguel con una smorfia “con tutto quel movimento che aveva”.
“Miguel!” lo rimproverò.
“Solo il pensarti con quella sgualdrina mi rende furioso. Quante volte avete scopato Jan?”si liberò dalla sua stretta.
“Tre”la sua voce fu solo un sussurro.
“Tre”ripeté con il cuore in mille pezzi “grandioso, era brava, almeno?”
“Non farlo”
“Cosa? Soffrire perché tu sei stato con quella? È tardi, Jan”gli occhi scuri si persero in quelli azzurri dell’amico.
Miguel si alzò dal divano e Jan impallidì “Mi dispiace, non andartene, ti prego”.
“Non sto andando via, Jan”lasciò vagare lo sguardo sul suo corpo nudo e si morse il labbro “cerco di ricordare se ho un preservativo nel portafoglio”.
La sua risposta lo rassicurò, però non era del tutto sereno “ Vorrei cancellare tutto quello che è accaduto con Corinne, ma non posso” Jan si mise seduto.
“Non è vero, Jan, non dirlo, tu non lo vuoi perché per te quella donna è stata importante” ritornato da lui, gli sfiorò una guancia.
“Forse è stato il mio desiderio di trovare una donna che faccia da madre a Benny a…” non riuscì a terminare la frase perché Miguel gli chiuse la bocca con un bacio.
Lo spinse nuovamente supino, premendosi su di lui, Jan ansimò “Miguel, mio dio”.
“Ti farò dimenticare quella donna, commissario Maybach” sussurrò mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
“Scopami Miguel!” gli ordinò.
“E la protezione?”
“Al diavolo, facciamolo senza” sussurrò Jan in preda al desiderio più selvaggio.
“Per quanto voglia darti ascolto, non possiamo essere incoscienti”.
“E va bene” sbuffò “corri a prendere questo cavolo di preservativo, ma torna immediatamente”.
Miguel scoppiò a ridere, non lo aveva mai visto così impaziente. Si alzò e si diresse nell’ingresso, dove aveva lasciato i jeans. Prese un pacchettino dalla tasca e ritornò dal suo collega che lo attendeva sul divano.
Glielo mostrò e le labbra di Jan si aprirono in un sorriso “Finalmente” allungò un braccio e lo attirò su di sé impossessandosi della sua bocca carnosa.
“Siamo impazienti, eh, cucciolo?” lo prese in giro.
“Abbiamo perso fin troppo tempo, Miguel” lo rimproverò “non lo vuoi anche tu?”
“Puoi scommetterci che lo voglio, non sai quanto”con i denti scartò l’involucro. Lo arrotolò sull’erezione.
Si insinuò nuovamente tra le sue gambe e lasciò scorrere una mano tra le natiche. Sfiorò la fessura inviolata con un dito. Lo spinse all’interno muovendolo con decisione.
Jan si lasciò sfuggire un gemito. Buttò la testa all’indietro, Miguel puntò su di lui le iridi scure “Ti faccio male?”
“No, continua” si morse il labbro.
Miguel aggiunse un secondo dito conficcandolo in profondità. Gli strappò un grido, ma non si fermò “Tutto bene? Vado troppo veloce?”
“Non continuare a torturarmi, Miguel, scopami!”lo supplicò aprendo gli occhi e guardandolo con desiderio.
“Non aspetto altro”si sporse per baciarlo.
Dopo averlo baciato a lungo, si spinse in lui lentamente. L’ultima cosa che voleva era farlo soffrire, ma sapeva sarebbe stato inevitabile.
Jan gridando appoggiò le mani sul petto, Miguel si fermò “Jan, stai bene?”
“Sì, è solo che…”
“Se vuoi che mi fermi devi solo dirmelo”negli occhi c’era preoccupazione, ma anche speranza di non sentirgli pronunciare le parole che tanto temeva.
“No, non ti fermare”circondò la nuca con un braccio e lo attirò maggiormente a sé “ma fai piano però, è la prima volta”.
“Lo so, anche per me e voglio sia stupenda, per entrambi”.
Jan cercò di rilassarsi e Miguel cominciò a muoversi con vigore facendolo gemere.
“Miguel”strinse le labbra, il dolore era insopportabile, ma non voleva smettesse.
“Jan, mio dio, così stretto”ansimò aumentando il ritmo dei suoi affondi.
Il dolore cominciò ad affievolirsi e quando Miguel, con una delle sue spinte poderose, cominciò a massaggiare la prostata Jan fu catapultato in un vortice di sensazioni mai provate. Gli conficcò le unghie nella carne “Miguel, ti prego in quel punto... così." farfugliò.
"Cosa? Non capisco... "
"In quel punto, dove mi hai toccato prima”.
”Qui?”con un colpo di reni gli strappò un grido di piacere.
“Miguel, sì, mio dio, sì”Jan afferrò le natiche e lo attirò maggiormente a sé per indurlo a muoversi con maggiore vigore, lo desiderava con tutto se stesso.
Il cuore di Jan batteva con violenza, le gote erano arrossate, i capelli umidi e il torace imperlato di sudore “Scopami, Miguel, voglio sentirti fino in fondo”.
Miguel sorrise baciandolo con dolcezza e continuò i suoi assalti fino a quando non raggiunse l’orgasmo travolgente “Vengo” urlò e si accasciò senza forze sul torace del compagno, restando ancora in lui.
Jan ansimò e lo circondò con le braccia.
“È stato grandioso” bisbigliò sfiorandogli il lobo dell’orecchio con le labbra.
“Decisamente, Jan, da quanto tempo speravo di farlo”.
“Per fortuna siamo ancora giovani e sexy e non due vecchietti con la dentiera” sorrise.
“Sì, ma non credere che sia finita qui, ho intenzione di trattenerti in questo letto tutta la notte” gli occhi scuri di Miguel brillarono.
“Interessante prospettiva” ridacchiò l’altro accarezzandogli il petto.
Miguel infilò le dita nei capelli biondi “Che ne dici? Non ho delle doti che la tua spogliarellista sogna?”.
“Sì, indubbiamente” sussurrò mordicchiandogli l’orecchio.
Jan chiuse gli occhi e sospirò, si sentiva tremendamente bene tra le sue braccia, sarebbe stato bello poter restare in quella posizione per sempre.
“Sai, ero geloso marcio di te e quella”
“Lo so, ma ora sono qui, non devi pensarci” mormorò ascoltando il battito accelerato del suo amore.
“Non sei venuto, Jan” dichiarò rendendosi conto in quel momento che aveva pensato solo al suo piacere.
Uscì da lui e si lasciò scivolare lungo il suo corpo e insinuandosi tra le gambe “Lascia fare a me”.
Jan si lasciò sfuggire un gemito quando le labbra di Miguel si avvolsero attorno al suo membro. Chiuse gli occhi e ansimò “Sì”
La testa del moro si muoveva velocemente, leccando e succhiando, aveva sempre fantasticato di farglielo e non credeva gli sarebbe piaciuto tanto. Aumentò il ritmo, voleva farlo venire.
“Ancora, più forte” Jan gli appoggiò una mano sulla testa, se avesse avuto più di quel mezzo centimetro di capelli in testa glieli avrebbe tirati.
“Sto venendo”gridò.
Miguel continuò a succhiare aumentando il ritmo fino a quando non lo sentì venire nella sua gola.
Si leccò le labbra e risalì a baciarlo “Hai un buon sapore, Jan”.
Il biondo percorse con un dito il suo viso “Vorrei che questa notte non avesse mai fine”.
“Possiamo fare in modo che duri il più a lungo possibile” sorrise malizioso.
“Lascia che mi riprenda e vedrai”
Gli occhi di Miguel lampeggiarono, Jan ridacchiò e lo spinse con la schiena sulla stoffa ribaltando le posizioni.
Gli bloccò entrambe le braccia portandole dietro la testa, si sporse in avanti intrappolandogli le labbra in un bacio delicato. Scese a lambire il mento.
“Jan, cosa fai?”
“Prendo il controllo” rispose sfiorando il pomo d’Adamo con la lingua “credevi ti avrei lasciato il comando per tutta la notte?”
“Siamo intraprendenti” ridacchiò Miguel.
“Ti voglio ancora” sussurrò Jan eccitato.
“Cavalcami”
Per tutta risposta Jan lo prese dentro di se cominciando a muoversi.
“Jan, più veloce”.
“Sì, scopami, Miguel” urlò in preda alla passione più sfrenata.
Jan gli lasciò andare le mani e si sporse in avanti per baciarlo, catturò il labbro inferiore tra i denti tirandolo leggermente. I corpi lucidi si muovevano insieme, le gote di Jan erano arrossate dal piacere e ciocche bionde gli cadevano sul viso.
“Cavalcami, Jan” ordinò appoggiandogli le mani sui fianchi per indurlo ad aumentate il ritmo “Non resisto, sto venendo” e raggiunse il suo secondo orgasmo seguito da Jan che spruzzò il suo seme sul torace.
“Commissario Alvarez, il mio stallone”sospirò Jan alzandosi dal suo grembo e accoccolandosi, ansimante, di fianco a lui.
“Commissario Maybach, adoro fare l’amore con lei” lo circondò con le braccia e gli baciò la fronte.
Jan rise e chiuse gli occhi, era felice e non voleva pensare a quello che sarebbe accaduto il mattino seguente. Sarebbe durato o era solo una notte di follia? Cosa avrebbe fatto Miguel? Sarebbe tornato alla sua vita o avrebbe deciso di trascorrerla con lui? Se così fosse stato cosa avrebbe detto a Benny? Avrebbe accettato il loro rapporto? Con questi pensieri si addormentò profondamente tra le braccia del suo compagno.
Miguel l’osservò dormire, era così bello il suo Jan, voleva dirgli che lo amava, ma aveva paura di non essere ricambiato. E se quello che era accaduto tra loro fosse stato dettato solo da desiderio, da lussuria? Non voleva rendersi ridicolo dichiarandogli il suo amore. Gli accarezzò la guancia e sospirò “Ti amo, Jan, te lo dico ora che non puoi sentirmi. Questa è stata la notte più bella di tutta la mia vita e la ricorderò per sempre”
“Miguel” mormorò nel sonno “ti amo”
Il cuore dello spagnolo perse un battito, aveva davvero udito quelle due paroline? Sorrise e lo baciò con dolcezza prima di sprofondare lui stesso in un sonno profondo.
Il mattino seguente li colse abbracciati, Miguel cingeva i fianchi di Jan con le braccia, la testa era piegata di lato, le labbra carnose erano socchiuse e il respiro leggero. Jan aprì gli occhi e l’osservò dormire, era così irreale trovarsi con lui, ma aveva la prova che quello che era accaduto non era stato un sogno. Gli sfiorò le labbra, lasciò scivolare il dito lungo il collo, fino al petto virile. Era bello, sensuale e tutto suo.
“Miguel” sussurrò.
Il moro aprì gli occhi e sorrise “Buongiorno”
“Ciao”
“Sei mattiniero, Jan”
“Sì, se vuoi dormire ancora, io intanto vado a preparare la colazione” fece per sgusciare dal suo abbraccio ma Miguel strinse la presa “Dove credi d’andare?”affondò il viso nel suo collo.
“In cucina, sono affamato”
“Anche io, ma di te”sussurrò Miguel mordicchiandogli la pelle candida.
“Senior Alvarez, lei è insaziabile”lo baciò con dolcezza, mentre il desiderio ritornava violento in entrambi.
“Mi eccita quando mi chiami così, Jan” ridacchiò lo spagnolo “questa è stata la notte più bella della mia vita”
“Anche la mia, ho amato ogni istante, soprattutto, dormire tra le tue braccia” sorrise Jan “anche se questo divano non è il posto più comodo del mondo”
Miguel gongolò nel sentire quelle parole, decise che non voleva più tacere. Divenne improvvisamente serio e taciturno. Jan si accorse del suo cambiamento e lo fissò stranito “C’è qualcosa che ti preoccupa, Miguel?”
L’altro sedette e, titubante, disse: “Io…mi chiedevo cosa accadrà ora”
Jan gli accarezzò una guancia “Non ho intenzione di lasciarti, Miguel, io…”
“Tu, cosa, Jan?” gli occhi neri si persero in quelle iridi cerulee che tanto amava.
“Ti amo e non voglio che tra noi finisca” confessò.
A quelle parole Miguel non riuscì a contenere la sua gioia “Anche io, da sempre, credo”
“Davvero?” Jan sentì il cuore esplodergli dalla felicità di sentirglielo dire.
“Sì , ti amo e mi piacerebbe poter restare qui per sempre ed essere liberi di amarci ogni volta che vogliamo” lo strinse tra le braccia, infilando le dita nei capelli biondi.
“Sarebbe bello, anche se preferirei il letto a questo vecchio divano” sospirò Jan.
Miguel scoppiò a ridere e lo baciò scendendo a lambire con la bocca il mento e poi giù fino al collo.
“Che ore saranno?” domandò Jan.
“Come? Con il mio trattamento pensi all’ora? Dovrei ritenermi offeso” mise il broncio.
“Scusa, è che…” lo sguardo si posò sull’orologio che aveva sulla mensola accanto al divano e impallidì, erano quasi le nove.
“Cavolo” lo allontanò con le braccia e scattò in piedi.
“Che c’è?” Miguel sgranò gli occhi “Ti ha morso una tarantola?”
“Sta per tornare Benny, è sabato e non va a scuola. La mamma del suo amico lo riportava direttamente qui”
Miguel si alzò a sua volta e senza parlare. Si chinò a raccogliere i vestiti sparsi per la stanza.
“Che fai?”
“Mi rivesto, non voglio scandalizzare Benny con le mie nudità” nella sua voce c’era dolore.
“Scusami” Jan si rese conto di averlo ferito “Non mi pento di quello che è accaduto, ti amo e voglio stare con te”
“Ma Benny non può trovarmi nudo come un verme sul vostro divano, l’ho capito. Credi sia idiota?” si voltò, sul suo volto Jan poteva leggere il dispiacere di sentirsi respinto.
“Non convincerti che io mi vergogni di quanto accaduto” cercò di rassicurarlo “perché non è così. Lo rifarei mille volte”
“Davvero?”sorrise “Anche io, farei l’amore con te, mille volte, in ogni angolo di questa casa” si avvicinò “Ti amo Jan e so che non ti vergogni, ma che vuoi solo proteggere tuo figlio”
“Sono felice tu capisca”
“Non preoccuparti” gli posò un bacio sulla fronte. Indossò la giacca e si avviò verso la porta.
“Te ne vai?” domandò tristemente, era dura doversi separare.
“Sì” la voce fu quasi un sussurro “ma mi mancherai”
“Resta” lo supplicò quasi
“E a Benny come lo spieghi?” gli sfiorò il viso.
“È abituato a vederti qui” alzò le spalle “Non ci farà caso”
“Tuo figlio è sveglio, sai? Secondo me lo capirà da solo”
“Sì, è sveglio, ma non così tanto. Almeno spero”
Miguel sospirò “Dovremo nasconderci come ladri”
“Credi che gli altri siano pronti per una notizia del genere?” domandò Jan.
“Sono adulti, potranno reggere allo shock” ridacchiò lo spagnolo “e poi, sai che ti dico? Non mi interessa” lo cinse con entrambe le braccia “io voglio stare con te e il resto non conta”
Le labbra di Jan si aprirono in un dolce sorriso “Ti amo, Miguel”
“Anche io, ti amo, Jan” abbassò la testa per baciarlo.
La passione esplose come dinamite, Miguel gli circondò la vita con un braccio e si spinse contro di lui.
Jan si lasciò sfuggire un gemito, si staccò “Devo rivestirmi, amore”
“Io ti preferisco così” il suo sguardo vagò lungo il corpo e si posò sul membro eretto.
“Jan, vorrei che mi prendessi” lo circondò con le dita “non sai quanto desidero sentirti dentro di me”
“Cosa? Ora?”
“Presto, so che mi farai impazzire” mosse la mano.
Jan gemette, le gambe erano come gelatina, il tocco di Miguel gli provocava delle sensazioni indescrivibili.
“Smettila o mi farai venire in pochi istanti” si lamentò Jan, ma in realtà, non voleva si fermasse.
“Vuoi davvero che smetta?” avvicinò la bocca al suo orecchio e morse il lobo.
“Miguel” la sua voce fu quasi un sussurro
In quel momento suonò il citofono, Jan impallidì “Benny”
“Rivestiti o tuo figlio ti vedrà nudo come mamma ti ha fatto” ridacchiò Miguel.
“Cialtrone” mise il broncio “apri il portone e resta qui mentre io mi vesto”
“Accolgo io il tuo Benny”
Jan raccolse gli abiti che giacevano nell’ingresso e corse in camera da letto.
Miguel aprì la porta e un attimo dopo apparve Benny. Vedendolo si buttò tra le sue braccia “Miguel”
“Benny” lo alzò e lo fece roteare, poi lo lasciò andare “sei cresciuto, non riesco quasi più a sollevarti”
“Stai invecchiando, Miguel” lo prese in giro.
“Come osi” giocarono a rincorrersi.
“Dov’è papà?” domandò il ragazzino.
“In camera, si sta…” non sapeva come terminare la frase “cambiando. Abbiamo fatto ginnastica e aveva bisogno di roba pulita.”
Benny lo guardò, poi aggrottò la fronte “E come mai sei vestito così? Non hai la tuta”
“Io…” lo stava davvero mettendo in difficoltà “mi sono cambiato prima”
Lui non sembrò molto convinto, ma non replicò e scappò via diretto verso la sua stanza.
Miguel sospirò. Ci era mancato poco, Jan l’avrebbe ucciso se si fosse lasciato sfuggire qualcosa di compromettente.
Jan torno pochi minuti dopo, indossava un maglioncino azzurro con collo a v che lasciava intravedere una maglietta bianca e dei jeans che gli fasciavano il sedere. I capelli erano ancora bagnati, doveva aver fatto la doccia.
Miguel lo fissò con la gola secca, era davvero un uomo stupendo ed era tutto suo.
“Jan, piccolo, meglio che me ne vada” si avvicinò guardandolo come se fosse una torta.
“Perché? È sabato trascorriamolo tutti insieme” propose Jan.
“Mi piacerebbe, ma…” si morse la lingua “non riuscirei a starti lontano. Meglio di no” appoggiò le mani sul suo torace e sospirò “Come vorrei…” si sporse in avanti e sussurrò “scoparti, Jan, ti desidero da impazzire e…”
“Non ne vedo l’ora, Miguel”
“A questo punto, credo dovrò andare a casa e fare una doccia gelata” ansimò eccitato.
Il compagno ridendo, gli accarezzò la guancia. In quel momento entrò Benny urlando “Papà, papà”
Miguel fece un passo indietro e Jan ritirò la mano. Si voltò e lo accolse tra le sue braccia “Mi sei mancato, hai fatto il bravo a casa di Deni?”
“Sì, papà, come sempre”
“Bene, ora vai in camera che devo parlare con Miguel” scompigliò i capelli biondi.
“Uffa” sbuffò “ma che avete sempre da confabulare voi due? Perché non posso restare?”
“Perché si tratta di lavoro” inventò.
Pestò i piedi e fuggì via.
“Vai da lui, io devo proprio andare. Ci vediamo lunedì, va bene?” disse Miguel sul punto di uscire dalla porta.
“No, non va per niente bene” replicò “che intendi?”
“Che ci vediamo a lavoro, lunedì”
“C’è qualcosa che non va, Miguel?” domandò vedendolo turbato.
Non rispose e Jan insistette “Sai che puoi parlare di tutto, cosa ti preoccupa?”
“Jan, io ti amo e voglio stare con te” gli confessò Miguel tristemente.
“Anche io” la sua voce fu quasi un sussurro.
“Come potremo stare insieme? Non mi va di attendere che Benny …” non riuscì a terminare la frase, Jan lo costrinse a tacere con un bacio.
Miguel si lasciò sfuggire un gemito “Non mi rendi facile andare via” mormorò staccandosi.
“L’idea era quella” ridacchiò il biondo “senti, stavo pensando…”
“Cosa?”
“Che magari, non so, potresti…” balbettò Jan “restare qualche giorno qui, sai, per provare a vedere come sarebbe…”
“Jan, prendi fiato. Di che stai parlando?” il suo cuore batteva con violenza. Voleva proporgli quello che pensava?
“Vorrei venissi a stare qui da noi” disse tutto d’un fiato.
Miguel sgranò gli occhi, non riusciva a credere che gli stesse proponendo di andare a vivere con lui. Era qualcosa che aveva sperato solo nei suoi sogni.
“Io credevo non volessi che Benny…”
“Benny ti adora” replicò “quasi quanto me”
“Cosa dirà quando ci vedrà insieme, non voglio traumatizzarlo. Jan, è una pessima idea” protestò, ma era grande la voglia di accettare la sua proposta.
“Diremo che hai un problema alle tubature e, giacché casa nostra ha solo due camere da letto, sarai costretto a dormire con me. Sei un ospite, non posso costringerti a dormire sul divano” sorrise malizioso.
“Jan, ti ho mai detto che sei diabolico?” Miguel era davvero stupito dall’ingegno del compagno.
“No, questo mi manca” ridacchiò “Allora, che ne pensi?”
“Accetto, non potrei mai rifiutare questa proposta così allettante. Quando posso venire?”
“Quando vuoi, anzi, prima ti trasferisci meglio sarà” Jan era elettrizzato all’idea di averlo per casa.
“Siamo impazienti, eh, commissario Maybach?”
“Sì perché non vedo l’ora di addormentarmi con te e svegliarmi al tuo fianco la mattina” confessò con le iridi cerulee che brillavano.
Miguel sentì le gambe venirgli meno, Jan lo amava e desiderava vivere con lui. Fece un profondo respiro “Il tempo di prendere la mia roba”
“Bene, ora fila a casa a fare le valigie” lo spinse sul pianerottolo.
“Ciao Benny” urlò per farsi sentire dal ragazzino nell’altra stanza.
“Ciao Jan” gli posò un baciò sulle labbra e uscì.
La porta si chiuse e Miguel esultò per la felicità.












martedì 3 novembre 2009

Gelosia capitolo IV seconda parte



Squadra speciale Lispia
Pairing: Jan e Miguel
Rating: NC17
I personaggi non mi appartengono

Miguel e Ina entrarono nella stanza degli interrogatori, l’uomo era seduto con le manette ai polsi e l’aria strafottente. Indossava una camicia a scacchi rossi e dei jeans, i capelli erano molto corti e sul viso spiccava una vistosa cicatrice. Quando vide entrare il poliziotto che lo aveva arrestato lo fissò con un ghigno sulle labbra. Miguel si sentì ribollire dalla rabbia, ma non poteva esplodere, avrebbe fatto il suo gioco e lui non poteva permettere che venisse rilasciato.
Miguel si avvicinò e sporgendosi in avanti sibilò “Lei è Gunter Buch, residente a Lipsia?”
“Vedo che ha fatto i compiti, commissario”
“Faccia poco lo spiritoso”sbatté le mani sul tavolo “se non vuole finire dentro per oltraggio a pubblico ufficiale oltre che per aggressione e tentato omicidio”
“Perché ha aggredito tutti quei ragazzi?”gli domandò Ina avvicinandosi minacciosa.
“Non ho aggredito nessuno, tranne quello di stasera”
“Davvero? Chissà perché non le crediamo”replicò Miguel e Ina annuì.
“Problemi vostri, io non ho aggredito nessuno, solo il suo amichetto”
Miguel strinse i pugni, quel tipo stava davvero cercando di fargli perdere la pazienza
“Ti fanno schifo i gay, vero?”il suo tono si trasformò in confidenziale, provava solo disprezzo per persone come lui “Tutto quello strusciarsi, accarezzarsi, ti ha fatto talmente ribrezzo che hai deciso di fare un po’ di pulizia?”
L’uomo restò in silenzio e questo spinse il poliziotto a continuare “Che è accaduto? Ti hanno lanciato qualche bacetto?”
Non rispose e Miguel continuò “Io penso che tu vada spesso in quei locali, li osservi, magari li provochi anche e poi quando ti seguono nel vicolo li massacri di botte”
Gunter lo fissò truce e il commissario capì d’avere colpito nel segno “È così, vero? Li provochi, magari, balli anche un lento con uno di loro e poi…”
“Lei non sa un accidente”scattò in piedi.
“Perché ti scaldi tanto? Sai che la maggior parte degli omofobi è gay?”lo provocò Miguel.
“Non so neanche che vuol dire quella parola che ha detto”
“Sono la feccia come voi capaci di provare disprezzo per qualcuno che ama in un modo non convenzionale o tradizionale”sibilò “ma l’amore è qualcosa che trascende il sesso, la razza o l’età”
“Perché se la prende tanto a cuore, commissario? È anche lei uno di quelli? Mi dica, il biondino è il suo fidanzatino, vero?”
“E anche se lo fosse?”replicò senza rendersene conto.
“Lo sa che il suo adorato biondino va a fare delle proposte ad altri fuori dei bar?”lo provocò.
“Come osi, pezzo di…”lo afferrò per la maglietta e lo attirò ad un centimetro dal suo viso “eravamo sotto copertura, cercavamo di beccare i topi di fogna che hanno mandato all’ospedale dei ragazzi”era arrivato al limite, stava per perdere il controllo.
“Mi lasci, come osa! La denuncio”cercò di liberarsi, ma aveva i polsi ammanettati.
“Non fino a quando non avrai confessato”
“Miguel? Posso parlarti?”Ina intervenne appoggiandogli una mano sulla spalla.
Il moro lo spinse di nuovo sulla sedia e la seguì in un angolo della stanza, Ina lo aggredì “Sei impazzito? Non puoi condurre un interrogatorio in questo modo, vuoi essere denunciato?”
“Non mi interessa, Ina, può fare tutte le denunce che vuole, quel bastardo ha mandato Jan all’ospedale e probabilmente due ragazzi all’obitorio, non può passarla liscia”cercò di farle capire.
“Ti sta provocando con le sue battutine, non devi assecondarlo”
“Non lo sto assecondando”replicò guardandola.
Ina sgranò gli occhi, cosa voleva dire? Lui e Jan erano…? Socchiuse le labbra, ma non domandò, non era quello il momento di trattare un argomento così delicato.
“Ina, dobbiamo costringerlo a confessare, capisci?”insistette.
“Lo so, ma se continui così potrebbero invalidare l’interrogatorio, ti prego, controllati”lo supplicò quasi.
“Dannazione”scosse la testa “e va bene, mi calmo” si voltò per ritornare dal sospettato.
“Allora, signor Buch”gli fu accanto “Voglio che mi racconti cosa ha fatto prima dell’aggressione”
Questi lo fissò furioso “Non intendo rispondere alle sue domande, non dopo il modo in cui mi ha trattato”
“Non ha scelta”intervenne Ina “possiamo tenerla qui tutta la notte e poi, sono convinta che il mio collega, di là, avrà già fatto parlare il suo amico. Vede, lui è molto persuasivo”appoggiò le mani sul tavolo e si sporse in avanti.
“Non le credo”
“Se vuole la lascio qui con il commissario Alvarez e andare a controllare come sta andando il suo interrogatorio”
Negli occhi dell’uomo lesse paura e sorrise “Miguel, continua tu” e si mosse per andarsene.
“No!”urlò “Non mi lasci con questo pazzo”
“Mi ha dato del pazzo, Ina, è oltraggio a pubblico ufficiale, questo, non credi?”
“Sì, la sua situazione si sta aggravando, signor Buch”Ina si sporse verso di lui.
“Ricominciamo d’accapo”Miguel aveva fretta di inchiodarlo per poi correre al capezzale di Jan, non sopportava di saperlo tutto solo in quel letto d’ospedale “Cosa ha fatto questa sera?”
“Sono stato in diversi pub con Hans, come ogni sabato, poi ci siamo trovati fuori quel locale ambiguo e lì abbiamo notato quel biondino, ci ha fatto delle proposte lascive e allora Hans si è incazzato e lo ha picchiato”
“Non credo ad una sola parola”dichiarò il commissario “si decide a dire la verità? Dobbiamo restare qui tutta la notte?”
“Il commissario Alvarez le renderà la vita un inferno”dichiarò Ina.
Miguel si voltò e la fissò stupito, poi ritornò a guardarlo “Non sa quanto ha ragione, posso essere un vero stronzo se voglio”
“E va bene, lo abbiamo preso alle spalle, lui stava per entrare, ma noi lo abbiamo afferrato e picchiato”
“Perché?”
“Non è ovvio? Era un dannato frocio”rispose.
“Era un commissario di polizia sotto copertura, pezzo di merda”gli occhi neri di Miguel erano come braci incandescenti.
Gunter distolse lo sguardo e Miguel gli prese il mento con la mano e lo costrinse a guardarlo “Stavi per ucciderlo, lo sai, questo?”
“No, è stato Hans, io lo bloccavo solo, non gli ho fatto niente”negò.
“Sei suo complice”lo spagnolo gli puntò un dito contro “Andrai in galera per parecchi anni”
“E gli altri? Quei ragazzi che avete pestato a morte? Cosa avevano fatto per meritare quel trattamento?”domandò Ina con voce autoritaria.
“Rispondi!”lo incitò l’altro commissario.
“Loro…”non sapeva cosa rispondere.
“Siete stati voi due ad aggredirli?”
“Sì, siamo stati noi, erano in quel vicolo a fare le loro porcherie”confessò finalmente.
“Le loro porcherie?”ripeté Miguel con un sibilo “Si rende conto di quello che sta dicendo? Come fa a dormire sapendo di avere messo fine a delle vite? Ina, ti prego, toglimelo dalla vista altrimenti non so come potrei reagire”
“Lei è in arresto, signor Buch”dichiarò la donna con voce autoritaria.
Miguel prese la giacca dalla sedia e si avviò verso la porta, ma la voce di Ina lo bloccò “Dove vai?”
Si voltò e la fissò tristemente “Da Jan”e uscì.
Ina restò impietrita, nei suoi occhi aveva letto dolore, era vero: lo amava. Trascorreva giornate intere a stretto contatto con Miguel e Jan e non aveva capito il legame profondo che li univa.
Miguel guidò come un pazzo, desiderava raggiungere il suo Jan, il pensiero di saperlo solo in quel letto lo straziava. Raggiunse l’ospedale in pochi minuti, parcheggiò, aveva anche cominciato a piovere, sospirò, tutto gli ricordava quell’unica notte insieme, anche il tempo. Si strinse nel cappotto ed entrò.
Quando fu davanti alla sua camera, l’osservò attraverso il vetro, sembrava così indifeso e vulnerabile steso in quel letto con i tubi che fuoriuscivano da tutte le parti. Fece un profondo respiro ed entrò nella stanza, odiava gli ospedali, avevano tutti lo stesso odore di disinfettante e di qualcos’altro che non riusciva a distinguere. Fece una smorfia, lo sguardo cadde sul suo compagno, gli si strinse il cuore, era stato sul punto di perderlo per sempre. Si portò una mano al petto, non poteva neanche immaginare un’eventualità del genere.
Prese una sedia e l’avvicinò al letto “Ciao, collega”
Sedette e gli prese la mano, era così fredda, la strinse tra le sue per riscaldarla “Cosa credevi di fare, eh? Lasciarmi? Sarei morto se ti fosse accaduto qualcosa, capito?”abbassò la testa, il senso di colpa lo stava dilaniando, se non fosse stato per i suoi capricci “Comunque, non preoccuparti, li abbiamo presi quei bastardi. Sai, stavo per ammazzarli per quello che ti hanno fatto”
Jan era immobile nel letto, gli occhi chiusi e il volto pallido, Miguel gli stringeva la mano, una lacrima gli scese dalla guancia pensando che il poco tempo che avevano trascorso insieme aveva rischiato di essere l’ultimo.
“Jan, devi guarire al più presto, ho bisogno di te e dei tuoi grandi occhi azzurri. E Benny? Non pensi a tuo figlio?”
“Cazzo!”imprecò rendendosi conto di non aveva chiamato Benny per informarlo dell’incidente. Lo avrebbe fatto l’indomani, erano le due di notte e telefonando a casa avrebbe creato più danni che altro.
Ritornò a fissare il compagno che giaceva inerme nel letto, gli baciò nuovamente la mano “Una volta guarito andremo a fare un pic-nic noi tre insieme, io, tu e Benny. Che ne pensi? Mi farò perdonare di quello che è accaduto. È solo colpa mia e della mia stupidità se ora sei in questo dannato letto”gli accarezzò le dita con le sue “Mi manchi, Jan, ti voglio in piedi”.
Gli parlò per un tempo quasi infinito fino a quando non si addormentò esausto, con la testa sul letto e la mano stretta nella sua.
Il mattino seguente, Ina si recò in ospedale, si sentiva in colpa per aver lasciato andare Miguel da solo anche se forse si sarebbe sentita di troppo. Giunse davanti la camera, dal vetro vide che Miguel era ancora lì, si era addormentato nel vegliarlo e le si strinse il cuore.
Entrò e sorrise, gli stringeva la mano, era davvero innamorato di Jan, non riusciva a capacitarsene, eppure, allo stesso tempo, sembrava così naturale.
Gli appoggiò una mano sulla spalla per svegliarlo, lo spagnolo aprì gli occhi e scattò seduto “Buongiorno”
“Miguel, sei rimasto tutta la notte con lui?”
“Sì”arrossì leggermente quando notò che le loro dita erano ancora intrecciate.
Si alzò e le fece cenno di seguirlo in un angolo, non voleva disturbare Jan.
“Lo hai capito, vero?”
Ina annuì, Miguel mormorò “Sei stupita?”
“Solo di non essermene accorta prima”rispose con un sorriso rassicurante.
Il moro fece per dire qualcosa, ma lei cambiò argomento perché sentiva che lo imbarazzava parlarne “Anche l’altro aggressore ha confessato, subito dopo aver saputo che il suo compare lo aveva tradito.”
“Finalmente una bella notizia”le labbra di Miguel si aprirono in un sorriso “resti tu con Jan? Voglio telefonare a Benny”
“Ancora non lo sa?”
“No, non volevo prima di sapere la vera entità del danno subito, è solo un ragazzino, devo dirglielo in modo che non si preoccupi troppo”teneva troppo a Benny per lasciare che il ragazzo soffrisse.
“Jan è suo padre, si preoccuperà ugualmente”
“Lo so”era in ansia per quella telefonata.
In quel momento Jan aprì gli occhi e mormorò “Miguel”
I due si voltarono e Miguel scattò per ritornare al suo capezzale.
Poté finalmente tirare un sospiro di sollievo, Jan era sveglio e tutto sarebbe andato per il meglio.
Gli sorrise “Ciao, devi smetterla di farci questi scherzi”gli occhi gli brillavano per la gioia.
“Dove sono?”domandò Jan guardandosi intorno.
“In ospedale, Jan”intervenne Ina appoggiando una mano sulla sua “sei stato ferito ieri sera”
“Ora ricordo, dove sono quei due? Miguel, dimmi che li hai arrestati”gli occhi azzurri erano sgranati.
“Sì, hanno confessato anche le altre aggressioni”
Jan abbozzò un sorriso “Non faranno più del male”
“Mi dispiace, Jan, è solo colpa mia”il suo sguardo da cucciolo colpevole intenerì Jan.
“Cosa? Non dire stupidaggini, mi hai salvato la vita”cercò di rassicurare il compagno “se non fosse stato per te ora sarei morto”
“Se non ti avessi costretto ad andare a comprarmi l’hot dog ora non saresti in questo letto, Jan”il senso di colpa lo stava uccidendo.
“Non fare così, Miguel, ti prego”gli appoggiò una mano sulla sua.
“Devi solo pensare a rimetterti, Jan”gli disse Ina.
“Dov’è Benny?”chiese “Glielo avete detto?”
“Non ancora, stavo per chiamarlo”annunciò Miguel.
“Lascia lo faccia io!”esclamò il biondo “Se sentirà la tua voce si preoccuperà”
“Devi riposare, Jan”protestò.
“Ti prego”
“Va bene, sai che non riesco a negarti nulla se mi guardi così”gli sorrise.
Prese il cellulare dalla tasca, compose il numero e glielo porse.

martedì 27 ottobre 2009

mercoledì 21 ottobre 2009

Gelosia capitolo IV (prima parte)



Squadra speciale Lipsia
Pairing: Jan & Miguel
Rating: NC17
I personaggi non sono di mia proprietà

Capitolo IV

Ore dopo sedevano in macchina, con una scorta di caffè sufficiente per permettergli di restare svegli tutta la notte, ma l’atmosfera era tesa. Jan si sentiva stranamente agitato e Miguel vedendolo serio temeva che si fosse pentito di quello che c’era stato tra loro.
Il biondo si agitò nervosamente sul sedile, poi appoggiò le mani sul volante e lo strinse “Che noia, qui non succede niente”
“Io avrei un modo più divertente per trascorrere il tempo, se penso che ora potevamo essere a casa tua!”si lamentò sbuffando.
“Miguel”si voltò a fissarlo “dobbiamo risolvere il caso, lo hai sentito, Hajo”
“Sì, ma questa serata era per noi”protestò mettendo il broncio, sembrava un ragazzino.
“Miguel, ti prego, non ricominciare”
A quelle parole il moro si bloccò e gli appoggiò una mano sul braccio “Jan, dimmi la verità, non ti sarai pentito?”
“Pentito?”
“Sì, di quello che…hai capito, no? Della notte trascorsa a fare l’amore”la sua voce era calda e profonda.
Jan si sentì invadere da un’ondata di calore nel ricordare quei momenti “Forse un po’”
“Come?”lo spagnolo sgranò gli occhi, mentre il cuore si fermava.
“Sì, mi hai distrutto, Miguel, sono tutto dolorante”ridacchiò.
“Jan, sei un vero cialtrone”gli sferrò un buffetto sul braccio “ma, ora, rispondimi, hai avuto un ripensamento?”il cuore gli batteva con forza, temeva di sapere la verità.
Il biondo gli prese il viso con le mani e gli sussurrò “Quando capirai che ti amo e che con te faccio sul serio? Non sono il tipo da una botta e via, Miguel”
Le labbra dell’altro si aprirono in un sorriso “Non riesci a resistere al mio fascino, vero?”
“Stupido”Jan avvicinò il viso a quello di Miguel.
Lo baciò dolcemente appoggiando le labbra sulle sue, Miguel portò un braccio intorno alla vita attirandolo a sé, poi lasciò scivolare la lingua all’interno per approfondire il bacio.
Jan si lasciò sfuggire un gemito, le mani gli accarezzarono il viso, poi scesero lungo il collo, scostando il colletto della camicia. Le dita gli sfiorarono la pelle incandescente. Se solo non fossero di turno!
Si staccarono un istante per respirare, Miguel lo fissò con occhi scuri colmi di passione “Jan, mio dio, se sapessi quanto ti voglio”
“Stiamo lavorando, Miguel”
L’altro gli cercò le labbra e lo baciò di nuovo, non si sarebbe mai stancato del suo dolce sapore, Jan si lasciò andare, quando era con Miguel perdeva ogni inibizione e il cervello smetteva di formulare pensieri concreti.
“Non sta accadendo niente, collega, non importa se ci teniamo occupati in qualche modo, no?”gli mordicchiò il labbro inferiore.
“Mi spieghi perché ti lascio fare tutto? Sei una specie di stregone?”si lamentò Jan,
“Non ho bisogno di magie, sono irresistibile di natura”la bocca carnosa si spostò sul lobo dell’orecchio, poi scese lungo il collo.
Jan ansimò, chiuse gli occhi e buttò la testa all’indietro “Miguel”
“Adoro il tuo sapore”la lingua tracciò una scia umida fino al collo della maglietta azzurra.
“Dovremmo fermarci”
“Non lo vuoi davvero”replicò il moro scostandogli il colletto, mentre l’altra mano si spostava dalla vita sulla sua schiena insinuandosi sotto la maglia.
“Miguel, non possiamo, siamo qui per lavorare”protestò leggermente.
“Io dico che c’è più azione in questa macchina che nel vicolo”
Jan sospirò e Miguel alzò la testa per guardarlo “Baciami ancora, poi torniamo al dovere, te lo prometto”
“Sei un cialtrone”e s’impossessò nuovamente delle sue labbra carnose.
Miguel si pressò contro il torace di Jan e approfondì il bacio, lo amava talmente che il cuore sembrava volergli esplodere nel petto.
“Jan”
“Miguel”gli portò la mano dietro la nuca, gli esplorò la bocca con la lingua, non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Il silenzio fu rotto dal brontolio dello stomaco dello spagnolo, Jan si staccò e scoppiò a ridere.
“Che hai da ridere? Ho fame, non mangio dalle due”protestò l’altro.
“Povero piccolo, ti sei messo a dieta?”lo prese in giro “Era ora che la smettessi di ingurgitare tutte quelle schifezze”
“Stupido, è che non ne ho avuto tempo”replicò Miguel mettendo il broncio “e poi non ho bisogno di nessuna dieta, il mio corpo è perfetto così”
“Sì, hai ragione”mormorò Jan lasciandogli scivolare la mano lungo il torace “è perfetto”
“Mi andresti a comprare un panino con il wurstel?”gli domandò guardandolo con i suoi occhioni da cucciolo.
“Miguel, stiamo lavorando, non siamo ad un pic-nic”protestò.
“Ti prego”uni le mani in preghiera, era irresistibile.
Sospirò e acconsentì “Sei una vera spina nel fianco, lo sai? Tanto vale accontentarti, è venuta fame anche a me”
Miguel sorrise vittorioso “Con tanta senape”
L’altro lo guardò torvo, poi aprì lo sportello.
“Ah, Jan?”
“Che vuoi ancora?”sbuffò.
“Una bibita e una porzione enorme di patatine, con ketchup”aggiunse cacciando la lingua tra i denti.
Jan inorridì “Sei davvero disgustoso”
“Se ti comporterai da bravo bambino, forse ti darò metà delle mie patatine”lo prese in giro Miguel.
“Non ci tengo, puoi pure tenertele quelle schifezze piene di grassi”
“Il solito salutista”ridacchiò l’altro.
“Sfotti pure, Miguel, ma guardami, scoppio di salute”
“Basta chiacchiere, il mio stomaco reclama cibo”gli fece un gesto con la mano di andare.
“Cialtrone”borbottò prima di chiudere lo sportello e allontanarsi.
Si avviò verso il locale che stavano sorvegliando, Miguel a volte si comportava da bambino, sembrava anche più immaturo di Benny. Gli si strinse il cuore, erano le persone più importanti per lui, la sua vita non sarebbe la stessa senza il suo Miguel e non potrebbe neanche concepire che suo figlio potesse allontanarsi da lui per andare a vivere con la madre.
Aveva quasi raggiunto l’ingresso quando sentì una voce alle sue spalle “Ehi, tu, biondino”
Jan si voltò e fu raggiunto da un colpo allo stomaco sferrato con un tubo di ferro, si piegò per il dolore, ma il colpo si ripeté, questa volta lo prese ad una spalla.
Cercò di reagire, ma due braccia lo bloccarono prendendolo da dietro “Bastardi”urlò.
Si trattava di due uomini, uno aveva la testa rasata, fisico snello, un tatuaggio tribale sul braccio e una serie interminabile di piercing. Doveva avere sui venticinque anni, ma lo sguardo truce lo faceva sembrare più vecchio. Tra le mani stringeva una spranga. L’altro non riuscì a vederlo perché si trovava alle sue spalle, ma sentì che era massiccio, con l’alito che sapeva di vino e le braccia villose e muscolose.
Jan si morse la lingua, dovevano essere loro gli aggressori, se solo avesse potuto prendere la pistola, ma era impossibilitato a muoversi.
“Allora, frocio? Dov’è il tuo amichetto o sei solo e cercavi compagnia nel bar?”
“Non sapete che sbaglio state facendo”
“Lo sbaglio lo hai fatto tu, dolcezza”il tipo che lo aveva colpito gli si avvicinò e gli prese il viso con una mano “a venire in questo posto”l’osservò e si leccò le labbra “devo ammetterlo, sei davvero bello, il tuo viso è delicato come quello di una ragazza, gli occhi blu e queste labbra morbide”gliele sfiorò.
Jan cercò di scostare il viso e questo non piacque al suo aggressore che punto sul vivo, lo colpì con un pugno spaccandogli lo zigomo.
“Lasciatemi”urlò divincolandosi, mentre il sangue cominciò a scorrergli lungo la guancia.
Un altro colpo di spranga nello stomaco lo fece piegare per il dolore e se non fosse stato sorretto sarebbe caduto al suolo.
“Non vuoi spassartela con noi, dolcezza?”gli sussurrò in un orecchio quello che lo manteneva.
“Dovrete uccidermi”replicò il biondo.
“Se proprio insisti, farai la fine di quelle altre checche”rise l’altro.
Alzò la spranga al cielo per dargli il colpo alla testa che lo avrebbe di certo ucciso, Jan ripensò a Benny, a quello che gli sarebbe accaduto se lui fosse morto, a Miguel, al loro amore durato solo la frazione di un istante. Una lacrima gli scivolò lungo la guancia al pensiero di non rivedere più il suo viso.
“Miguel”mormorò.
“Dai, fallo fuori, spaccagli il cranio”lo incitò alzando la voce.
Jan chiuse gli occhi e attese il colpo fatale.
“Jan”urlò una voce in lontananza “lasciatelo, bastardi!”
Miguel arrivò di corsa, la pistola in mano, con una spallata colpì l’uomo che lo stava per picchiare e andò a sbattere contro un muro. Lasciò cadere la spranga al suolo e svenne per il colpo subito.
L’altro, vedendo cosa era accaduto al suo complice, sibilò “Chi cazzo sei? Il suo amichetto?”poi si accorse della pistola e impallidì.
Si fece scudo con il corpo del commissario, voleva barattare la sua fuga con la vita di Jan “Non una mossa o gliele spezzo”minacciò.
Era un uomo massiccio sulla trentina, con i capelli corti e una cicatrice sulla fronte.
“Polizia! Siete in arresto per aggressione ad un pubblico ufficiale”e indicò il biondino ormai quasi privo di sensi.
“Sbirri”mormorò sgranando leggermente gli occhi.
“Lascialo andare”gli ordinò Miguel puntandogli contro la pistola.
Questi obbedì e lo lasciò libero, Jan cadde al suolo svenuto.
Miguel lo ammanetto costringendolo in ginocchio “Non muoverti o ti sparo”
Ritornò da Jan e gli si inginocchiò accanto, gli accarezzò il viso insanguinato, il cuore era come impazzito per l’ansia. Non reagiva “Jan, mio dio, rispondi”
“Lo avete quasi ucciso”sibilò furente, gli occhi colmi di lacrime “vi farò sbattere in galera per tutta la vostra fottuta vita per questo”
“Era solo un fottuto finocchio”
Miguel si alzò furioso e lo colpì con il calcio della pistola sulla tempia“Taci farabutto”
“Ti denuncio per aggressione”reagì lui cadendo in ginocchio.
“Davvero? È la tua parola contro la mia”sorrise maligno “chi ti crederà dopo aver visto cosa hai fatto ad un commissario di polizia?”
L’uomo imprecò e restò in ginocchio dolorante. Miguel avvicinò il viso a quello di Jan e gli sussurrò “Jan, ti prego, non puoi lasciarmi e poi, non pensi a Benny? Resterà solo se tu muori e non puoi permetterlo. Ti prego, riprenditi.” sfiorò il suo viso, un ematoma gli era apparso sullo zigomo e del sangue sgorgava da un taglio.
“Jan, amore, ti prego, apri gli occhi”copiose lacrime gli scesero dalle guance.
“Miguel”mormorò lui “mi dispiace per il tuo hot dog”
“Non importa, piccolo”sorrise, nonostante tutto conservava il suo senso solito dell’umorismo “li abbiamo presi, abbiamo risolto il caso”
“Ora, potremo finalmente trascorrere la notte a casa mia”replicò il biondo aprendo gli occhi”non vedo l’ora”
Miguel gli strinse una mano, la baciò dolcemente “Sì, faremo tutto quello che vuoi, ma devi prima rimetterti, capito?”
“Io sto bene, poi ci sei tu qui con me. Miguel io ti…”non riuscì a terminare la frase perché chiuse gli occhi e perse i sensi.
“Jan? No, Jan”appoggiò l’orecchio sul suo petto, il battito era terribilmente debole “Cazzo, ma quando arrivano questi rinforzi?”prese il cellulare e compose il numero dell’emergenza, doveva far giungere un’ambulanza, al più presto o Jan non si sarebbe salvato.
Ore dopo Miguel era in ospedale, non gli avevano fatto sapere ancora niente, lo avevano portato in sala operatoria perché i colpi che avevano ricevuto erano stati tali da provocare un’emorragia interna. Camminava su e giù per il corridoio, era salito sull’ambulanza con lui dopo che la volante aveva portato via i due aggressori. Gli aveva tenuto la mano durante il tragitto e ora si sentiva così impotente non potendo fare nulla. La luce rossa della sala operatoria era ancora accesa, si sentiva un leone in gabbia, se solo gli avessero dato notizie, non si sarebbe sentito così male. Aveva telefonato a Ina per raccontarle e lei aveva avvertito Hajo, ma i due non si erano ancora visti, mentre Benny non sapeva ancora nulla, non aveva voluto chiamarlo per non spaventarlo, in fondo, nonostante i suoi quattordici anni, era ancora un bambino.
Finalmente la luce si spense e un dottore in camice uscì sfilandosi la mascherina, Miguel gli andò incontro “Allora, dottore?”
“Aveva un’emorragia interna e una spalla slogata, ma siamo riusciti a fermarla, si rimetterà”
“Posso vederlo?”gli domandò speranzoso.
“No, è ancora sotto anestesia, lo stanno portando in sala di rianimazione”
“La prego, dottore, voglio vederlo”lo supplicò con gli occhi scuri pieni di lacrime.
“E va bene, ma solo attraverso il vetro, mi segua”
Miguel lo seguì lungo il corridoio fino ad una stanza con vetro, lo vide, era steso in un letto, aveva quasi tutto il corpo fasciato e gli uscivano vari tubicini.
Si sentì morire, non riuscì a guardarlo, era davvero il suo Jan quello in quel letto con tubi che gli uscivano dal braccio e dal naso? No, non poté guardare oltre, distolse lo sguardo.
“Per quanto tempo resterà in questo stato?”
“Qualche ora, ma poi dovrà restare in ospedale per un paio di settimane, il trauma è stato molto forte e l’emorragia ha rischiato di ucciderlo”gli riferì l’uomo.
Queste parole lo colpirono come un pugno, non poteva pensare di essere stato sul punto di perderlo e tutto per colpa sua. Se solo non fosse stato così immaturo, capriccioso, Jan non si sarebbe mai avventurato da solo e non sarebbe incappato in quei due bastardi che lo hanno picchiato fino a ridurlo in fin di vita.
Appoggiò le mani al vetro, il cuore gli batteva con violenza nel petto, se solo non lo avesse costretto ad andargli a prendere da mangiare, era un vero idiota, Jan aveva rischiato la vita solo per colpa sua.
Una mano gli si appoggiò sulla spalla, voltò la testa, si trattava di Hajo e di Ina erano accorsi in ospedale.
“Come sta?”gli domandò il suo superiore con un’espressione greve in volto.
“Abbiamo rischiato di perderlo. La spranga gli ha provocato un’emorragia interna”
“Ora come sta?”intervenne Ina preoccupata.
“Hanno detto che è fuori pericolo, ma io ho paura che sia stato troppo ottimista”si volse nuovamente verso il vetro “è così malridotto e se insorgesse qualche complicazione? Sono uno stupido, è stata colpa mia”si prese la testa tra le mani.
“Non potevi prevedere che sarebbe stato aggredito”
“L’ho mandato da solo a comprarmi un hot dog, capite?”alzò la voce, il senso di colpa lo stava uccidendo “Jan ha rischiato di morire per un hot dog, un misero panino”
“Non fare così, Miguel”Ina si fece avanti e lo strinse in un abbraccio “Jan starà bene, gli aggressori sono stati presi e non faranno più del male”
“Sono in centrale? Voglio interrogarli!”scattò.
“Non mi sembra il caso, sei troppo coinvolto emotivamente, non saresti oggettivo”protestò Hajo.
“Voglio guardarli negli occhi, quei figli di puttana”lampi gli uscirono dagli occhi neri “quando mi diranno perché lo hanno fatto. Hanno preso Jan fuori dal locale, lo hanno colpito senza sapere se fosse gay o meno, devo sapere”insistette il moro.
“Lo avranno visto entrare e avranno dedotto che…”
“Ti prego, lasciameli interrogare”lo supplicò.
“E sia, ma ci saremo anche noi, non voglio rischiare che tu dia di matto e li aggredisca”
“Non lo farò”promise, ma non era molto sicuro della sua reazione una volta al cospetto di quei due.
“Andiamo!”
“Non vuoi aspettare che Jan si risvegli?”gli domandò Ina appoggiandogli una mano sul braccio.
“Ci vorranno ore, non riesco a restare qui, impotente e poi non posso vederlo così, mi sento male”spiegò.
“Come preferisci”
Lasciarono l’ospedale, diretti verso la Centrale, Miguel era ansioso di iniziare l’interrogatorio. I due sospetti erano stati chiusi in due stanze diverse. Hajo era andato ad interrogarne uno, mentre Ina e Miguel si sarebbero occupati dell’altro.