domenica 17 maggio 2009

Il poeta della porta accanto capitolo III


*Immagine di Youka Nitta
Capitolo III

Ore dopo, Alex sedeva dietro al suo tavolo da lavoro, ma la sua mente era altrove, tra le braccia di William, sul divano del suo soggiorno. Lo aveva baciato e gli era piaciuto, ma era tutto così strano, se gli avessero detto, pochi giorni prima, che avrebbe provato una simile attrazione per un altro uomo, non vi avrebbe creduto e ora fantasticava sul suo vicino. Poteva risentire sulle labbra il sapore dei suoi baci, le mani che gli sfioravano ogni lembo di pelle scoperto e il suo respiro caldo sul collo. I jeans gli divennero improvvisamente troppo stretti e si mosse a disagio sulla sedia. Doveva far sparire quello che provava per William. Sospirò tristemente, non poteva tradire Amber, certo, la loro relazione non era perfetta, anche loro avevano dei problemi, ma questo non giustificava il suo comportamento così sconsiderato e imprevedibile. Si prese la testa tra le mani e sospirò tristemente, perché aveva deciso di complicarsi l’esistenza?
“Alex, tesoro?”Amber gli fu alle spalle e gli appoggiò una mano sulla spalla facendolo scattare come una molla.
“Amber, non farlo più”la rimproverò poggiandosi una mano sul cuore “Stavo per morire d’infarto”
“Ti eri addormentato? Avevi la testa appoggiata sul tavolo”
“No, riflettevo”rispose “Che c’è?”
“Hai intenzione di restare qui dentro per sempre?”lo rimproverò.
“Ho molto lavoro, piccola”si voltò nuovamente verso il suo progetto, non riusciva a guardarla negli occhi.
“Non puoi fare una pausa?”gli domandò facendo il broncio “Sei sempre rintanato qui”
“Questo progetto mi sta facendo impazzire”sospirò posando la matita sul tavolo e massaggiandosi il collo.
“Povero piccolo”gli appoggiò le mani calde sulla nuda pelle provocandogli un leggero brivido “vediamo come posso farti stare meglio”si sporse in avanti e gli posò un bacio su una guancia.
Alex si voltò e l’attirò seduta sulle sue gambe “Ti va di farlo qui? Mi eccita l’idea”
“Alex?”protestò.
“Non ti va di farlo tra i progetti?”
“Non posso”si rialzò “devo andare a lavoro”
“Dai, piccola”protestò.
“No, Alex, non insistere, sai che non ho tempo, tra un’ora sono di turno”
Lui sbuffò leggermente, ma Amber gli sorrise “Non fare i capricci, piccolo”
“Sì, mamma”la prese in giro.
“Sciocco, piuttosto, perché non vai a trovare il nostro vicino? Sembravate così in sintonia”
“William? Non so, sono già stato da lui, questo pomeriggio” distolse lo sguardo.
“Potresti invitarlo fuori, io questa sera ho il turno di notte”
“Non vorrei imporgli la mia presenza, in fondo, ci siamo appena conosciuti”la realtà era un’altra, aveva paura di quello che avrebbe provato nel rivederlo.
“Mi è sembrato molto aperto verso di noi, soprattutto verso di te, siete rimasti tanto tempo qui sotto, l’ultima volta”
“Era interessato ai miei disegni”le raccontò imbarazzato “ma non so se…”era tentato, ma dopo il modo in cui era scappato, si vergognava di ritornare da lui.
“Io ti consiglio di conoscerlo meglio, ora, devo andare, ci vediamo domani”gli posò un fugace bacio sulle labbra poi salì al piano superiore.
Alex decise di prendersi la sua meritata pausa e salì a sua volta aggirandosi per la casa ormai vuota. Si avvicinò alla finestra e sbirciò all’esterno. William era nel suo giardino con la pompa in mano, intento ad innaffiare le piante, indossava i pantaloni di una tuta e una canottiera blu. A quella vista sentì il cuore aumentare i battiti, ma perché anche il solo vederlo gli suscitava quel genere di emozioni?
“Will”mormorò con un soffio di voce, come se si vergognasse anche solo di pronunciare il suo nome ad alta voce.
Il biondo volse lo sguardo verso la finestra, quasi come se lo avesse udito e vedendolo, sorrise con dolcezza, ma dopo un attimo il suo sguardo fu attirato da qualcos’altro e il sorriso sparì, si voltò e rientrò in casa. Alex sospirò e si allontanò dalla finestra.
William, tornò in casa, a malincuore, ma non resisteva in giardino, non con quell’arpia che lo fissava, che controllava ogni suo movimento.
La vedova Rose Pattinson, abitava nella villetta accanto a quella di Alex e trascorreva gran parte della sua giornata a spiare i vicini e la cosa lo mandava fuori di testa, detestava chi si intrometteva nella vita degli altri.
Una volta in casa, spiò dalla finestra e la vide, quell’anziana signora, con i capelli stranamente ancora neri tenuti su con una quantità industriale di lacca e i buffi occhiali sul naso, sedeva ad un tavolino dietro la veranda con una tazza di the in mano. William strinse i pugni e tornò nel suo studio, aveva del lavoro da terminare, dei compiti da correggere, non poteva perdere tempo. Provò a concentrarsi, ma la mente continuava a vagare rendendoglielo impossibile, chiuse gli occhi, immagini dei minuti trascorsi insieme ad Alex si susseguirono una dopo l’altra facendolo sospirare. Giacevano sul divano, l’asciugamano di William era sul pavimento, Alex era steso su di lui, lo baciava con passione, mentre le mani lo sfioravano senza sosta, poi si era bloccato ed era scappato via balbettando qualcosa d’incomprensibile. Si sentì uno stupido, aveva forzato troppo le cose spaventando Alex. Strinse i pugni per la frustrazione e andò in cucina, aveva proprio bisogno di un the, poi, mentre lo sorseggiava pensò che gli sarebbe piaciuto riassaporare la torta al cioccolato preparata da lui. Incredibile, come ogni cosa gli ricordasse quel giovane ingegnere dagli occhi scuri e le labbra carnose e bisognose di essere accarezzate ed assaporate. Ritornò al suo lavoro, ma faticò a concentrarsi, così prese un foglio e scarabocchiò qualche frase. All’ora di cena decise che non resisteva oltre in quella casa così afferrò la giacca, le chiavi dell’auto e uscì diretto verso il centro, fermandosi davanti al primo pub che incontrò sulla sua strada.
L’atmosfera era accogliente, luci soffuse, musica soft, una leggera nuvola di fumo proveniva da un paio di uomini che fumavano seduti a un tavolo, altri tre uomini ridevano rumorosamente al bancone. William si diresse verso un tavolo in un angolo, non era molto in vena di fare conversazione.
Una cameriera carina, dai lunghi capelli castani e grandi occhi verdi, si avvicinò per prendere la sua ordinazione e lo fissò in attesa, sulle labbra un leggero sorriso “Cosa posso portarti?”
“Una birra chiara”mormorò puntando su di lei i suoi stupendi occhi blu “Grazie, dolcezza”
Lei ridacchiò e si allontanò verso il bancone lasciandolo solo con i suoi pensieri, ma tornò dopo qualche istante con una birra e delle noccioline.
“Ecco, se desideri altro…”e gli rivolse un sorriso ammiccante.
“Grazie”le strizzò un occhio e si portò la bottiglia alle labbra lanciando ogni tanto uno sguardo verso la porta d’ingresso, quasi come se si aspettasse di vedere entrare chi tanto bramava di rivedere, ma si sentì ridicolo anche solo per averlo pensato.
Era alla sua terza birra quando decise di averne avuto abbastanza, pagò e si alzò per andarsene, ma non ebbe fatto pochi passe che si scontrò con qualcuno che stava entrando “Mi scusi”mormorò alzando la testa e restò impietrito, davanti a lui c’era Alex che lo fissava sorpreso.
“Will?”
“Alex”la voce fu quasi un sussurro, non avrebbe mai sperato di incontrarlo in quel luogo.
“Stavi andando via?”gli domandò tristemente, gli sarebbe piaciuto trascorrere del tempo con lui.
“Veramente…”balbettò William, non sapendo cosa dire “io…”
“Non ti trattengo”si rese conto del suo nervosismo, ma William replicò “No, vieni”gli prese il braccio e lo trascinò verso il tavolo all’angolo. Alex gli sedette di fronte, ma era nervoso e tra loro sembrava si fosse eretto un muro inespugnabile.
William si sporse in avanti e fissandolo con i suoi grandi occhi blu gli domandò “Cosa bevi?”
“Una birra”gli rivolse un sorriso imbarazzato, era di una bellezza disarmante.
“Bene”William si alzò per andare al bancone e ordinare, le gambe erano come di gelatina, temeva quasi di cadere durante i pochi metri che lo separavano dalla sua meta.
Si appoggiò al bancone e si sporse verso la ragazza il cui nome, a giudicare dal cartellino che aveva appuntato sulla camicetta, era Daisy.
“Ciao, senti, mi daresti due birre chiare, Daisy?”le ordinò con la sua voce calda e dall’accento inglese.
“Tutto quello che vuoi, dolcezza”ridacchiò “come ti chiami?”
“William”
“Piacere di conoscerti, William, se dopo ti va di andare da qualche parte…”gli propose sbattendo le lunghe ciglia “io tra mezz’ora stacco”
“Mi piacerebbe, ma non posso”
“Ah, capisco”sbirciò oltre la sua spalla e notò Alex che li osservava con grande interesse “sei con quel moro? Ragazzo fortunato”
“Come? Non è come pensi”si affrettò a rispondere.
“Io non penso nulla, tesoro”replicò ammiccante “ma, se non stai con lui, potremmo divertirci”gli strizzò un occhio.
“Sarà per la prossima volta, piccola”le prese una mano e la baciò con galanteria.
Alex provò una fitta di gelosia quando lo vide flirtare con la ragazza al bancone, ma cercò di controllare i suoi sentimenti, non aveva alcun diritto su di lui.
William tornò con i due boccali e li appoggiò sul tavolo “Allora…cosa ti porta al Daisy’s?”gli domandò senza staccare gli occhi dal suo viso.
Alex alzò lo sguardo e si perse in quei laghi blu che lo avevano così affascinato, tanto che per qualche istante non riuscì a pronunciare neanche una sillaba, poi riprese il controllo del suo cervello e rispose “Ero solo, non resistevo più in quella casa, ho preso la macchina e…”si bloccò “mi sono ritrovato davanti a questo bar”
“Che fortuna”ridacchiò il biondo portandosi la birra alle labbra, adorava quella sua aria da cucciolo smarrito, dovette usare tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso davanti a tutti.
“Già, una vera fortuna, tu, invece?”
William alzò le spalle “Ne avevo abbastanza di correggere compiti pieni di errori, mi andava di bere e questo era il più vicino”
“Povero Will, sepolto da compiti di ragazzini senza talento”scoppiò a ridere.
Il biondo mise il broncio “Ehi, non prendermi in giro, non sai quello a cui devo assistere ogni giorno, se non l’amassi tanto io…”
“Lo so, scusa”cercò di ritornare serio, ma la sua espressione imbronciata era esilarante, sembrava quasi un bambino “Ti ammiro molto, immagino che il mestiere dell’insegnante sia complicato e pieno di responsabilità”
Nel prendere la sua birra gli sfiorò la mano con le dita e sentì una scossa attraversargli la schiena, lo fissò e vide che nei suoi occhi c’era una strana luce “Sai, Alex, speravo di avere del tempo per parlarti da solo”gli sussurrò accarezzandogli le dita con le sue.
“Will, finiscila”lo rimproverò a bassa voce, ritirando prontamente il braccio.
“Non posso, sei una vera tentazione”lo prese in giro.
Alex si portò la bottiglia alle labbra e bevve un lungo sorso “Siamo in un luogo pubblico, Will”
“Perché sei così nervoso? Guarda che non ho intenzione di saltarti addosso, non ora, almeno”ridacchiò leccandosi poi le labbra “magari, dopo, quando saremo al sicuro, nella mia camera da letto”aggiunse con un filo di voce.
“Smettila di scherzare”sentiva su di sé tutti gli sguardi delle persone presenti nel locale.
L’altro scoppiò a ridere “Sei così tenero quando sei imbarazzato, ti sto prendendo in giro, non sono un maniaco, Alex”
“Sei un vero cialtrone, Will”poi divenne terribilmente serio “dobbiamo parlare”
“Prima voglio darti una cosa”gli disse il biondo.
“Di cosa si tratta?”gli domandò stupito.
William cacciò un foglio piegato in quattro e glielo porse “Una poesia”
“Per me?”era esterrefatto “Grazie, ma non dovevi”
Lo prese, ma quando stava per aprirlo lo bloccò “No! Aspetta a leggerla, magari quando sarai da solo”.
“Va bene”e lo infilò nella tasca posteriore dei jeans.
“Allora, che volevi dirmi?” appoggiò la testa alla spalliera e attese.
“Will, riguardo a quello che è accaduto questo pomeriggio, voglio che tu sappia che è stato…”si bloccò incerto sulle parole da usare.
William alzò un sopracciglio, temeva avrebbe detto che si era trattato di un errore madornale.
“Stupendo”terminò la frase, gli pesava dover andare avanti.
“Sì, è stato stupendo”sorrise leggermente, poi restò in attesa della parte brutta, sentiva che quella frase serviva solo ad indorargli la pillola “scommetto che c’è un ma, vero?”
Annuì “Non dovrà più accadere”concluse con un tono che non ammetteva repliche “È stato un errore”
“Non è vero!”replicò a bassa voce “C’è una tale alchimia tra noi, non riesci a sentirla?”gli prese la mano e intrecciò le dita tra le sue “Non puoi rinunciare a quello che potrebbe esserci tra noi, sono sicuro che funzionerebbe se solo…”
“Se solo, cosa?”sciolse la mano dalla sua “Will, quello che è accaduto è stato dettato da un attimo di debolezza e non dovrà mai più succedere”continuò cercando di convincere soprattutto sé stesso della veridicità di quello che stesse asserendo “Capito?”
“Debolezza? È questo ciò che è stato per te?”il cuore di William si frantumò in mille pezzi, nonostante avesse temuto quelle parole “No, non ti credo”
“Mi dispiace, Will, ma è così, non posso darti quello che desideri”
“Tu non sai neanche lontanamente quello che…”sibilò cercando di mantenere la calma, di non lasciarsi andare, non poteva permettersi di esternare quello che provava, in quel locale.
“Will, io…”
“Lascia perdere, tu sei stato fin troppo corretto”replicò il biondo scuotendo la testa, ma dentro si sentiva morire “Non ne parliamo più”
“Vorrei che fossimo amici”sussurrò Alex dispiaciuto, forse l’avrebbe perso per sempre, ma non si pentiva di avere messo le cose in chiaro.
William distolse lo sguardo, si alzò in piedi, i pugni chiusi e gli occhi lucidi “Meglio che vada, domani ho lezione, buonanotte Alex, salutami la tua graziosa e…fortunata fidanzata”
Si mosse per allontanarsi, ma inciampò nella gamba del tavolo rischiando di cadere al suolo, ma Alex, prontamente, lo afferrò tra le braccia “Stai bene? Hai bevuto troppo, non puoi guidare”
“Lasciami”lo spinse via “andrò a piedi, ho bisogno d’aria”e senza aggiungere altro si allontanò barcollando.
“Will, non andartene”lo chiamò, ma lui uscì senza neanche voltarsi.
“Dannazione”imprecò sedendo nuovamente e finendo con un solo sorso la birra.
“Cosa è accaduto? Il tuo amico è scappato come una furia, aveva una fretta del diavolo a quanto pare”
“Lascia perdere”mormorò alzando lo sguardo “senti, me ne porteresti un’altra?”
La ragazza annuì e si allontanò scuotendo la testa.
Alex appoggiò la fronte sulla superficie del tavolo, maledicendosi mentalmente, lo aveva ferito, glielo aveva letto negli occhi e ora stava male per la freddezza con cui lo aveva trattato.
Daisy tornò con la sua birra e lui se la portò alle labbra bevendo un lungo sorso, aveva tutta la notte, nessuno lo attendeva a casa e l’ultima cosa che voleva era tornare in quella casa vuota.
In quel momento ricordò il foglietto che gli aveva passato William, lo cacciò e lo aprì leggendo

Quando ti chiedi cos'è l'amore
immagina due mani ardenti che si incontrano,

due sguardi perduti l'uno nell'altro,

due cuori che tremano

di fronte all'immensità di un sentimento,

e poche parole

per rendere eterno un istante *

Alex restò a fissare attonito quelle parole, erano bellissime e rispecchiavano perfettamente quello che era accaduto tra loro. Il cuore gli batteva come impazzito, ma perché quell’uomo gli faceva provare quel genere di sensazione? Perché non riusciva a dimenticarlo e ad andare avanti con la sua vita? Si sentì terribilmente in colpa per averlo lasciato andare via, William doveva essere chissà dove, ubriaco e senza nessuno che potesse restargli vicino.
Fu tentato di seguirlo e chiedergli scusa, ma le gambe non si decisero a muoversi e restò seduto fino alla chiusura del bar rileggendo mille volte quelle parole dettate dal cuore e che tanto lo avevano colpito.


*Poesia di (Alain Douar)

1 commento:

Jivri'l ha detto...

E dopo la passione arriva anche il momento del ripensamento e del dubbio, tuttavia spero proprio che la poesia di Will abbia smorzato l'incertezza del nostro caro Alex. Vediamo che accadrà nel prossimo!