venerdì 23 gennaio 2009

Il poeta della porta accanto 5 capitolo (seconda parte)

Il sole era ormai tramontato da tempo, uno spicchio di luna splendeva nel cielo stellato, il vento aveva spazzato via le ultime nuvole che da quella mattina facevano temere pioggia. William e Alex camminavano, uno accanto all’altro, senza una meta precisa, le loro braccia si sfiorarono accidentalmente e William provò un’ondata di calore in tutto il corpo, imprecò mentalmente, anche solo un suo tocco gli provocava delle sensazioni intense. Senza accorgersene si ritrovarono davanti al liceo e sedettero su una panchina che si trovava di fronte all’edificio. Tra loro era calato un silenzio imbarazzante, fino a quando Alex non lo spezzò voltandosi verso di lui e domandandogli, con un sorriso divertito sulle labbra “Dimmi, Will, come è stata la tua infanzia?”
William corrugò la fronte e ridacchiò “Ero un bambino noioso, studioso e occhialuto, non c’è molto da dire”
“Dai, racconta, non essere timido”lo prese in giro.
“E va bene”mormorò facendo il broncio.
Appoggiò la schiena alla spalliera “Sono cresciuto nel Sussex, mio padre aveva una tenuta, allevava cavalli, ma io non sopportavo quel posto e soprattutto non sopportavo lui, mi costringeva a spaccarmi la schiena fin dal mattino all’alba, mentre io non desideravo altro che trascorrere il tempo a leggere e studiare. Ho vinto una borsa di studio e sono pressoché scappato a Oxford, dove mi sono laureato in lettere”
Alex scoppiò a ridere “Addirittura, scappato? Che esagerato sei”
“Tu scherzi, ma era un vero incubo vivere con quell’uomo”
“Scusa, non volevo prenderti in giro”cercò di ritornare serio “com’è studiare ad Oxford?”
Il biondo fece una smorfia “Un covo di bigotti, ma in fondo, mi ha forgiato il carattere e lì ho conosciuto…”si bloccò mordendosi la lingua, era da tanto che non pensava a lui.
“Chi? Tua moglie?”
“No, il mio migliore amico”rispose tristemente, non lo vedeva da quasi un anno, da quando lo aveva sorpreso con Ian.
Un alito di vento gli scompigliò i capelli e una ciocca bionda gli cadde davanti agli occhi e lui la scansò con un dito “Eravamo inseparabili”sospirò, gli occhi gli brillavano “poi ho conosciuto sua sorella, Elisabeth, ci siamo innamorati e il resto lo sai”
“L’ami ancora?”gli domandò titubante, non sapeva se fosse ancora un argomento doloroso per lui.
“No, Alex, il nostro matrimonio è finito tempo fa”puntò le iridi blu in quelle nocciola del giovane che gli era di fronte “ho saputo che si è rifatta una vita, con un altro, quindi…”
“Mi dispiace, Will”gli appoggiò una mano sulla spalla “immagino sia dura per te”
“No, non lo è, te lo garantisco”abbozzò un sorriso “vedi, non sono stato del tutto sincero sul motivo per cui il nostro matrimonio è naufragato così miseramente” confessò.
“Non è tornata in Inghilterra perché non si trovava bene negli Stati Uniti?”
“No”si morse un labbro “mi ha lasciato perché le sono stato infedele”
Alex restò senza parole, era una rivelazione così inaspettata “Infedele?”
“Sì, ormai sono due anni che siamo separati”
“Perché non mi hai detto la verità?”era deluso, ma in fondo, comprendeva la sua decisione “Scusa, sono un idiota, perché mai, avresti dovuto raccontare i dettagli più scabrosi della tua vita matrimoniale ad un estraneo?”
“Non è questo, non volevo mi giudicassi il solito maschio fedifrago”
“Chi sono io per giudicare, Will? Non lo avrei mai fatto, io sono tuo amico”gli assicurò “Puoi dirmi qualunque cosa”
“Davvero?”prese la sua decisione, non voleva più mentirgli “C’è qualcos’altro che dovrei confessarti, Alex”assunse un’aria seria che lo preoccupò.
“Sei bigamo? Hai un harem di 100 amanti?”ironizzò.
“No, ma sarebbe bello avere un harem a disposizione”sorrise, Alex riusciva sempre a infondergli buon umore.
“Hai ragione, dai, spara”
“Vedi, a quei tempi ero un giovane abbastanza ingenuo, insegnavo in una piccola scuola alla periferia di Londra, ma il mio sogno era un altro, pubblicare le mie poesie, diventare un poeta conosciuto e apprezzato. Un giorno, conobbi un editore, Ian Devenport al quale feci leggere le mie poesie e lui mi promise di pubblicarle presso la sua casa editrice e così fece. Uscì il mio primo libro, ero al settimo cielo, ero grato a Ian per quello che aveva fatto per me, ma c’era qualcosa di più. Al principio non mi resi conto di quello che stesse accadendo in me, mi sentivo affascinato, era un uomo estremamente attraente, occhi neri, capelli scuri, pelle candida, molto inglese”si lasciò scappare una risatina “estremamente elegante e sofisticato, in seguito, scoprii che aveva origini nobili”
“Fu allora che ti accorgesti di preferire gli uomini?”gli domandò interrompendo il suo racconto.
Annuì “Prima di allora, non mi era mai accaduto di sentirmi così attratto da qualcuno del mio stesso sesso, neanche da Steven al quale ero molto legato, per me era come un fratello, niente di diverso, ma Ian”sospirò “era un dono divino. Un giorno, mi invitò a casa sua e mi sedusse, io avevo ventitre anni, ero inesperto, non pensavo si potesse…”si bloccò “scusami, non ti interessano questi particolari”
“Non importa, dopo cosa accadde?”arrossì leggermente, il buio della notte celava il suo volto.
“Elisabeth capì, si rese conto che qualcosa in me stava cambiando, mi affrontò e mi chiese se avevo un’amante e io confessai, ma non le rivelai chi fosse, temevo la sua reazione, ma soprattutto, la mia più grande paura era di perdere Steven. Era il mio migliore amico, la sua amicizia era tutto per me”.
“Siete ancora in contatto o dopo il divorzio vi siete persi di vista?”
La sua domanda riaprì vecchie ferite che ormai credeva fossero guarite da tempo, strinse le labbra “Con Steven? No”sentì le lacrime premergli per uscire, si detestò, non voleva farsi vedere così vulnerabile da lui.
Alex si rese conto del suo cambiamento d’umore e si pentì di essere stato così indiscreto “Scusami, non volevo riportarti alla mente brutti ricordi, sono un vero insensibile”si avvicinò maggiormente e gli circondò le spalle con un braccio.
“Non lo vedo da un anno e sai, Alex, mi manca molto, nonostante tutto”
Alex socchiuse le labbra, cosa poteva essere accaduto tra i due? Lo aveva forse biasimato per aver tradito la sorella? Aveva troncato la loro amicizia a causa sua? Mille interrogativi si formarono nella sua mente, ma non voleva intromettersi, si trattava della vita privata di William.
“Mi dispiace, Will, ma sappi che ti sono vicino, se vuoi sfogarti io sono qui per te”
Il biondo alzò la testa e lo fissò con i suoi grandi occhi blu “Sei un vero amico, Alex, ti ringrazio e scusami se ti ho annoiato con le mie chiacchiere”
“Annoiato? Non lo dire neanche per scherzo, desidero sapere tutto di te”lo strinse a sé “ma se non te la senti, io capirò”
“Elisabeth ci scoprì, una sera, entrò nel mio studio e mi vide inginocchiato davanti a Ian”continuò con il suo racconto “Impazzì, mi sbatté fuori di casa, non volle più parlarmi e dopo un mese mi fece avere, tramite il suo avvocato, le carte per il divorzio, ma ora siamo in buoni rapporti, ha capito e perdonato. Dopo neanche una settimana andai a vivere con Ian, era favoloso, non sono mai stato così felice, come con lui, ma tutto è destinato a finire”concluse con tono duro e i pugni chiusi “anche i rapporti che credi durino per sempre”
“Will, non continuare se ti fa male”Alex provò una fitta nel petto, desiderava porre fine a quella tortura, sentiva che stava soffrendo e desiderava risparmiarglielo.
“Hai ragione, ormai è una storia ormai finita, non vale la pena riportarla alla luce”sgusciò via dal suo abbraccio e si alzò guardando l’orologio “Cazzo, è tardi, domani devo svegliarmi alle sette”
“Torniamo, allora”si mise in piedi e insieme si avviarono verso il loro quartiere.
Una volta davanti alla casa di William Alex notò un’auto grigia metallizzata, ferma dall’altra parte della strada, corrugò la fronte, era certo di non averla mai vista nei paraggi. Non riusciva a vedere se nell’abitacolo ci fosse qualcuno perché era lontana dal lampione. Non si accorse neanche che William gli stava parlando fino a quando non gli appoggiò una mano sul braccio facendolo scattare “Alex? Che c’è?”alzò un sopracciglio.
“Scusami, ero distratto”concentrò la sua attenzione nuovamente su di lui.
“Volevo chiederti di entrare per qualche minuto, ma noto che hai fretta di tornare”William lo sentì distante.
“No, come? Sì, entro volentieri”
“Bene”sorrise “ho una bottiglia di Jack che aspetta solo noi due”avvicinò il viso al suo, l’attrazione che provava non faceva altro che aumentare.
Infilò le chiavi nella serratura e aprì la porta.
“Accomodati, fa come se fosse casa tua”gli indicò il salone poi si avvicinò al mobile bar, ne estrasse due bicchieri e una bottiglia.
“A noi”propose un brindisi quando entrambi ebbero il loro bicchiere pieno.
“Alla nostra amicizia”lo corresse il moro.
I bicchieri tintinnarono e Alex bevve il contenuto in un solo sorso provocando l’ilarità di William “Ne avevi bisogno, vero, dopo quello che ti ho raccontato?”
“No, è che…”era imbarazzato.
“Ti sto prendendo in giro, sei davvero un credulone”scoppiò a ridere seguito da lui.
“Sei un vero cialtrone, Will, quello che mi hai detto era la realtà o anche quelle erano cose inventate?”gli domandò, incrociando le braccia al petto.
“Tutto vero, giuro sul mio onore”si portò una mano al cuore, poi versò un altro bicchiere.
Alex gli sedette accanto “Mi dispiace che la tua relazione sia finita, ma devo confessarti che ne sono contento”
“Davvero?”si voltò verso di lui, era così vicino, una vera tentazione.
“Sì, perché altrimenti non ci saremmo mai conosciuti”si perse in quelle pozze blu.
“Se non fosse stato per la rottura con Ian non sarei mai partito dall’Inghilterra , avevo bisogno di cambiare aria, di troncare con tutto quello che mi ricordava lui”erano terribilmente vicini, se si fosse sporto le loro labbra si sarebbero incontrate. Quanto avrebbe voluto assaporare nuovamente le labbra carnose di Alex, erano così invitanti.
“Sono contento che tu l’abbia fatto, Will”socchiuse le labbra, ma quando stava per appoggiare le labbra su quelle del poeta, squillò il telefono rompendo quella magia.
Scattarono entrambi in piedi e Alex si voltò ansimando, era stato sul punto di baciarlo, ma che gli era preso? Era forse impazzito? Non aveva forse detto che quello che era accaduto era dovuto ad un momento di debolezza, che era etero e che gli uomini non lo attraevano? Allora, perché desiderava Will? Doveva andarsene prima che potesse cedere ai suoi desideri e trascorrere la notte con lui.
William era nell’ingresso, la sua voce era appena percettibile, sembrava non volesse metterlo al corrente della sua conversazione. Alex afferrò la giacca che era appoggiata sulla spalliera di una sedia e lo raggiunse “Io vado, notte, Will”e prima che lui potesse rispondere, era già fuori.
Il biondo si limitò a fissare la porta chiusa, con stupore, cosa era appena accaduto? Era scappato, scosse la testa e ritornò alla sua telefonata “Beth? Si, ci sono ancora, cosa mi dicevi? Cosa? È venuto negli Stati Uniti e vuole parlarmi? No, non posso, non ora. Dannazione, mi ha tradito, Beth, con l’uomo che amavo. Va bene, ascolterò quello che vuole dirmi. Ora, devo lasciarti, sì, a presto”e riattaccò.
Si appoggiò alla parete, non riusciva a credere che Steven fosse negli Stati Uniti e desiderava parlargli, ma di cosa? Del motivo per cui era stato a letto con Ian? Strinse i pugni, lo avrebbe affrontato e gli avrebbe estorto la verità, aveva il diritto di sapere.

mercoledì 21 gennaio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 5 (prima parte)

Capitolo V

Il giorno seguente Alex fece ritorno a Kearny: l’incontro con gli ingegneri era andato nel migliore dei modi, aveva illustrato loro i suoi progetti che erano stati apprezzati.
Al suo rientro a casa fu accolto da una focosa Amber che lo aveva salutato con un bacio appassionato e che senza troppe cerimonie lo aveva trascinato nella camera da letto dove avevano fatto l’amore con estrema passione e trasporto. Alex si era addormentato, stravolto, dopo due ore di sesso sfrenato, mentre lei, in ritardo per il lavoro, si era preparata in tutta fretta e aveva lasciato la stanza. Alex dormì tutto il pomeriggio, quando si svegliò il sole era già tramontato e lo stomaco reclamò del cibo. Sfiorò con una mano il lato del letto nel quale dormiva la ragazza e lo trovò vuoto, sospirò tristemente, doveva essere andata via da molto tempo, il calore sotto le lenzuola era svanito. Si alzò, una doccia lo svegliò completamente, poi si diresse in cucina e si preparò un sandwich con tacchino, insalata e maionese, non aveva alcuna voglia di imbandire una vera cena. Sedette sul divano, accese la tv e mangiò il suo panino, ma si sentiva apatico e triste, si guardò intorno, quella casa era così vuota e priva di calore, era sempre solo, Amber lo trascurava, ma a lei non lo aveva mai fatto pesare, si trattava del suo lavoro e non aveva alcun diritto di giudicarla.
Gli mancava la sua presenza, quando vivevano a New York riuscivano a ritagliare dei momenti da trascorrere insieme, passeggiare per Central park, prendere un cappuccino da Starbuck ma da quando si erano trasferiti sembrava che lei non trovasse mai il tempo per trascorrere del tempo con lui.
Sospirò tristemente, spense la televisione e appoggiò la testa alla spalliera del divano, ma in quel momento il campanello suonò facendolo scattare, il cuore cominciò a battere con violenza nel petto, inconsciamente sperava si trattasse di William. Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva una voglia matta di vederlo, di parlargli, di restare solo con lui. Indugiò un attimo dietro la porta prima di aprire, poi spalancò la porta, lui era lì, sul vialetto, con le mani immerse nelle tasche dei jeans e i ciocche ribelli gli ricadevano davanti agli occhi. Alex restò a fissarlo, senza fiato, era davvero un uomo di straordinaria bellezza, con quegli occhi blu, le labbra imbronciate e l’aria imbarazzata di un ragazzino scoperto a compiere un’azione che non doveva.
“Ciao, sei tornato, allora”
“Sì, all’ora di pranzo”rispose abbozzando un sorriso.
“Ti disturbo? Cenavi, forse?”
“No, non disturbi affatto”e lo lasciò entrare chiudendo la porta ed introducendolo nel salotto.
“Mi dispiace essere piombato così all’improvviso”si giustificò.
“Hai fatto bene, mi sentivo solo”gli indicò il divano “Siedi”
“Grazie”prese posto in un angolo del divano, mentre Alex sedette sul bracciolo, dall’altra parte cosa che non passò inosservata a William “Amber è in ospedale?”gli domandò scrutando la sua reazione.
“Sì, era già andata via quando mi sono svegliato, un’ora fa”sospirò tristemente “Come stai, Will?”
“Bene, sono stato molto impegnato, il lavoro, il libro”rispose prontamente, non voleva sapesse che aveva trascorso parte della giornata a fissare come un automa il telefono cercando di trovare il coraggio di chiamarlo.
“Anche io, questa mattina ho fatto un sopralluogo al sito sul quale sorgerà il centro per incontrare gli ingegneri che lavoreranno con me al progetto, ma questa notte non avevo dormito per l’agitazione”gli spiegò.
“Ah, non lavorerai da solo, quindi, meglio, eri così stressato e sotto pressione”corrugò la fronte, perché si era seduto dall’altra parte del divano? Forse, non voleva stargli vicino? Temeva gli sarebbe saltato addosso? Davvero pensava avrebbe tentato una cosa del genere dopo quello che era accaduto? Aveva davvero così poca stima di lui?
“Sì, il progetto è stato ampliato, era necessario il lavoro di più persone”replicò.
“Che ti prende?”gli domandò a bruciapelo William, doveva sapere il motivo del suo comportamento.
“Come?” infilò la mano nei capelli, non capiva cosa intendeva.
“Lo sai, Alex, te ne stai lì, sul bracciolo, come se non volessi starmi vicino, per quale motivo?”
William si alzò e si mosse agitato, sembrava quasi un leone in gabbia “Credevo avessimo risolto”
“Mi dispiace, non era mia intenzione”si scusò, era stato un gesto istintivo, non programmato “ti garantisco, non è come pensi”
“Davvero?”sembrò sincero, William volle credergli “Lo spero”c’era dolore nella voce “perché lo sai che non ti costringerei mai a compiere qualcosa contro la tua volontà”
“Lo so, Will”si alzò a sua volta e gli si avvicinò “non lo penso, te lo giuro, non l’ho pensato neanche per un istante”non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua bocca carnosa.
“Ti credo”le labbra si aprirono in un sorriso, gli sfiorò una guancia, ma la ritrasse immediatamente e si voltò aumentando la distanza tra loro “e Amber, come ha preso questa notizia?”gli domandò cambiando argomento.
“All’inizio, non era entusiasta, sai, altri due mesi di lavoro, ma poi…”arrossì ripensando all’accoglienza che gli aveva riservato al suo ritorno a casa.
“Ha cambiato idea?”era scettico, non sembrava una ragazza che modificava facilmente il suo modo di pensare.
“È stata alquanto focosa al mio rientro”aggiunse.
“Immagino”strinse i pugni e contrasse le labbra, il cuore gli si ridusse in frantumi.
“Cazzo, scusa”si morse la lingua, non avrebbe dovuto dirlo, non aveva riflettuto su quanto potesse dargli fastidio.
William puntò i suoi stupendi occhi blu in quelli castani di Alex e replicò “Non devi scusarti, si tratta della tua vita, del tuo rapporto con Amber”
“Sì, ma ti da fastidio, non volevo”si giustificò, avrebbe dovuto pensarci prima di parlare della sua vita sessuale con lui. Gli si avvicinò “Scusa”
“Alex, non importa, se tu sei felice, lo sono anche io”gli appoggiò una mano sulla spalla.
Il bruno sentì il cuore esplodergli nel petto, se solo avesse saputo quanto si sbagliava, quanto era lontano dall’essere felice, ma non poteva dirglielo, non era giusto.
“Sei felice, vero?”
“Certo”mentì, distogliendo lo sguardo, sapeva che non avrebbe avuto la forza di mentirgli se solo lo avesse guardato negli occhi “Ti va di uscire? Non ne posso più di restare chiuso qui dentro”cambiò discorso e sgusciò via dal suo tocco.
“Come vuoi”rispose turbato, sembrava così distante, sfuggente, ma cosa gli era accaduto?
“Mi cambio, torno subito”e sgattaiolò al piano di sopra salendo le scale due a due.
William approfittò della sua assenza per guardarsi intono, per scoprire un po’ di più della sua vita e soprattutto, del suo rapporto con Amber. Non gli era sembrato sincero, sentiva che c’era qualcosa che non voleva rivelargli. Si avvicinò ad una mensola, c’erano un paio di fotografie, una raffigurava lui ed Amber, erano in un parco, su una panchina, stretti in un abbraccio. Ipotizzò si trattasse di una foto che avevano scattato quando si trovavano ancora a New York, sembravano così felici, William provò invidia e gelosia, ma non poteva fare nulla per cambiare le cose.
In un angolo c’era un’altra foto che raffigurava tre persone, una di queste era un Alex molto giovane, il giorno del diploma, mentre le altre erano due ragazze molto carine. Sorrise, era sempre stato bello il suo Alex. Era tanto preso che non lo sentì arrivare fino a quando non gli posò una mano sulla spalla “Loro sono le mie due migliori amiche Sarah e Jennifer, vivono a New York, è da un mese che non le vedo”
William scattò e si scusò “Non volevo ficcare il naso in giro”
“Non scusarti”sorrise “dai, andiamo”
“Dove mi porti?”gli domandò quasi come se si trattasse di un appuntamento.
“Ti va una passeggiata? Non ho ancora avuto modo di visitare le bellezze di Kearny”
“Bellezze?”alzò un sopracciglio, poi insieme scoppiarono a ridere, non vi era nulla di bello in quella cittadina.
“Dai, qualcosa da vedere troveremo”Alex lo trascinò fuori chiudendosi la porta alle spalle.
Mentre percorrevano il vialetto, William scorse la signora Pattinson che li osservava dalla finestra e le rivolse un saluto con la mano, che lei ricambiò continuando a fissarli con una strana espressione.

sabato 17 gennaio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 4

Capitolo IV

Il pomeriggio seguente, William era a casa a lavorare, ma ogni volta che tentava di concentrarsi ripensava alle parole di Alex, lo aveva respinto, gli aveva detto che si era trattato solo di un momento di debolezza e che quello che era accaduto tra loro non si sarebbe mai più dovuto ripetere. Come avrebbe potuto continuare a stargli vicino e fare finta di nulla? Non voleva perdere la sua amicizia, era tutto quello che avrebbe mai avuto da lui e non vi avrebbe rinunciato. Si alzò dalla sedia e sbirciò dalla finestra, l’auto di Amber non era nel vialetto, doveva essere a lavoro.
Scosse la testa, quella ragazza lavorava troppo, Alex si sarebbe stancato, alla fine, delle sue continue assenze e l’avrebbe lasciata.
Se fosse stato lui ad essere fidanzato con Alex non lo avrebbe di certo trascurato in quel modo, anzi, avrebbe cercato di trascorrere più tempo possibile in sua compagnia perché era un ragazzo dolce, sensuale e pieno di amore.
Sospirò tristemente, perché continuava a farsi del male? Glielo aveva detto chiaro e tondo che tra loro non ci sarebbe mai potuto essere un futuro e doveva guardare in faccia la realtà e farsi una vita, trovare qualcuno con il quale uscire. Si sentiva un vero idiota, fare una scenata come se avesse dei diritti su di lui, ma non era così, Alex era un uomo impegnato, aveva una fidanzata e aveva tutte le ragioni di respingerlo. Doveva essere colpa della birra che aveva bevuto, aveva esagerato, ma non sarebbe mai dovuto più accadere, ne andava anche della sua reputazione oltre che del suo orgoglio.
Decise di andare a chiedergli scusa, avrebbe attribuito il suo comportamento all’alcool e tutto sarebbe finito con una pacca sulla spalla e una fetta della favolosa torta di Alex. Afferrò la giacca e aprì la porta, attraversando il vialetto con passo deciso, arrivò davanti alla sua porta, bussò, ma non ricevette alcuna risposta. Sbirciò da una finestra, ma sembrava non esserci nessuno in casa, sbuffò seccato, sperava davvero di parlargli, ma avrebbe atteso, in fondo, non sarebbe scappato da nessuna parte. Fece per attraversare la strada quando notò un particolare che lo atterrì, il garage era chiuso con un catenaccio, come mai?
Era forse partito improvvisamente? Quel pensiero lo atterrì, era stata colpa sua? il suo atteggiamento lo aveva forse costretto ad andarsene? No, non poteva essere vero, non sarebbe mai partito senza dirgli nulla. Rifletté sulla possibilità che lui fosse andato via, ma realizzò che non avrebbero potuto lasciare la casa in quel modo, doveva esserci una spiegazione e aveva tutte le intenzioni di scoprire quale fosse.
Improvvisamente sentì una voce stridula che lo chiamava “Signor Bradford?”
William si voltò e con stupore vide la signora Pattinson affacciata alla finestra che cercava di attirare la sua attenzione sbracciandosi. Sospirò, cosa voleva adesso? Forse desiderava sapere qualcosa della sua vita privata o il motivo per cui stesse alla porta di Alex, ma no n le avrebbe dato soddisfazione, non sarebbe riuscita ad estorcergli nulla.
“Salve Mrs Pattinson, cosa posso fare per lei?” la raggiunse e le rivolse un sorriso di circostanza “Come sta?”
“Bene, grazie, figliolo, ho visto che cerca il signor James”sulle labbra un sorrisetto.
Sembrò imbarazzato, maledicendo quella vecchia impicciona “Ah, sì, volevo domandare un favore, ma non importa, attenderò che ritorni, ma perché me lo chiede?”
“Volevo informarla che la signorina Amber è tornata dal lavoro questa mattina presto, ma dopo pranzo è riuscita, mentre il signor Alex è uscito un’ora fa con un borsone e qualcosa sulle spalle, non so di cosa si trattava, ma non credo preveda di tornare molto presto”
“Come?”la notizia lo sconvolse, dove poteva essere andato? “E lei come lo sa?”
“L’ho dedotto dalle dimensioni del borsone”rispose vagamente, ma Will dedusse che aveva sentito Alex e Amber parlare e provò una rabbia crescergli dentro, non sopportava quel genere di persone.
“Vuole prendere un the con me?”gli propose poi la donna“Sono le cinque ed io sono solita bere un the, ma anche lei, immagino, è inglese vero?”
“Sì, sono inglese”rispose “ma non posso unirmi a lei, ho un lavoro da terminare”
“Peccato, mi sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere”sospirò la donna puntando su di lui i suoi occhietti sospettosi.
“Sarà per un’altra volta, allora, ho dei compiti da correggere e una lezione da preparare per domani”le sorrise, ma dentro di sé si sentiva morire, desiderava parlare con Alex, spiegargli.
“Certo, buona giornata, signor Bradford”
“Buona giornata, Mrs Pattinson”e si allontanò verso casa, continuando a sentire il suo sguardo bruciante.
Entrò e colpì la porta con un pugno, dove poteva essere andato? La sera precedente non aveva menzionato alcun viaggio, cosa poteva essere accaduto di così urgente da costringerlo ad andare via? Non poteva essere colpa di quello che era capitato al bar, doveva esserci un’altra spiegazione.
Avrebbe domandato all’unica persona in grado di dargli una risposta valida, Amber e lo avrebbe fatto il più presto possibile, doveva sapere.
Sentì una vibrazione nella tasca, cacciò il cellulare e rispose “Pronto?”
“Will?”
Fremette, quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille “Ian?”sussurrò appoggiandosi alla parete, il cuore gli batteva con violenza nel petto e le gambe non sembravano ad un tratto non voler reggere più il suo peso.
“Ciao, Will”
“Cosa vuoi?”gli domandò riprendendosi dalla sorpresa “Ti ho già detto di non chiamarmi più”
“Mi manchi, Will”disse semplicemente “voglio vederti”
“No”alzò la voce “quante volte devo dirtelo? Non abbiamo più niente da dirci e non voglio vederti”
“Non attaccare, ti prego, ascoltami”
“Lascia perdere, Ian, non c’è nulla che potresti dirmi che possa farmi cambiare idea”e chiuse la comunicazione “dannazione, proprio ora? Come potrei anche solo pensare di tornare con lui dopo il modo in cui mi ha trattato? Tradirmi con il mio migliore amico, scopare con lui nel nostro letto”
Scosse la testa, calde lacrime gli scesero dalle guance, si lasciò scivolare sul pavimento e pianse.


Alex giunse nella cittadina di Newark e si diresse verso l’edificio nel quale si trovava l’ufficio del sindaco, aveva ricevuto, quel mattino, una telefonata da parte della segretaria del sindaco che gli chiedeva di recarsi in città per aggiornare il sindaco sui progressi che stava compiendo con il progetto per il nuovo centro sportivo. Non aveva potuto fare a meno di partire, anche se avrebbe preferito non lasciare Amber, non si vedevano pressoché mai e cominciava a temere per la durata della loro relazione.
Il suo pensiero corse alla sera precedente, a come erano andate a finire le cose tra lui e William, si era alzato ed era andato via e ora sentiva di averlo perso, di non poter più fare nulla per cambiare la situazione tra loro. Sospirò tristemente, sentiva di provare qualcosa per il giovane inglese, ma credeva potesse trattarsi di una semplice infatuazione e che restando separati, per qualche tempo, si sarebbe dissolta.
Parcheggiò l’auto davanti all’edificio e scese portando con sé i progetti, lasciò il borsone nel portabagagli, si sarebbe recato in albergo in un secondo momento.
Indossava un completo color crema, voleva essere elegante per quell’incontro di lavoro, entrò e si avvicinò al desk d’informazioni dietro il quale sedeva un giovane sui venticinque anni, dai corti capelli rossi e una moltitudine di lentiggini sul viso intento a parlare in un microfono.
“In cosa posso esserle utile?”gli domandò smettendo di parlare e puntando su di lui i suoi grandi occhi verdi.
“Ho un appuntamento con il sindaco Forrest”rispose mostrando il rotolo che stringeva in mano.
“Lei è?”aprì un’agenda per vedere se il suo nome era nella lista degli appuntamenti del sindaco.
“Alexander James”
“Sì, eccolo, si può accomodare, seconda porta a destra”e gli rivolse un sorriso di circostanza.
“Grazie”e percorse il corridoio fino alla porta che gli era stata indicata dal giovane receptionist. Fece un profondo respiro e bussò “Avanti”
Alex aprì la porta ed entrò, il sindaco era dietro la scrivania, era un uomo sulla quarantina, capelli neri, occhi scuri, fisico asciutto e longilineo. Si alzò e gli andò incontro stringendogli la mano “Buon giorno, signor James, è un piacere rivederla”gli rivolse un sorriso sincero “La prego, si accomodi”
“La ringrazio, signor sindaco, molto gentile”e sedette su una poltroncina di pelle, mentre lui prendeva posto dietro la scrivania “Come sta?”
“Bene, lei? Spero di non averla messa in agitazione con la mia telefonata, ma desideravo parlarle di persona”
“No, nessun problema”scosse la testa “Si tratta del mio lavoro, sono sempre pronto a partire quando c’è bisogno”
“Mi compiaccio, signor James”si sporse leggermente in avanti appoggiando i gomiti sulla scrivania “Ora, veniamo al motivo per cui le ho chiesto di venire”
“Ho portato anche il progetto se in seguito vorrà dargli un’occhiata”si appoggiò il rotolo sulle gambe.
“Con molto piacere, ma ora vorrei domandarle di apporre delle modifiche”
“Modifiche? Di che genere?”domandò il giovane in ansia, ma in fondo, era abituato a ripensamenti da parte del committente del lavoro.
“Il progetto iniziale era di creare un palazzetto dello sport, ora, però, mi sono reso conto che la città avrebbe bisogno di una struttura più grande e attrezzata, un centro con piscine, campi da pallavolo, da tennis, da basket”
Alex sgranò gli occhi, era un progetto estremamente ambizioso ed impegnativo, ne sarebbe stato all’altezza?
“Signore, perdoni questa mia domanda, ma come mai non avete predisposto un progetto del genere fin dall’inizio?”
“La città non poteva permettersi di impegnarsi in una tale impresa”rispose vago.
“Mentre adesso, ha trovato il denaro”dentro di sé era combattuto, da una parte esultava perché avrebbe potuto domandare un compenso maggiore, ma dall’altra tremava al pensiero di non poter essere all’altezza di un simile compito “Io non so se…”balbettò.
“So che lei è molto impegnato, che questo comporterà un maggior lavoro da parte sua, ma naturalmente la mia amministrazione si impegna a pagarle il doppio e a concederle qualche mese in più. Devo rassicurarla, non dovrà lavorare da solo a questo progetto , ho ingaggiato un architetto e due altri ingegneri”
Alex sospirò di sollievo, ma era tentato di rifiutare, sapeva che Amber non avrebbe accettato l'idea, ma il lavoro era il suo e doveva pensare al suo futuro e erano molti soldi, non poteva rinunciarvi . Prese la sua decisione, si sarebbe imbarcato in questa avventura, in fondo, non sarebbe stato da solo “Accetto, ma desidererei vedere il sito per accertarmi che sia possibile realizzare una struttura più imponente”
“Ho organizzato un incontro per domani, con gli altri ingegneri così potrete conoscervi. La zona è completamente sgombra, vi è tutto lo spazio che sarà necessario a costruire questo centro, signor James”
“Grazie, fortuna che ho prenotato una camera" si alzò dalla poltrona.
“Ah, bene, alloa, a domani” lo accompagnò alla porta “Mi faccia sapere se ha bisogno di qualcosa. Se vuole, potrei farla accompagnare dal mio assistente fino al suo albergo o se preferisce, farle consigliare un buon ristorante”
“No, la ringrazio, è stato fin troppo gentile”rifiutò, tutte quelle cerimonie così melense lo mettevano a disagio.
“È stato un piacere parlare con lei, signor James”gli strinse la mano prima di salutarlo “Se ha bisogno di chiarimenti, non esiti a chiamarmi, a domani, alle nove”
“Ci sarò, arrivedercisignor Forrest ”e si avviò lungo il corridoio, turbato da come si era evoluto quell'incontro.
Salutò il giovane che era alla reception, il cui nome era Dave e gli domandò delle indicazioni su come raggiungere l’albergo e tornò in auto. Raggiunse il Motel facilmente, grazie alle indicazioni di Dave we una volta in camera si rilassò sul letto. Era stanco morto, così si addormentò immediatamente, con tutti i vestiti addosso.
Il trillo del cellulare lo svegliò, scattò nel letto e si guardò intorno disorientato, la stanza era immersa nell’oscurità e, per un attimo, non ricordò, dove fosse, poi realizzò di essere in una camera d’albergo. Accese la lampada che si trovava sul comodino, prese il cellulare dalla tasca della giacca e rispose, si trattava di Amber.
“Ciao, tesoro, che facevi? Perché non hai risposto?”la sua voce sospettosa lo infastidì, era lì per lavoro, non per divertirsi.
“Mi ero addormentato, Amber, come stai?”
“Mi manchi, quando torni?”gli domandò.
“Domani, dovrò fare un sopralluogo al sito e poi tornerò”
“Com’è andata?”non sembrava molto interessata, ma Alex fece finta che lo fosse.
“Bene, mi ha dato un aumento e una proroga”rispose mordendosi il labbro, sapeva che si sarebbe arrabbiata quando avesse saputo cosa comportava tutto questo.
“Davvero? Così potrò comprare quel divano che tanto mi piaceva”squittì felice.
“Sì, ma io dovrò trascorrere i prossimi tre mesi a lavorare giorno e notte questo progetto per fortuna che mi ha accostato ad altri due ingegneri altrimenti non credo che avrei potuto accettare”sospirò tristemente.
“Cosa? Tre mesi?”urlò e Alex allontanò il telefono dall’orecchio dolorante “Non posso pensare di vederti chino su quei disegni per tutto questo tempo”
“Si tratta del mio lavoro, tesoro, ma non sei contenta che tutto sta andando per il meglio? Guadagniamo bene entrambi e…”
La sua voce lo bloccò “Non stiamo mai insieme”
“Lo so, piccola, cercherò di farmi perdonare”non aggiunse che era lei a non essere mai in casa, non voleva fomentare una lite che altrimenti sapeva si sarebbe protratta in eterno.
“Sai, William è stato qui”disse improvvisamente cogliendolo di sorpresa, nel sentire pronunciare il suo nome provò una strana fitta nello stomaco.
“William? Che voleva?”la sua voce era estremamente ansiosa.
“Mi ha chiesto di te, voleva parlarti di una cosa, ma non mi ha voluto dire di cosa si trattasse. Sembrava triste, è accaduto qualcosa tra voi?”
“Cosa? No” mentì mordendosi il labbro “Perché me lo chiedi? Ti ha accennato a qualcosa?”
“No, è solo che, non so, mi è sembrato triste, abbattuto”gli raccontò preoccupata per il loro amico “Forse ha qualche problema”
“Già, forse”mormorò vago, sapeva benissimo da cosa fosse dovuto il suo stato d’animo “Cosa gli hai detto?”
“Che eri partito per lavoro, che non ero sicura di quando saresti tornato e che se voleva poteva chiamarti al cellulare”gli riferì.
Alex gemette, gli aveva dato il suo numero, cosa avrebbe dovuto dirgli se avesse chiamato? Non era pronto a udire la sua voce “Non avresti dovuto, sto lavorando, non ho tempo per parlare con William”la rimproverò risentito.
“Credevo ti avrebbe fatto piacere”replicò lei alzando la voce “ma a quanto pare non sei dell’umore adatto, che ti prende, questa sera, Alex? Sembra che ti dia fastidio perfino parlare con me”
Si rese conto di aver esagerato e le domandò scusa “Mi dispiace, piccola, non volevo rimproverarti, è solo che sono molto stanco e stressato”
“Ti perdono, ma domani dovrai essere in forma, ho in programma un bel po’ di sesso per noi due”lo avvisò.
“Come?”spalancò la bocca “Certo, non aspetto altro”era davvero incorreggibile.
“A domani, amore”sospirò prima di staccare la comunicazione.
“Piccola Amber, cosa ho mai fatto per meritarti?”domandò scuotendo la testa, si sentiva un verme per aver pensato di tradirla.
Si alzò, andò in bagno per fare una doccia e poi si preparò per andare a cena, era affamato e sperava di trovare qualche ristorante nelle vicinanze.
Era per strada quando gli vibrò la tasca, si portò il cellulare all’orecchio e rispose “Pronto?”
“Alex?”era William.
Alex si bloccò come impietrito nell’udire la sua voce dal marcato accento inglese, sembrava trascorsa un’eternità da quando l’aveva sentita l’ultima volta.
“Will? Ciao, come stai?”
Cercò di sembrare il più amichevole possibile, in fondo, se non era finita molto bene tra loro, la sera precedente, era solo per colpa sua.
“Insomma, senti, ti disturbo? Stai lavorando?”era imbarazzato.
“No, stavo andando a cena”
“Da solo?”gli domandò.
“Sì”
“Sai, Alex, volevo parlarti”mormorò.
“Davvero? Amber ha riferito che mi cercavi”si fermò e si appoggiò ad un muretto.
“Già, desideravo chiederti scusa per ieri, non avrei dovuto provarci in modo così spudorato, avevo bevuto e io non sono abituato ad eccedere”balbettò “Scusami, okay?”
Alex sorrise, era così tenero “Non hai niente di cui scusarti, Will”
“Invece sì, mi sono comportato come un idiota, andarmene in quel modo, trattarti come se mi avessi causato chissà quale torto, è stato imperdonabile”continuò William dall’altro capo della linea.
“Non preoccuparti, ho capito, ma è stata anche colpa mia”cercò di fargli capire che si sentiva egli stesso responsabile.
“Colpa tua? Ma che dici? Che colpe avresti tu?”reagì stranito “Alex, mi dispiace di aver frainteso quello che è accaduto” avrebbe detto di tutto pur di non perdere la sua amicizia.
Alex tacque, aveva ragione? Aveva davvero frainteso o era lui che stava mentendo a se stesso?
“Non voglio perdere quello che c’è tra noi, Alex”aggiunse con un filo di voce, rompendo quel silenzio.
“Neanche io, Will”confermò “per me sei molto importante”
Dall’altra parte si sentì un sospiro e poi William continuò “Accetto la tua amicizia, tutto quello che vuoi pur di non perderti”“Ne sono felice, sai, quando sei scappato in quel modo, temevo non volessi più vedermi e avrei capito, sono stato così indelicato”provò una fitta in pieno petto al pensiero.
“No, sono stato io spudorato e quando sono venuto a casa tua e ho visto la porta del garage con il catenaccio ho immaginato che…”non terminò la frase.“Che me ne fossi andato?”rise “Non lo avrei mai fatto, sono a Newark, per lavoro, ma tornerò domani”.
“Ne sono contento”mormorò.
“Sai, Will, mi devi un filetto”ridacchiò il bruno rammentandogli la sua promessa di prepararglielo.
“E tu, una crostata ai mirtilli”replicò William.
“Contaci”sospirò “mi ha fatto piacere sentire la tua voce”
“Davvero?”era felice “Temevo non avremmo avuto l’occasione di chiarire le cose”
“Domani tornerò e potremo parlare”gli garantì.
“Sì, a domani e buona notte”lo salutò William.
“Buona notte, Will”riattaccò e sorrise felice, non avrebbe mai pensato si sarebbe sentito così bene dopo aver parlato con lui.
Ricominciò a camminare e senza rendersene conto raggiunse il ristorante, il cuore sembrava esplodergli nel petto e sulle labbra aveva un sorriso, era davvero felice.

sabato 10 gennaio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 3

Capitolo III

Alex sedeva dietro al suo tavolo da lavoro, ma la sua mente era altrove, tra le braccia di William, sul divano del suo soggiorno. Si erano baciati, sfiorati e gli era piaciuto. Non riusciva a credere che le cose fossero in quel modo, lo conosceva appena, ma sentiva di non potere più fare a meno di lui. Vagò con il pensiero a quei momenti, poteva risentire sulle sue labbra il sapore dei suoi baci, le mani che gli sfioravano ogni lembo di pelle e il suo respiro caldo sul collo. I jeans gli divennero improvvisamente troppo stretti, ma come poteva essere attratto da un altro uomo? Come poteva desiderare di fare l’amore con lui dopo che per anni aveva amato solo donne? Quello che era accaduto con William era stato solo un momento di debolezza o c’era di più? Era diventato bisessuale o era stata una semplice divagazione? Nella sua mente c’era solo confusione, non era pronto per una decisione così importante. Stava bene insieme ad Amber, la loro relazione era perfetta, a letto facevano scintille, allora, perché aveva desiderato qualcosa di diverso? Si prese la testa tra le mani e sospirò tristemente, perché aveva deciso di complicarsi l’esistenza? Doveva troncare sul nascere questa storia con William, non poteva portargli altro che guai, gli avrebbe chiesto di restare amici, in quel momento, non poteva offrirgli qualcosa di diverso.
“Alex, tesoro?”Amber gli fu alle spalle e gli appoggiò una mano sulla spalla facendolo scattare come una molla.
“Amber, non farlo più”la rimproverò poggiandosi una mano sul cuore “Stavo per morire d’infarto”
“Ti eri addormentato? Avevi la testa appoggiata sul tavolo”
“No, riflettevo”rispose “Che c’è?”
“Hai intenzione di restare qui dentro per sempre?”
“Sto lavorando, piccola”si voltò nuovamente verso il suo progetto, non riusciva a guardarla negli occhi, si sentiva in colpa, non solo l’aveva tradita, ma l’aveva fatto con un uomo.
“Non puoi fare una pausa?”gli domandò.
“Certo, piccola”si alzò e le porse una mano, l’ultima cosa che voleva era che potesse accorgersi di qualcosa “tutto per te”
Amber sorrise e lui l’attirò a sé “Ti amo, lo sai?”
“Sì, ma fa sempre piacere sentirselo dire”lei ridacchiò “Non stai lavorando troppo, Alex? Non vorrei che ti ammalassi”
“Devo terminare questo progetto per la fine del mese, non posso oziare”le spiegò.
“Lo so, ma dovresti fare anche qualcos’altro, non so, farti degli amici, iscriverti in palestra”gli consigliò, non sopportava di vederlo sempre chino su quel tavolo “Come vanno le cose con William?”gli domandò improvvisamente facendolo impallidire.
“William? Cosa c’entra lui?”era terrorizzato che qualcosa nelle sue reazioni potesse tradirlo.
“Credevo foste diventati amici, perché non trascorri del tempo in sua compagnia?”gli propose sorridendo.
“Sono stato da lui, questo pomeriggio”mormorò arrossendo “ma non vorrei imporgli la mia presenza, in fondo, ci siamo appena conosciuti”la realtà era un’altra, aveva paura dei sentimenti che avrebbe provato nel rivederlo.
“Mi è sembrato molto aperto verso di noi, soprattutto verso di te, siete rimasti tanto tempo qui sotto, l’ultima volta”
“Era interessato ai miei disegni”le raccontò con gli occhi che gli brillavano solo a parlare di lui.
Insieme salirono in casa e lui continuò a parlare “è da tanto che non mi sento così in sintonia con qualcuno…del mio stesso sesso”
Si avvicinò alla finestra e sbirciò all’esterno. Lo vide, era nel suo giardino con la pompa in mano, intento ad innaffiare le piante, indossava i pantaloni di una tuta e una canottiera blu. Alex sentì il cuore aumentare i battiti, ma perché anche il solo vederlo gli suscitava quel genere di emozioni? Non poteva provare qualcosa per lui, non era giusto, ma allora se non era giusto, perché desiderava correre da lui e baciarlo con passione? Scosse la testa, non doveva pensare a quel genere di cose, tra loro poteva esserci solo amicizia.
“Will”mormorò con un soffio di voce, come se si vergognasse anche solo di pronunciare il suo nome ad alta voce, ma solo poche ore prima non aveva esitato a pronunciarlo tra un bacio e l’altro.
William volse lo sguardo verso la finestra, quasi come se lo avesse udito e vedendolo, sorrise con dolcezza, ma dopo un attimo il suo sguardo fu attirato da qualcos’altro e il sorriso sparì, si voltò e rientrò in casa. Alex sospirò e scosse la testa e si allontanò dalla finestra dirigendosi verso la cucina, doveva preparare la cena perché quella sera Amber avrebbe lavorato fino a tardi e aveva bisogno di qualcosa da portarsi in ospedale.


William, a malincuore, tornò in casa, non poteva restare lì fuori, non con quell’arpia che lo fissava, che controllava ogni suo movimento. La vedova Rose Pattinson, abitava nella villetta accanto a quella di Alex e trascorreva gran parte della sua giornata a spiare i vicini e la cosa lo mandava fuori di testa, detestava chi si intrometteva nella vita degli altri. Una volta in casa, spiò dalla finestra e la vide, quell’anziana signore, con i capelli stranamente ancora neri tenuti su con una quantità industriale di lacca e i buffi occhiali sul naso, sedeva ad un tavolino dietro la veranda con una tazza di thè in mano. William strinse i pugni e tornò nel suo studio, aveva del lavoro da terminare, dei compiti da correggere, non poteva perdere tempo. Provò a concentrarsi, ma la mente continuava a vagare rendendoglielo impossibile, chiuse gli occhi, immagini delle ore trascorse insieme ad Alex si susseguirono una dopo l’altra facendolo sospirare. Lui ed Alex giacevano sul divano, il lenzuolo di William era sul pavimento, Alex era su di lui, vestito, lo baciava con passione, mentre le mani gli lo sfioravano senza sosta. Si erano fermati troppo presto, Alex era andato via prima che potessero andare oltre i baci e le carezze, ma avrebbe desiderato di più. Sospirò tristemente, Alex non era stato del suo stesso avviso, era pressoché scappato da casa sua balbettando qualcosa di incomprensibile, ma sapeva che in realtà, non se l’era sentita di andare fino in fondo. Come dargli torto? William era stato il primo uomo che Alex avesse baciato in tutta la sua vita, come poteva pretendere che fosse pronto a fare il passo successivo? Strinse i pugni per la frustrazione, si sentiva impotente “Dannazione”imprecò “ma perché mi innamoro sempre delle persone sbagliate?”
Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole spalancò gli occhi, era innamorato di Alex? No, non poteva essere vero. Andò in cucina e si preparò un the, ne aveva proprio bisogno, poi, mentre lo sorseggiava pensò che gli sarebbe piaciuto riassaporare la torta al cioccolato preparata da lui. Ogni cosa gli ricordava Alex e questo non gli accadeva da…scosse la testa, non poteva ripensarci, faceva parte del passato anche se quel pomeriggio aveva richiamato per farlo diventare presente e futuro.
Strinse i pugni, non avrebbe ricominciato, non ora che si era ricostruito una vita, che aveva cambiato città e lavoro. Non avrebbe barattato tutto quello che aveva conquistato per qualcuno che non aveva meritato il suo amore. Cercò di non pensarci, in fondo, non sapeva dove abitava, avrebbe dovuto cambiare anche il numero del cellulare per non rischiare di essere richiamato, non voleva mai più udire la sua voce. Era vero o stava solo mentendo a se stesso? Non aveva ancora dimenticato l’amore della sua vita.
Era intento a correggere l’ultimo compito quando udì il rombo di un’auto, si alzò e si avvicinò alla finestra, era l’auto di Amber, si stava recando a lavoro lasciando il suo fidanzato da solo. Si morse il labbro, quale occasione migliore? Era tentato di correre da lui, ma sarebbe stato rischioso? Si domandò pensieroso. Sospirò e decise di rinunciare, Alex era, di certo, confuso, non poteva fargli pressione o avrebbe peggiorato la situazione e l’ultima cosa che voleva era perderlo per sempre. Doveva avere pazienza, attendere una sua mossa. Lanciò uno sguardo verso una delle finestre della casa di fronte, nella speranza di scorgerlo, poi ritornò al suo lavoro.
Un’ora dopo decise di uscire, quella casa gli stava stretta, avrebbe fatto un giro in città, magari avrebbe bevuto un drink per non pensare a lui e a quello che sarebbe potuto accadere se Alex non fosse scappato via.
Afferrò la giacca e uscì diretto verso il centro, entrò nel primo pub che incontrò sulla sua strada.
L’atmosfera era accogliente, luci soffuse, musica soft, una leggera nuvola di fumo proveniva da un paio di uomini che fumavano seduti ad un tavolo, altri tre uomini ridevano rumorosamente al bancone. William si diresse verso un tavolo in un angolo, non era molto in vena di fare conversazione.
Una cameriera carina, dai lunghi capelli castani e grandi occhi verdi, si avvicinò per prendere la sua ordinazione e lo fissò in attesa, sulle labbra un leggero sorriso “Cosa posso portarti?”
“Una birra chiara”mormorò puntando su di lei i suoi stupendi occhi blu “Grazie, dolcezza”
Lei ridacchiò e si allontanò verso il bancone lasciandolo solo con i suoi pensieri, ma tornò dopo qualche istante con una birra e delle noccioline.
“Ecco, se desideri altro…”e gli rivolse un sorriso ammiccante.
“Grazie”le strizzò un occhio e si portò la bottiglia alle labbra lanciando ogni tanto uno sguardo verso la porta d’ingresso, quasi come se si aspettasse di vedere entrare colui che tanto bramava di rivedere, ma sapeva che la sua era un vana speranza.
Era alla sua terza birra quando si rese conto di averne avuto abbastanza, pagò e si alzò per andare via, ma alla porta si scontrò con qualcuno che stava entrando nel locale “Mi scusi” mormorò alzando la testa e restò impietrito, davanti a lui c’era Alex che lo fissava con lo stesso sguardo sorpreso.
“Will?”
“Alex”la voce fu quasi un sussurrò, il cuore accelerò i battiti, non avrebbe mai sperato di incontrarlo in quel luogo.
“Stavi andando via?”gli domandò dispiaciuto, gli sarebbe piaciuto trascorrere del tempo a chiacchierare con lui.
“Veramente…”balbettò William, non sapendo cosa dire.
“Allora, non ti trattengo”
“No, volevo prendere un po’ d’aria, ma non importa”mentì, non poteva perdere l’occasione di stare con lui “vieni, andiamo al mio tavolo”e insieme ritornarono al tavolo all’angolo sedendo uno di fronte all’altro.
Alex era nervoso, non sapeva come introdurre il discorso, temeva di offenderlo, di perdere anche la sua amicizia. In quel momento, tra loro sembrava si fosse eretto un muro inespugnabile.
William si sporse in avanti e fissandolo con i suoi grandi occhi blu gli sussurrò “Cosa bevi?”
“Una birra”gli rivolse un sorriso imbarazzato, era di una bellezza disarmante, avrebbe tanto desiderato lasciarsi andare e vivere con lui una stupenda storia, ma non era pronto.
“Bene”William si alzò per andare al bancone e ordinare, le gambe erano come di gelatina, temeva quasi di cadere durante i pochi metri che lo separavano dalla sua meta.
Si appoggiò al bancone e si sporse verso la ragazza il cui nome, a giudicare dal cartellino che aveva appuntato sulla camicetta, era Daisy.
“Ciao, senti, mi porteresti due birre a quel tavolo, Daisy?”le ordinò con la sua voce calda e dall’accento inglese.
“Tutto quello che vuoi, dolcezza”ridacchiò “come ti chiami?”
“William”
“Piacere di conoscerti, William, se dopo ti va di andare da qualche parte…”gli propose sbattendo le lunghe ciglia “io tra mezz’ora stacco”
“Non posso, sono con qualcuno”si affrettò a rispondere, non voleva che si potesse fare qualche illusione.
“Ah, capisco”sbirciò oltre la sua spalla e notò Alex che li osservava con grande interesse “sei con quel moro? Ragazzo fortunato”
“Il fortunato sono io”le sorrise e tornò al tavolo.
Alex provò una fitta di gelosia quando lo vide flirtare con la ragazza al bancone, ma cercò di controllare i suoi sentimenti, in fondo, non aveva alcun diritto su di lui.
Abbassò la testa quando William si voltò nella sua direzione, non voleva pensasse che lo stesse fissando.
“Allora…”sussurrò quando fu tornato al tavolo con le due birre “cosa ti porta al Daisy’s?”
Alex alzò lo sguardo e si perse in quei laghi blu che tanto lo avevano affascinato, tanto che per qualche istante non riuscì a pronunciare neanche una sillaba, poi riprese il controllo del suo cervello e rispose “Ero solo, non resistevo più in quella casa, ho preso la macchina e…”si bloccò “mi sono ritrovato davanti a questo bar”
“Che fortuna”ridacchiò il biondo portandosi alle labbra la birra “adorava quella sua aria da cucciolo smarrito, doveva usare tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso davanti a tutti.
“Già, una vera fortuna, tu, invece?”
William alzò le spalle “Io ne avevo abbastanza di correggere compiti pieni di errori, mi andava di bere e questo era il più vicino”
“Povero Will, sepolto da compiti di ragazzini senza talento”scoppiò a ridere.
Il biondo mise il broncio “Ehi, non prendermi in giro, guarda che non è semplice il mio lavoro, la mia è una vocazione, non è da tutti”
“Lo so, lo so, scusa”cercò di ritornare serio, ma la sua espressione imbronciata era esilarante, sembrava quasi un bambino.
“Ti ammiro molto, so benissimo che il mestiere dell’insegnante è complicato e pieno di responsabilità”
Nel prendere la sua birra gli sfiorò la mano con le dita e sentì una scossa attraversargli la schiena, lo fissò e vide che i suoi occhi brillavano come zaffiri “Sai, Alex, speravo di avere del tempo per parlarti da solo”gli sussurrò accarezzandogli le dita con le sue “se sapessi quello che…”
“Will, siamo in pubblico, ti prego”arrossì e ritirò prontamente il braccio
Si portò la bottiglia alle labbra bevendo un lungo sorso, doveva trovare il coraggio per parlargli.
“Scusa, ma perché sei così nervoso? Guarda che non ho intenzione di saltarti addosso, non ora, almeno”ridacchiò leccandosi poi le labbra, adorava stuzzicarlo, era così tenero quando arrossiva “magari, dopo, quando saremo al sicuro, nella mia camera da letto”
“Will!”lo rimproverò, si sentiva addosso tutti gli sguardi delle persone presenti nel locale e la cosa lo infastidiva.
L’altro scoppiò a ridere “Sciocco, ti sto prendendo in giro, non sono così maniaco”
Alex divenne terribilmente serio “Will, dobbiamo parlare”
La sua espressione preoccupò il biondo che appoggiò la testa alla spalliera e attese che continuasse a parlare, ma nel profondo del suo cuore sapeva che non sarebbe stato piacevole.
Alex fece un profondo respiro e decise di aprirgli il suo cuore e di essere sincero “Will, riguardo a quello che è accaduto questo pomeriggio, voglio che tu sappia che è stato…”si bloccò, le parole non avrebbero mai potuto descrivere quello che aveva provato tra le sue braccia, si era sentito vivo per la prima volta dopo tanto tempo, ma nonostante quello che provasse per lui era deciso a troncare quella relazione sul nascere.
William alzò un sopracciglio, non sapeva come avrebbe reagito se avesse detto che era stato un errore.
“Stupendo”terminò la frase, gli pesava dover andare avanti.
“Sì, lo è stato”sorrise leggermente, sentiva che la parte brutta sarebbe arrivata presto, che serviva per indorargli la pillola “C’è un ma, vero?”
“Sì”divenne molto serio “è stato molto bello, ma non dovrà più accadere”
“Alex, perché? C’è una tale alchimia tra noi, non riesci a sentirla?”gli prese la mano e intrecciò le dita tra le sue “Non puoi rinunciare a quello che potrebbe esserci tra noi, io sono sicuro che funzionerebbe se solo…”un gesto della mano di Alex lo zittì.
“No, Will, non sono libero e non sono gay, quello che è accaduto è stato dettato da un attimo di debolezza e non dovrà mai più capitare”continuò cercando di convincere soprattutto sé stesso della veridicità di quello che stesse asserendo.
“Debolezza? È questo ciò che è stato per te?”il cuore di William si frantumò in mille pezzi, nonostante avesse temuto quelle parole “No, non ti credo”
“Mi dispiace, Will, ma è così, non posso darti quello che desideri”aggiunse con dolore, Dio solo sapeva quanto gli costava dirgli tutto questo.
“Tu non sai neanche lontanamente quello che…”sibilò cercando di mantenere la calma, di non lasciarsi andare, erano in un luogo pubblico e non poteva permettersi di esternare quello che provava in quel momento “desidero, Alex”
“Will, ascoltami”
“Lascia perdere, non ne parliamo più”si sentiva davvero a pezzi, ma di cosa si meravigliava? Alex aveva la sua vita, una fidanzata, non poteva pretendere che mollasse tutto per stare con lui, doveva farsene una ragione, non ci sarebbe mai stato nulla tra loro.
“Vorrei che fossimo amici, ma se non volessi più avere niente a che fare con me io capirei”
William si alzò in piedi, i pugni chiusi e gli occhi lucidi “Come ti pare, in fondo, non è quello che siamo? Ora è meglio che vada, domani ho lezione, buonanotte Alex, salutami la tua graziosa e…fortunata fidanzata”si allontanò prima di crollare.
Inciampò nella gamba del tavolo, ma Alex si alzò prontamente e lo afferrò tra le braccia “Stai bene? Hai bevuto troppo, non puoi guidare”
“Lasciami”lo spinse via “andrò a piedi, ho bisogno d’aria”e senza aggiungere altro si allontanò barcollando.
“Will”lo chiamò, ma lui uscì senza neanche voltarsi.
“Dannazione”imprecò sedendo nuovamente e finendo con un solo sorso la birra,
“Ti ha dato buca?”gli domandò Daisy raggiungendolo.
“No, sono io che…”si bloccò, poi alzò lo sguardo “lascia perdere, portamene un’altra”le ordinò.
La ragazza annuì e si allontanò scuotendo la testa.
Alex appoggiò la fronte sul legno, maledicendosi mentalmente, lo aveva ferito, glielo aveva letto negli occhi e si era sentito morire, non avrebbe mai voluto fargli del male.
Daisy tornò con la sua birra e lui se la portò alle labbra bevendo un lungo sorso, aveva tutta la notte, nessuno lo attendeva a casa, nessuno lo avrebbe accolto tra le lenzuola e l’ultima cosa che voleva era tornare in quella casa vuota.

lunedì 5 gennaio 2009

Salve, presto vi delizierò con una nuova fic che avrà protagonisti i nostri due vampiri preferiti: Spike e Angel e che sono certa vi intrighera.


Nell'attesa ecco il wallpaper che ho creato