venerdì 15 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo 1


*Immagine di Youka Nitta

Come promesso posto nuovamente questa bellissima storia d'amore che mi ha procurato emozioni e batticuori. Spero che vi piaccia questa nuova versione anche se i cambiamenti si noteranno più avanti.
Buona lettura!!!!!!!

IL POETA DELLA PORTA ACCANTO

Capitolo I

Era il crepuscolo di una giornata autunnale, una macchina color grigio metallizzato parcheggiò nell’ampio parcheggio del market, la portiera si aprì e ne fuoriuscì un ragazzo sui venticinque anni, con capelli castani e grandi occhi scuri.
Chiuse la portiera con un tonfo e si avviò verso il Market, doveva comprare lo yoghurt per la sua fidanzata e ne avrebbe approfittato per prendere del gelato per sé. Lo aveva chiamato per ricordarglielo e doveva sbrigarsi se non voleva sorbirsi le sue lamentele per tutta la sera. Si erano trasferiti a Kearny solo una settimana prima e ne aveva già abbastanza di quella cittadina di provincia essendo abituato ad una metropoli come New York. Attraversò le porte automatiche e senza guardarsi intorno si diresse verso i frigoriferi, il locale era semideserto, guardò l’orologio che portava al polso, erano quasi le 7 e voleva essere a casa al ritorno di Amber per farle dimenticare il lungo turno di lavoro in ospedale. Sorrise eccitandosi al solo pensiero, Amber era sempre pronta per del sano sesso post lavoro e lui non poteva chiedere di meglio. Si avvicinò e sospirò afflitto, vi erano molte varietà di yoghurt, ma per lui una valeva l’altra, così ne prese due confezioni alla fragola e ciondolò fino ai freezer, meritava una vaschetta di gelato, si posizionò davanti ai frigoriferi e osservò con attenzione i vari gusti, c’era da perdere la testa dalla varietà, sembravano tutti appetitosi e non aveva la minima idea di quale scegliere. Dalle labbra gli uscì un gemito e appoggiò la fronte contro il vetro del freezer, ma in quel momento sentì una presenza alle sue spalle e s’irrigidì tornando a fissare i contenitori e a cercare di decidere quale prendere, forse cioccolato, sì, quello era il migliore, oppure fragola.
“Hai intenzione di restare lì tutta la sera?”gli domandò una voce maschile, dal marcato accento.
Il giovane si voltò di scatto e trattenne il fiato per qualche istante, davanti a lui c’era l’uomo più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita. Abbastanza alto, sui trent’anni, occhi di un blu profondo da poterci annegare, capelli ricci del colore del miele, zigomi pronunciati e labbra carnose. Lasciò vagare lo sguardo lungo il fisico dello sconosciuto, era magro, ma ben fatto, stretto in una maglia rossa che lasciava intravedere dei pettorali sodi e dei jeans chiari, strappati sulle ginocchia, giacca di pelle nera lunga fino alla vita e completava il quadro un paio di anfibi. Riportò lo sguardo sul suo viso perfetto e sentì le guance in fiamme, che gli stava accadendo? Perché continuava a fissarlo in quel modo? Lui era etero, aveva una ragazza, ma, per qualche arcano motivo, non riusciva a staccare gli occhi da quel giovane.
Il biondo sorrise per qualche istante ricambiando lo sguardo, poi puntò i suoi occhi blu in quelli scuri del giovane “Allora? Ti serve del gelato o t’interessa solo rinfrescarti un po’?”
La sua voce lo costrinse a ritornare con i piedi per terra e a fissarlo con gli occhi sgranati “Cosa? No, mi scusi”spalancò lo sportello e afferrò una vaschetta a caso, scappando verso la cassa.
Pagò la sua spesa e uscì dal negozio, ma era turbato, quasi eccitato.
Imprecò a bassa voce “Sei un idiota, hai Amber, non puoi pensare ad uno sconosciuto”si rimproverò mentalmente per la figura d’idiota che doveva aver fatto davanti a quel tipo.
Cercò le chiavi in tasca, ma la testa era altrove, stava per infilare la chiave nella toppa quando da lontano udì quella stessa voce che lo aveva tanto turbato “Senti, scusa?”
Voltò la testa e lo vide avvicinarsi di corsa, il cuore del giovane cominciò ad accelerare i battiti e le mani a sudare. Lo fissò in attesa, infilando una mano nei capelli scuri.
“Ciao”si fermò davanti all’auto e abbozzò un sorriso.
“Posso fare qualcosa per lei?”domandò Alex cercando di mantenere una parvenza di freddezza.
“In realtà, sono io che posso fare qualcosa per te”cacciò la lingua tra i denti “ti sono cadute queste”e gli mostrò un mazzo di chiavi con un portachiavi a forma di pipistrello.
Alex spalancò gli occhi, erano le sue chiavi di casa “Cavoli, grazie, devono essermi scivolate dalla tasca nel prendere il portafoglio”balbettò leggermente cercando di non guardare quelle pozze cristalline che lo mettevano a disagio.
“Per fortuna le ho trovate io”mormorò con voce calda porgendogli il mazzo.
“Già, una vera fortuna” gli sorrise allungando la mano, le loro dita si sfiorarono e il bruno la ritirò come scottato “Grazie”
“Scusa, non mi sono presentato, William Bradford”gli porse la mano.
“Alexander James, ma i miei amici mi chiamano Alex”gliela strinse non senza imbarazzo.
“Sei nuovo in città, Alex?”utilizzò il diminutivo quasi come se si sentisse ormai suo amico e la cosa provocò un serio turbamento nel giovane “Non mi sembra di averti mai visto”
“Come? Sì, ci siamo trasferiti da una settimana”si sentiva un vero idiota, balbettare in quel modo come un adolescente, ma che gli prendeva?
“Siamo?”aggrottò la fronte “Tu e tua moglie?”
“No, non sono sposato, convivo con la mia ragazza”arrossì imbarazzato, non era abituato a parlare di cose private con qualcuno appena conosciuto.
“Capisco, benvenuti in città, allora”gli rivolse un ennesimo sorriso.
“Grazie”
“Ci rivedremo, di certo”e, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata, si voltò per allontanarsi.
Alex entrò nell’auto e ansimò, quell’uomo gli faceva battere il cuore come se fosse un adolescente alla prima cotta. Scosse la testa e mise in moto, dallo specchietto retrovisore vide la testa bionda di William sparire all’interno di una jeep nera e restò lì a fissarla fino a quando non partì. Strinse le mani sul volante e partì a sua volta, a casa lo attendeva la sua adorata e favolosa fidanzata, niente altro doveva contare per lui.
Quando giunse alla villetta che avevano preso in affitto, parcheggiò l’auto di fronte al vialetto ed entrò senza guardarsi intorno, la strada sembrava deserta, ormai tutti i suoi vicini dovevano essere in casa per la cena.
Amber era con la testa immersa in uno scatolone, non lo udì neanche entrare intenta com’era a cercare qualcosa che sembrava introvabile.
“Ma dove sei? Vieni fuori”mormorò lei.
“Amber?”la chiamò facendo capolino dalla porta e vedendola accovacciata sul pavimento e la testa nella scatola “Tesoro?”
La ragazza alzò la testa e una massa di capelli ricci e biondi apparve ad incorniciare un viso delicato e candido. I suoi occhi blu come il cielo si puntarono su di lui stupiti, poi un sorriso le apparve sulle labbra carnose e rosse. Si alzò sistemando la minigonna che lasciava scoperte le lunghe gambe e lo raggiunse accogliendolo con un tenero bacio “Ciao tesoro”
“Cosa cercavi, piccola?”le domandò stringendo a sé quel corpicino formoso che tanto amava.
“Il cavatappi”
“A che ti serve?”le domandò sorpreso.
“Ad aprire una bottiglia di vino”
“Ottimo, l’hai comprata tu?”le chiese, sapeva che non ce n’erano in casa.
“No, me l’ha portata uno dei nostri vicini, è stato gentile, vero?”le raccontò entusiasta, la vita di provincia non era poi così brutta come aveva immaginato.
“Davvero? Sì, molto gentile, devo ammetterlo, qui, sembrano tutti così cordiali”rammentò l’uomo che aveva incontrato pochi minuti prima.
Prese in braccio lo scatolone nel quale la ragazza stava rovistando e l’appoggiò sul tavolo, vi infilò il braccio e in un attimo trovò il cavatappi.
“Grazie, amore”lo baciò dolcemente e si diresse verso la cucina seguita da lui “Come farei senza di te?”
“Perché non vai a ringraziare?”gli propose.
“Certo”annuì “mi sembra il minimo, è stato gentile, ma dove abita?”
“La villetta di fronte alla nostra, ha il vialetto con delle piante di rose e dei gelsomini rampicanti sulla facciata. Sai, amore, ci sanno davvero fare con il giardino, dovremmo chiedergli il nome del loro giardiniere, magari potranno fare un miracolo con il nostro, nessuno di noi due ha, di certo, il pollice verde"
“Che tipi sono?”domandò Alex sbirciando dalla finestra.
“Io ho visto solo lui, ma immagino sia sposato, ha un anello al dito. È molto bello, inglese a giudicare dall'accento. Fa lo scrittore, credo o qualcosa del genere”
“Forte, magari, è famoso”ridacchiò il ragazzo “Senti, forse dovremmo sdebitarci”
“Invitali a cena domani”gli propose Amber alzando le spalle “Lui sembra molto simpatico”
“A cena?”domandò non molto convinto.
“Non saranno certo dei serial killer, Alex, dai, sono stati gentili a portarci il vino”insistette la ragazza spingendolo quasi fuori la porta.
“Va bene, vado, ma se finiamo sbudellati io te l’avevo detto”e sgattaiolò fuori, ma la risata cristallina di Amber lo raggiunse costringendolo a scuotere la testa.
Una volta sul pianerottolo si guardò intorno per individuare la casa e la vide, era proprio di fronte alla loro, attraversò la strada e percorse il pianerottolo. Il giardino era bellissimo, piante di rose, margherite e altri tipi di fiori che lui non conosceva ornavano ogni lembo di prato e la facciata della casa era completamente ricoperta di gelsomini bianchi. Alzò la testa per vedere se ci fosse qualcuno alle finestre del piano superiore, ma non vide nessuno. Prese coraggio e bussò al campanello, attese, ma non udì alcun rumore all’interno. Quando stava per rinunciare, la porta si aprì e Alex sgranò gli occhi, davanti a lui c’era l’uomo che aveva incontrato al market. I ricci biondi gli incorniciavano il viso e sul naso indossava un paio di occhiali dalla montatura leggera.
Gli occhi blu erano sgranati, doveva essere anche lui sorpreso di vederlo lì davanti alla sua porta, ma poi le labbra si aprirono in un sorriso.
Alex sentì le gambe diventare come gelatina e il cuore accelerare i suoi battiti, non riusciva a muoversi o a proferire parola, ma fu William a toglierlo dall’imbarazzo parlando per primo.
“Salve, non pensavo ci saremmo rivisti così presto, Alex”sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi e perfetti “Come sapevi che abitavo qui?”
“In realtà, io…”balbettò imbarazzato, non credeva ricordasse il suo nome, ma suonava così bello pronunciato da lui.
Si sentì un completo idiota e la sua reazione non contribuì a migliorare la situazione, William scoppiò a ridere “Prendi fiato, Alex, non mordo mica”lo prese in giro.
“Io abito qui di fronte”indicò la villa alle sue spalle.
“Davvero? Siamo vicini?”il tono era interessato.
“Pare di sì”mormorò avvicinandosi di qualche passo “Volevo ringraziarla del vino e…”ma fu bloccato dall’altro che gli appoggiò una mano sul braccio e gli ordinò quasi “Dammi del tu, ti prego, credo abbiamo quasi la stessa età”
“Certo, scusa”arrossì imbarazzato, non era da lui essere così imbranato “Ti ringrazio per il vino, è stato molto gentile da parte tua e di tua moglie. Amber e io vorremmo invitarvi a cena, domani sera”rispose.
William lo fissò stranito, poi lo invitò ad entrare “Accomodati, mi farebbe piacere”
“Veramente, dovrei tornare”mormorò, senza molta convinzione.
“Solo un attimo”insistette aprendo maggiormente la porta per lasciarlo passare.
“Okay” Alex varcò l’uscio e William lo introdusse in una stanza che lui ipotizzò essere il suo studio, era arredata in stile antico, una libreria occupava un’intera parete, mentre una scrivania era in un angolo, sulla quale vi era un computer acceso e una catasta di libri di ogni dimensione.
“Io qui creo”parlò attirando la sua attenzione.
“Amber mi ha detto che sei uno scrittore”
“Veramente, non è esatto”lo corresse “Scrivo poesie, ma in realtà, è solo un hobby per me”
“Rendono molto?”
“No, purtroppo, per questo insegno, le poesie non pagano le bollette. Tu cosa fai?”gli domandò scrutandolo con interesse.
“L’ingegnere edile”
“Interessante, ti va qualcosa da bere?”gli offrì avvicinandosi ad un mobile
“No, grazie, senti, ora devo andare, ma per la cena?”
“Ci sarò”acconsentì rivolgendogli un sorriso dolcissimo, gli occhi blu brillavano come due zaffiri.
“E tua moglie?”domandò lasciando vagare lo sguardo lungo il corpo fino alla mano sinistra, portava un cerchietto d’oro.
“Lei non…”puntò gli occhi blu nei suoi nocciola e terminò la frase “non abita qui, siamo separati da tempo, ormai”
“Oh, mi spiace, io…”si sentì in imbarazzo “scusa non sapevo, ho visto l’anello e ho concluso che…”continuò a blaterare scuse, ma William non sembrò arrabbiato, anzi gli rivolse un sorriso “Non potevi saperlo”con un dito sfiorò la veretta d’oro “dimentico quasi di portarla, l’abitudine”alzò le spalle.
“Capisco, deve essere stata molto dura, ma presto starai meglio”si sentì vicino a lui, avrebbe tanto voluto farlo sentire meglio, ma la sua educazione gli impediva di intromettersi nella sua vita “Scusami, non sono affari miei, ora devo andare”e fece per allontanarsi, ma William lo bloccò per un braccio “No, non preoccuparti”
“Sei troppo cortese per dirmi di farmi in fatti miei”abbassò lo sguardo intimidito.
“No, te lo direi se lo pensassi, Alex, ma non è così”
Il giovane annuì e si guardò intorno, ovunque tranne che lui, il cuore gli batteva come impazzito, doveva uscire da quella casa, ritornare nel suo nido rassicurante e tra le braccia della sua adorata Amber prima che fosse tardi che cominciasse a convincersi di qualcosa che in realtà non esisteva “Molto bella la tua casa, Will”
“Grazie, anche la tua, per quel poco che ho visto e anche la tua ragazza è molto bella, state insieme da molto?”
“No, non è neanche un anno”
“Elisabeth vive a Londra”
“Anche tu sei inglese, vero?”aveva un accento che non passava inosservato
“Sì, mi sono trasferito in America un anno fa, ma a lei non piaceva e così, è tornata nel suo paese natale”continuò il suo racconto con tristezza nella voce, ma Alex ebbe il sentore che ci fosse molto di più.
“Mi spiace molto”mormorò solo, in fondo, non erano affari suoi.
Le distanze tra loro si erano accorciate, William aveva ancora la sua mano sul suo braccio, che ormai bruciava sotto il suo tocco. Stava per parlare quando, improvvisamente, sentì una vibrazione nella tasca dei pantaloni, era il suo cellulare. Scattò, facendo un passo indietro e liberandosi dal suo tocco “Ciao, tesoro, sì, sto venendo, hai ragione, scusa”
Alzò lo sguardo verso l’uomo biondo che gli era accanto e notò che lo fissava con uno strano sguardo, poi si allontanò di qualche passo per lasciargli un po’ di privacy.
“Devo andare”gli annunciò una volta che ebbe chiuso la comunicazione, si avviò, seguito da Willam, verso l’ingresso e lo salutò “A domani, allora”
“Sì, verso che ora?”
“Alle sette”gli rivolse un sorriso amichevole e si avviò lungo il vialetto.
Si voltò e lo salutò con un cenno della mano fino a quando non attraversò la strada e non entrò nella sua villetta.

1 commento:

Jivri'l ha detto...

Questa storia mi ha già affascinata una volta e di certo ne rimarrò incantata ancora. L'atmosfera è veramente "stregata", quasi fuori dal mondo, dove sembra che già esistano soltanto loro due. E la dolcezza aleggia nell'aria insieme alla crescente confusione di Alex. Continua cara.